Translate

sabato 3 giugno 2023

PUBLIC TOILET AFRICA

1286_PUBLIC TOILET AFRICA (Amansa tiafi). Ghana2021; Regia di Kofi Ofosu-Yeboah.

C’è sempre curiosità, a fronte di un testo che arriva da un luogo fuori dai soliti paesi che producono il cinema proposto sui nostri schermi. Public Toilet Africa ha, oltretutto, un trailer televisivo – trasmesso da Mubi – accattivante, e non rimane quindi che affrontare l’opera di Kofi Ofusu-Yeboah. In effetti, la confezione formale del film offre numerosi passaggi ben impostati, a cominciare dalla presenza scenica dei due protagonisti, la modella Ama (Briggitte Appiah) e l’amico/amante Sadiq (David Klu). I rimandi alla blaxploitation sono da intendere, molto probabilmente, come una rivendicazione della cultura africana di riappropriarsi della propria identità figurativa. Molti autori afroamericani della blaxploitation, negli anni 70, volevano realizzare film che mettessero al centro delle loro storie uomini e donne di colore e che fossero rivolti espressamente ad un pubblico egualmente di colore. Era una sorta di rivalsa nei confronti del cinema mainstream che era realizzato da bianchi e rivolto prevalentemente ad altri bianchi e  dove gli eventuali personaggi di colore coinvolti erano unicamente figure pittoresche. Ofusu-Yeboah riprende gli stilemi della blaxploitation, con la protagonista che è una dark lady spietata che intende vendicarsi prevalentemente su un fotografo che tempo addietro non l’aveva pagata per un servizio in cui aveva posato. Naturalmente il fotografo in questione (Marcin Szociski) è bianco, così come bianco il vecchio padrone di Ama, un collezionista di opere d’arte a cui la ragazza era stata a suo tempo regalata. Oltre a rimarcare il rancore nei confronti del colonialismo, questi dettagli lasciano intendere la natura metalinguistica del film: Ama, col suo essere appartenuta al collezionista, più che un personaggio è identificabile con l’opera d’arte, il film stesso e per estensione il cinema ghanese o africano. 

E il suo rubare l’attrezzatura al fotografo è un chiaro segnale di volersi riappropriare del media cinematografico, messaggio reso ancora più manifesto nel momento in cui Szociski – l’attore che interpreta il fotografo – è il direttore della fotografia di Public toilet Africa. Tema certamente legittimo e a cui Ofosu-Yeboah si attiene, raccontando una storia che, stando alle sue parole, non ha fretta di essere raccontata. In effetti il film si perde in tanti rivoli, come il processo nel quale ritorna il feroce risentimento per l’eredità coloniale – si veda la parrucca bionda del giudice – e certamente Public toilet Africa non è un film per gente che guardi costantemente l’orologio. 

Tra i tanti passaggi apparentemente estemporanei, ma poi tutti in qualche modo significativi, quello a cui fa riferimento il titolo è uno dei più singolari. La ripresa di un bagno pubblico non è certamente qualcosa che sia indispensabile da vedersi, eppure Ofusi-Yeboah si impegna a renderla sullo schermo in qualche modo memorabile. Forse che il cinema africano reclami non solo propri codici narrativi ma anche tabù peculiari; e il tema scatologico non sembra uno di questi. Infatti, i simpatici Kwaku (Brimah Watara) e Atta (Ricky Kofi Adelaytar) due poliziotti in pensione perennemente ubriachi, rincarano la dose in questo senso, rendendosi peraltro protagonisti di alcuni divertenti siparietti. Un po’ più scontata la traccia con Honorable-Honorable (Dickson Owusu), un politico corrotto in cerca di voti, da comprare distribuendo cibo agli astanti. Tutte queste trame, per la verità, si intrecciano anche, ma non sembra esserci un disegno particolarmente finalizzato alle spalle, in questo senso, così come la presenza di una singolare voce narrante non offre una comprensibile motivazione per la sua presenza. Poetica africana, forse; come la vendetta di Ama, che si rivela un angelo che non conosce la pietà ma questo, in senso più universale, in un crime movie ci sta senza obiezioni. Ma, del resto, cosa importa: mentre lei e il suo amante giocano a fare i gangster, Honorable-Honorable al campo di golf vince la sua partita. Non tanto per il bel colpo messo a segno, ma per gli affari con cui svende – forse definitivamente – il suo paese ai nuovi colonialisti. Con buona pace dell’atletica dark lady, del suo amante e perfino del regista e del cinema africano. Bye bye.  


Briggitte Appiah


Poster 

Nessun commento:

Posta un commento