1190_HÔTEL DES INVALIDES . Francia 1951; Regia di Georges Franju.
Il successivo cortometraggio è prodotto ancora dalla Forces
et voix de la France come i due precedenti a cui si affianca per l’occasione
il Ministero degli Affari Esteri. L’idea è un documentario culturale in
linea con En Passant par la Lorraine ma il soggetto Franju lo sceglie un
po’ casualmente guardando fuori dalla finestra dell’ufficio di Henri Cludel,
responsabile del progetto presso il Ministero. Quando Henri capisce che il
cortometraggio sarà dedicato all’Hôtel des Invalides, ricordando Le
Sang des Bêtes, tradisce la sua preoccupazione: “Ah! Già ti vedo
arrivare coi tuoi moncherini!”. Franju però assicura: il film sarà
pacifista ma non ci saranno scene scabrose o traumatizzanti, né tantomeno
critiche alla politica dell’allora governo in carica (Kate Ince, Georges
Franju pag. 28). Nella pellicola le intenzioni del regista sono chiarite
sin da subito: una didascalia ci informa infatti che l’oggetto del documentario
è l’annesso museo in quanto le questioni riferite agli invalidi di guerra sono
troppo delicate per essere affrontate in un unico cortometraggio. Una volta
tranquillizzato i committenti istituzionali e toltosi il peso morale di
spettacolarizzare la sofferenza altrui, Franju può cominciare il suo film.
L’inizio è abbastanza convenzionale, con alcune scene che illustrano
l’architettura dell’imponente edificio; poi, con la scusa che sui tetti dell’Hôtel
des Invalides sono presenti semplici piccionaie, Franju si – e ci – distrae
inseguendo uno stormo di uccelli che volteggia con grazia sotto il cielo
nuvoloso. Ma questa lieve divagazione non fa che mettere in risalto la mole
dell’edificio incombente e completamente in ombra a cui va aggiunta anche la
presenza degli alberi spogli, per una sensazione generale non particolarmente
rassicurante.
Il regista torna quindi ad illustrare le decorazioni
dell’edificio; una panoramica su una Parigi, con tanto di Torre Eiffel, scura
come la pece non migliora l’umore del corto. Prima di virare sui
surrealistici giochi figurativi con le decorazioni grottesche dei cannoni e
delle armi in generale, c’è il tempo per una veloce inquadratura su un invalido
di guerra: Franju non vuole metterli al centro del suo film ma non può mica
fare finta che non ci siano. Intanto una giovane coppia si diverte e la scena è
messa in contrapposizione con le immagini di uno scoppio di una bomba atomica:
considerato i rischi che si è deciso di correre, con l’escalation nucleare, c’è
poco da ridere, ci informa il regista tramite il commento fuori campo e, in
questo senso, impossibile dargli torto.
Le armature medioevali danno modo a
Franju di scatenare la sua fantasia surrealista, condita da una sorta di gag
umoristica che smentisce lo stesso testo nel passaggio di poco precedente, dove
appunto si rifletteva sul fatto che non fosse il caso scherzare. Ecco un tipico
assaggio della poetica contradditoria dell’autore francese, in questo caso
sarebbe interessante capire quanto consapevole. Le ombre dei visitatori
agevolano il lavoro evocativo di Franju che ripercorre la Storia di Francia
attraverso il museo, c’è Napoleone e le sue battaglie, le sue reliquie, poi si
arriva alla Grande Guerra. Un dipinto rappresenta un’improvvisata orchestra in
una trincea: la musica di Maurice Jarre tace; appena la ripresa stacca sull’intenso
primo piano di un soldato francese, con labbra serrate a significare la muta
determinazione contro il nemico tedesco, il commento sonoro attacca, quasi
rovesciando le aspettative in quanto il silenzio in questo caso sarebbe
sembrato più opportuno. Ma non c’è tempo per stupirsi in quanto la ripresa
intorno alla testa in bronzo del generale Mangin ci ricorda che siamo Hôtel
des Invalides: infatti la riproduzione del capo dell’ufficiale è
pesantemente ammaccata. Molto più bella la testa della ragazza che ricompare e
si specchia per un attimo in un telescopio da trincea: ma ecco che arrivano,
non si sa bene come, immagini della Prima Guerra Mondiale a cui segue un
rendiconto sulle perdite umane del conflitto. Ma è tempo per Franju di arrivare
al dunque, portandoci nella cappella Saint Louis des Invalides dove gli
invalidi di guerra assistono alla funzione: vestiti nelle loro alte uniformi i
soldati mostrano impietosamente gli effetti subiti durante le battaglie. Franju
raggiunge il suo scopo non filmando i mutilati nei loro momenti di maggior difficoltà
ma piuttosto quando questi sono vestiti a festa: come al suo solito, il
bretone coglie l’obiettivo arrivando dalla strada meno attesa. Nel frattempo,
il cielo su Parigi non è per niente migliorato: lo stormo di uccelli si libra
di nuovo in volo. Difficile dire se il loro volteggiare sia un saluto
benaugurante o se piuttosto ci lasci un filo di inquietudine. Forse tutte due
le cose, del resto Hôtel des Invalides è un film di Georges Franju.
_continua.
si potrebbe trarne spunto per una storia di dampyr, secondo me...(sempre che non sia già avvvenuto, non seguo più la serie)...buon anno Giorgio :)
RispondiEliminaBuon Anno Alex !
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