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venerdì 9 giugno 2023

PRONTO AD UCCIDERE

1289_PRONTO AD UCCIDERE Italia, Germania Ovest1976; Regia di Franco Prosperi.

Da non confondere con il regista dei mondo movies, l’autore di Pronto ad uccidere era sì noto come Franco Prosperi, ma in realtà si chiamava Francesco. Francesco Prosperi detto Franco non raggiunse la notorietà del Franco Prosperi che, insieme a Gualtiero Jacopetti e Paolo Cavara, furoreggiò tra gli anni Sessanta e Settanta con i terribili pseudo documentari di cui Mondo Cane (1962) è considerato il capostipite. Il Prosperi di Pronto ad uccidere era un regista molto più convenzionale: operò prevalentemente nel cinema di genere italiano degli anni Settanta, tra commedie, poliziotteschi e thriller. Tra i suoi film più interessanti, Pronto ad uccidere era un tipico poliziesco all’italiana, che prestava grande attenzione ai cliché narrativi del genere ma, almeno stando al finale, con l’intento di metterne forse in dubbio i presupposti. I poliziotteschi, infatti, si distinguevano non solo per la violenza estrema dei criminali ma anche e soprattutto per quella con cui replicavano i vari tutori dell’ordine. Maurizio Merli, Luc Merenda e tutti gli altri davano vita a personaggi che stavano dalla parte dei buoni ma avevano comportamenti talmente violenti che era difficile distinguerli dai cattivi. Ray Lovelock fu uno degli interpreti più importanti in seno a questa corrente e Prosperi lo chiama per interpretare il protagonista, Massimo Torlani. Questi è un poliziotto a cui i banditi hanno ferito la madre (Anna Taddei), rendendola invalida, un episodio che ha segnato profondamente il giovane. Adesso Tornali, sotto copertura, si finge rapinatore per finire in carcere ed infiltrarsi nella banda di Giulianelli (Martin Balsan). La trama procede spedita, Tornali subisce le angherie del compagno di cella Manolo (Emilio Messina), si scontra con lui nel piazzale al centro del carcere manco fossimo in un’arena, ovviamente vince e si guadagna la stima del boss malavitoso che decide di assoldarlo. 

Fuggito dal carcere insieme a Giulianelli e Perrone (Ettore Manni), Tornali fa carriera nella banda mettendosi in luce per la sua efferatezza. Il commissario Sacchi (Riccardo Cucciola), in uno degli incontri clandestini in cui Tornali deve fare rapporto, lo redarguisce, ma il suo uomo non sente ragioni, sembra avere meno scrupoli degli stessi criminali ad uccidere a sangue freddo. In effetti il racconto è, in questo senso, un po’ forzato, ma del resto la cosa è dichiarata fin dal titolo; la motivazione alle spalle del suo odio è, nella tipica idea italiana, la più grave possibile, considerato che ha visto coinvolta la madre del personaggio, e si sa che la mamma è sempre la mamma. Con una motivazione apparentemente legittima, Prosperi enfatizza, se mai fosse possibile, il carattere violento del tipico protagonista dei poliziotteschi. 

Dopodiché si premura di rispettare quasi pedissequamente il canovaccio del genere con tutti gli appuntamenti tipici: ci sono le sparatorie con i colpi d’arma da fuoco fragorosi, le scazzottate ancor più rumorose, gli inseguimenti in macchina, e via di questo passo. L’ostentata presenza del whiskey J&B non è propriamente un cliché del poliziottesco ma più tipicamente del thriller così come la bellezza del personaggio femminile più importante. Peraltro, Elke Sommer, pur se sbandierata dati titoli di testa come coprotagonista, compare solo nel secondo tempo e nemmeno troppo a lungo, sebbene abbia un ruolo chiave nell’economia del film. Queste lievi contaminazioni forse vogliono alludere ad una intenzione metalinguistica dell’opera di Prosperi. E così, si arriva al punto che il regista vuole mettere sotto l’attenzione dello spettatore: Tornali nella vicenda, sta falciando chiunque gli si pari di fronte. Ma davvero un protagonista di questi film è autorizzato – dalle regole narrative del genere – ad ammazzare proprio tutti indistintamente? Bene, nell’ultima scena, davanti alla canna della pistola del poliziotto sotto copertura ci finisce la bionda figura della Sommer: cosa ci si aspetta farà Tornali? Siamo disposti ad accettare che l’eroe della storia non faccia alcuna distinzione, tra uomini e donne, per raggiungere il proprio scopo? Oppure l’uccisione di una donna è un limite invalicabile anche per un poliziotto dei polizieschi all’italiana? Tra l’altro, la questione è anticipata da un dialogo del film, ed è peraltro un mero pretesto. Il personaggio della Sommer non è, al di là del suo essere una donna, migliore di altri nel film, che sono stati liquidati senza troppi riguardi. Ma qui si tratta di capire se esiste un limite – in questo caso si usa il rispetto cavallerescamente dovuto al gentil sesso – oppure se il poliziottesco abbia ormai rotto ogni argine. Prosperi non ci fornisce una risposta esplicita, lasciando allo spettatore il compito di ipotizzare la scelta di Tornali. L’espressione dell’uomo appare stupita, nel vedere chi si para infine davanti alla canna della sua pistola, ma la faccia della Sommer non sembra lasciar presagire una sua decisione clemente. 





Elke Sommer 






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