317_SACCO E VANZETTI .Italia, Francia 1971; Regia di Giuliano Montaldo.
Stando a quanto dichiarato dallo stesso regista Giuliano
Montaldo, il film sul noto episodio legato alla condanna di Sacco e Vanzetti, assume importanza
proprio in qualità di documento storico,
utile e quindi attendibile. Pare che nel 1977 lo stesso governatore del
Massachussets, Michael Dukakis, riconobbe pubblicamente l’ingiustizia
perpetrata ai danni dei due anarchici italiani, riabilitandone la memoria e
coinvolgendo, nella cerimonia, lo stesso Montaldo per il suo significativo
contributo. Un simile risultato nobilita, a prescindere dal valore artistico,
il film Sacco e Vanzetti, e lo pone
come esempio di cinema al servizio della Storia, come per la verità, raramente
accade. Montaldo opera, da un punto di vista prettamente cinematografico, innanzitutto
con astuzia, inserendo, in un film a
colori, spezzoni di pellicola in bianco e nero: alcuni sono documenti storici,
altri sono semplici riprese girate ad hoc
durante la realizzazione del film. Questo espediente finisce per confondere la
linea di demarcazione tra immagini storicamente vere e quelle della finzione
cinematografica: tra le immagini, c’è una distinzione, come abbiamo visto, ma
non coincide con quella che sarebbe più naturale pensare, ovvero a colori la
finzione e in bianco e nero i documenti storici. Si tratta di una scelta
discutibile, certo coraggiosa, perché l’autore si assume una grande
responsabilità: ma il tema era sentito e grave, e probabilmente serviva un atto
di denuncia ben determinato. Il corpo del lungometraggio è invece girato con
mestiere, l’ambientazione è credibile e gli interpreti sanno il fatto loro.
Importante la prova di Riccardo Cucciolla nei panni di Nicola Sacco, primo
premio a Cannes, mentre Rosanna
Fratello in quelli della moglie Rosa è stata premiata col Nastro d’argento;
sempre valido anche Cyril Cusak che fornisce un
credibile Frederick Katzmann, funzionario alla guida della pubblica accusa
durante le appassionanti e concitate fasi del processo. Ma naturalmente la
parte del leone spetta a Gian Maria Volonté, un Bartolomeo Vanzetti da
antologia con alcuni passaggi in cui l’attore sfoggia il suo solito piglio
retorico rivoluzionario. La storia è nota, Sacco e Vanzetti finiranno sulla
sedia elettrica per le loro idee politiche anarchiche e non per la presunta
partecipazione alla rapina di cui furono invece accusati. Ha comunque ragione
Vanzetti quando, nel finale, dice che la Giustizia americana, nel suo voler punire
simbolicamente una coppia di anarchici, finì per elevare due uomini qualunque a
veri e proprio eroi.
Sebbene, molto comprensibilmente, almeno Sacco ne avrebbe
fatto volentieri a meno. Comunque sia, alla fine la vicenda si chiuse con i
nostri sulla sedia elettrica, con una pesante ingiustizia rimasta ancora
irrisolta fino al 1977, e quindi, nel 1971, ancora scottante e ripescata anche
per la validità e pertinenza del discorso di base, rispetto al periodo della
contestazione sessantottina. A dar man forte ad un’opera in forte odore di attivismo anche la colonna sonora,
scritta da Ennio Morricone con la struggente Here’s to you interpretata nientemeno che da Joan Baez, una vera e
propria icona dell’impegno nei diritti civili.
Che dire: un tributo doveroso ai nostri connazionali e un
atto di denuncia necessario contro tutte le dispotiche autorità, americane e
non.
Rosanna Fratello
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