Translate

martedì 27 giugno 2023

FOXHOLE IN CAIRO

1299_FOXHOLE IN CAIRO Regno Unito,1960; Regia di John Llewellyn Moxey.

Dopo il positivo esordio con La città dei morti, John Llewellyn Moxey ottiene l’incarico di dirigere una storia di tutt’altro genere. Ambientato in Egitto durante la Seconda Guerra Mondiale, Foxhole in Cairo è infatti un film a basso costo di spionaggio bellico. Curiosamente, se per un horror Moxey si era attenuto ad uno svolgimento iscritto nei canoni della tradizione – laddove per sorprendere e spaventare il pubblico sarebbe stato utile mischiare un po’ le carte in tavola – per questa sua seconda prova, in un genere abitualmente più ordinario, il regista lavora in modo assai meno scontato. Al tempo, nella maggioranza di opere belliche di consumo a cui Foxhole in Cairo va indubbiamente ascritto, i nazisti – e di conseguenza i tedeschi – avevano un ruolo negativo abbastanza stereotipato. Certo non mancano gli esempi in cui si provava ad approfondire il lato umano dietro gli schieramenti ma per le produzioni di cassetta questo aspetto era meno appetibile, considerato che si cercava piuttosto il facile consenso degli spettatori. In quest’ambito per decenni i tedeschi incarnarono il nemico per definizione, senza troppe sfumature. A conti fatti questo avviene anche in Foxhole in Cairo, per la verità, ma solo dopo il colpo di scena finale. Già, perché, come detto, Moxey sorprende il pubblico con un ribaltamento della situazione più tipico di un giallo piuttosto che di un racconto bellico, finanche di natura spionistica. Ma, come anticipato, il colpo di scena rimette le cose a posto, piuttosto che sconvolgerle, perché è tutta l’impostazione della storia ad essere atipica. Infatti, pur essendo Foxhole in Cairo un film britannico ed avendo come protagonista ufficiale il Capitano inglese Robertson (James Robertson Justice), la prospettiva narrativa è vista perlopiù dalla parte dei tedeschi. 

A tenere maggiormente banco sono infatti le vicende delle spie tedesche John Eppler (Adrian Hoven) e Sandy (Neil McCallum) infiltrate al Cairo occupato dagli inglesi. A dar loro manforte la splendida danzatrice di cabaret Amina (la ballerina messicana Gloria Mestre che sfodera un paio di performance sul palco che lasciano senza fiato): la ragazza ha irretito un ufficiale inglese, il maggiore Wilson (Robert Urquhart) e per amore di John Eppler – playboy particolarmente a suo agio nei cabaret egiziani – lo seduce per sottrargli importanti informazioni militari. Prima di accettare di dare corda a Wilson, che la corteggiava assiduamente, Amina è perplessa, essendo innamorata di John; l’uomo fa quindi leva sul suo sentimento patriottico, vincendo così la sua riluttanza. E’ interessante questo passaggio perché, a parte definire meno rozzamente il carattere della ragazza, mette in rilievo l’aspetto politico della questione, con l’Egitto che ormai non sopportava più la pluridecennale e pesante ingerenza inglese. 

Quando John e Amina discutono tra loro di questi aspetti, tutto sembra di essere tranne che di fronte ad un film a basso costo bellico prodotto nel Regno Unito nel 1960. Ma naturalmente una storia di spionaggio è zeppa di trame e sottotrame: le due spie tedesche per comunicare con Rommel (Albert Lieven) utilizzano trasmissioni codificate via radio. Ma il comando del fieldmaresciallo è troppo lontano dal Cairo e per far da ponte-radio una pattuglia viene spedita in mezzo al deserto: utilizzando un codice ricavato giorno per giorno dal romanzo Rebecca, la prima moglie di Daphne du Maurier i tedeschi riescono a far trapelare le informazioni. Questo passaggio si segnala sia per la cura nella costruzione della sceneggiatura, sia per la presenza di un giovane Michael Caine in uno dei suoi primi ruoli, nella parte di uno dei due tedeschi di pattuglia. E poi ci sono gli inglesi, ovviamente, che non se ne stanno certo con le mani in mano: cruciale la collaborazione che il capitano Robertson ottiene dal controspionaggio ebraico, in cerca di appoggi per la futura creazione dello stato d’Israele. Come già visto grazie agli spettacoli di Amina, Foxhole in Cairo è un film che non si lascia sfuggire le possibilità sensuali che le storie spionistiche offrono ed è quindi Ivette (Fenella Fielding) a risolvere l’inghippo. La ragazza, spia israeliana, è assidua frequentatrice del night club dove si esibisce Amina e nota gli strani movimenti di John Eppler, troppo impegnato a fare il dongiovanni per accorgersi del pericolo. Ivette riesce a scoprire la tresca tra l’uomo e Amina ai danni del maggiore Wilson; interessante come la storia veda gli opposti schieramenti rispondersi per le rime: una femmina aveva fatto cadere l’ufficiale inglese, un’altra smaschera la spia tedesca. 

Per chiudere il cerchio, nel passaggio decisivo ci sarà anche uno scontro fisico tra le due belle ragazze che alzerà di nuovo i toni piccanti del film. I tedeschi vengono quindi beffati proprio quando stavano per farcela, e va detto che l’enfasi narrativa prima di questo trepida per il loro affannarsi a trasmettere in tempo le informazioni. Cosa resa difficoltosa dal fatto che la pattuglia nel deserto è stata scoperta e la stazione radio smantellata, mentre gli inglesi messi sulla pista giusta da Ivette incombono sulle spie tedesche intente nella trasmissione dei documenti sottratti a Wilson. In questo avvincente finale, quasi impercettibilmente la prospettiva del racconto cambia e ora si parteggia per Robertson che riesce ad arrivare in tempo, come detto. O no? Forse il comando di Rommel, che riceveva debolmente il segnale senza l’ausilio del ponte-radio, è riuscito ugualmente a decifrarne il messaggio. Poco male, ci rassicura Robertson, si tratta di false informazioni messe di proposito in mano a Wilson conoscendo le sue debolezze per l’alcol e le sottane. Qui il racconto si riallaccia anche alla Storia, con il riferimento alla futura e decisiva battaglia di Al Alamein, ma ormai Foxhole in Cario ha detto quello che doveva dire. Un buon film, con alcuni spunti interessanti e scelte di campo originali e per nulla scontate che, in ambito bellico – il genere fazioso per antonomasia – testimoniano l’attenzione del regista. Non una personalità spiccata dal punto di vista tecnico, la regia è solida e discreta, ma dallo sguardo complessivo non certo banale.        




Gloria Mestre 




Fenella Fielding 



Galleria di manifesti 





Nessun commento:

Posta un commento