Translate

giovedì 14 marzo 2019

SACCO E VANZETTI

317_SACCO E VANZETTI .Italia, Francia 1971;  Regia di Giuliano Montaldo.

Stando a quanto dichiarato dallo stesso regista Giuliano Montaldo, il film sul noto episodio legato alla condanna di Sacco e Vanzetti, assume importanza proprio in qualità di documento storico, utile e quindi attendibile. Pare che nel 1977 lo stesso governatore del Massachussets, Michael Dukakis, riconobbe pubblicamente l’ingiustizia perpetrata ai danni dei due anarchici italiani, riabilitandone la memoria e coinvolgendo, nella cerimonia, lo stesso Montaldo per il suo significativo contributo. Un simile risultato nobilita, a prescindere dal valore artistico, il film Sacco e Vanzetti, e lo pone come esempio di cinema al servizio della Storia, come per la verità, raramente accade. Montaldo opera, da un punto di vista prettamente cinematografico, innanzitutto con astuzia, inserendo, in un film a colori, spezzoni di pellicola in bianco e nero: alcuni sono documenti storici, altri sono semplici riprese girate ad hoc durante la realizzazione del film. Questo espediente finisce per confondere la linea di demarcazione tra immagini storicamente vere e quelle della finzione cinematografica: tra le immagini, c’è una distinzione, come abbiamo visto, ma non coincide con quella che sarebbe più naturale pensare, ovvero a colori la finzione e in bianco e nero i documenti storici. Si tratta di una scelta discutibile, certo coraggiosa, perché l’autore si assume una grande responsabilità: ma il tema era sentito e grave, e probabilmente serviva un atto di denuncia ben determinato. Il corpo del lungometraggio è invece girato con mestiere, l’ambientazione è credibile e gli interpreti sanno il fatto loro. Importante la prova di Riccardo Cucciolla nei panni di Nicola Sacco, primo premio a Cannes, mentre Rosanna Fratello in quelli della moglie Rosa è stata premiata col Nastro d’argento; 
sempre valido anche Cyril Cusak che fornisce un credibile Frederick Katzmann, funzionario alla guida della pubblica accusa durante le appassionanti e concitate fasi del processo. Ma naturalmente la parte del leone spetta a Gian Maria Volonté, un Bartolomeo Vanzetti da antologia con alcuni passaggi in cui l’attore sfoggia il suo solito piglio retorico rivoluzionario. La storia è nota, Sacco e Vanzetti finiranno sulla sedia elettrica per le loro idee politiche anarchiche e non per la presunta partecipazione alla rapina di cui furono invece accusati. Ha comunque ragione Vanzetti quando, nel finale, dice che la Giustizia americana, nel suo voler punire simbolicamente una coppia di anarchici, finì per elevare due uomini qualunque a veri e proprio eroi.

Sebbene, molto comprensibilmente, almeno Sacco ne avrebbe fatto volentieri a meno. Comunque sia, alla fine la vicenda si chiuse con i nostri sulla sedia elettrica, con una pesante ingiustizia rimasta ancora irrisolta fino al 1977, e quindi, nel 1971, ancora scottante e ripescata anche per la validità e pertinenza del discorso di base, rispetto al periodo della contestazione sessantottina. A dar man forte ad un’opera in forte odore di attivismo anche la colonna sonora, scritta da Ennio Morricone con la struggente Here’s to you interpretata nientemeno che da Joan Baez, una vera e propria icona dell’impegno nei diritti civili.
Che dire: un tributo doveroso ai nostri connazionali e un atto di denuncia necessario contro tutte le dispotiche autorità, americane e non. 
         

Rosanna Fratello



Nessun commento:

Posta un commento