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mercoledì 14 dicembre 2022

BELFAST

1181_BELFAST Regno Unito 2021; Regia di Kenneth Branagh.

Il Musical è un genere in cui, almeno stando all’enciclopedia Treccani, lo sviluppo narrativo e drammaturgico è strutturato su canzoni e danze. Secondo questa definizione, Belfast è quindi giustamente considerato un film drammatico, biografico e storico, come si può trovare in effetti catalogato quello di Kenneth Branagh. Eppure… eppure sebbene Belfast sia un film piacevole e divertente sotto ogni profilo, sono alcuni aspetti che rimandano al genere musicale a renderlo un film memorabile. Innanzitutto la colonna sonora: i ben nove pezzi di Van Morrison, a partire dalla splendida Down to Joy, puntellano lo scorrere dal film lasciando una traccia indelebile nell’ascoltatore. Inoltre, le numerose scene dei film che Branagh vuole citare, si va da Un milione di anni fa (1966, regia di Don Chaffey, con la strepitosa Raquel Welch) ai western come Mezzogiorno di fuoco (1952, di Fred Zinnemann con le musiche di Dimitri Tiomkin), sono sempre sottolineate dai memorabili commenti sonori e non va tralasciato il passaggio forse migliore dell’intero lungometraggio, il ballo sulle note di Everlasting Love nella versione dei The Love Affair. Insomma, la musica in Belfast ha un ruolo straripante e si fa fatica a relegarla al ruolo di colonna sonora. Del resto Branagh, per la resa fotografica, si affida ovviamente anche stavolta a Haris Zambarloukos che nel curriculum vanta opere come Mamma Mia! (2008, regia di Phyllida Lloyd), ovvero uno dei musical più rilevanti del nuovo millennio. Per il corpo del racconto la fotografia di Zambarloukos è in uno smagliante bianco e nero che enfatizza la matrice teatrale della messa in scena del regista britannico, un altro aspetto che rimanda direttamente al palcoscenico. Del resto la strada sulla quale si affacciano le case dei protagonisti di Belfast sembra un set ripreso in tutto il suo tentativo di essere realistico. Il dettaglio, lo specifico frammento di scena, è spudoratamente credibile ma, nell’insieme, l’idea di ricostruzione, già a partire dagli effetti luminosi, ci dice che siamo di fronte ad una mise-en-scene del tutto artificiosa. A conferma della non attendibilità realistica del bianco e nero del film ci sono una serie di passaggi a colori: dalla cornice panoramica su Belfast che racchiude il racconto filmico, al grande schermo del cinema o al palcoscenico teatrale, con qualche pennellata naif-surreale tipica di Branagh (il riflesso a colori sugli occhiali). Con un tale supporto emotivo e trascinante, il regista può immergersi nei suoi ricordi che, almeno dal punto di vista dell’ambientazione, non potevano certo dirsi inseriti in un contesto idilliaco. Il film, infatti, ha una matrice biografica e racconta dell’infanzia del regista in quel di Belfast, durante i disordini, i famigerati troubles, del 1969. Ma non è l’elemento storico e, ci perdonerà il buon Kenneth, nemmeno quello biografico, a rendere interessante il film.
Almeno non in confronto alla travolgente colonna sonora. 






Caitrìona Balfe 





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