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martedì 12 marzo 2019

ECHI MORTALI

316_ECHI MORTALI (Stir of echoes). Stati Uniti 1999;  Regia di David Koepp.

Chissà, forse è stata l’angoscia di fine millennio, con l’anno 2000 che incombeva col suo carico di incertezze, (dalle profezie di Nostradamus, al famoso detto mille e non più mille fino al millennium bug), ma qualcosa deve aver indotto il bravissimo sceneggiatore David Koepp (suoi gli scritti, tra gli altri, di Carlito’s Way, Jurassic Park, Mission: impossibile, Omicidio in diretta) ad andare a ripescare, come spunto, il capolavoro Io sono Helen Driscoll del maestro dei maestri horror della letteratura contemporanea, Richard Matheson. Il romanzo dello scrittore americano è una storia di una casa infestata dal fantasma di una donna, condotto con la solita maestria; e lo stile visivo di Matheson ben si presta ad una trasposizione cinematografica, del resto questa cifra stilistica dell’autore gli permise di lavorare moltissimo come sceneggiatore ad Hollywood. Il tipo di inquietudine ispirato da Matheson nel suo romanzo è molto intimo e praticamente universale e, quindi, funzionale ad ogni epoca o latitudine; però era assolutamente calzante all’America degli anni ’50, quando l’euforia per il boom economico del dopoguerra inoltrato era contesa dalla paura dell’altro, il nemico (più o meno dichiarato) d’oltrecortina. Questa angoscia sottile, che se si faceva strada nell’animo dell’uomo comune lo faceva rimanendo celata dall’apparente soddisfazione per il benessere sociale raggiunto, era la linfa che nutriva il lettore di Matheson, dal canto suo abile come nessuno nel portarla in superficie nei suoi racconti come, in questo caso, Io sono Helen Driscoll. Koepp, che abbiamo visto essere abile alla macchina da scrivere a sua volta, adegua la storia all’America di fine millennio, mette in primo piano un attore validissimo come Kevin Bacon nel ruolo di Tom, il protagonista, e dà il via alle danze.
L’ambientazione è quella quotidiana e, in apparenza, il quartiere residenziale della Chicago di fine millennio in cui vive il Tom di Echi mortali vale, grosso modo, la provincia californiana degli anni ’50 del romanzo d’ispirazione: come altre volte, in Matheson è un elemento sovrannaturale, apparentemente innocuo, ad aprire il Vaso di Pandora. La strana nube in cui finisce con la sua barca Scott Carey in Tre millimetri al giorno (romanzo del 1956 di Matheson, da cui il film Radiazioni BX: distruzione uomo, 1957, di Jack Arnold), libro che nel film viene letto dalla babysitter, non sembra, a prima vista, più preoccupante dell’improvvisata seduta ipnotica a cui la cognata Lisa (Illeana Douglas) sottopone Tom. 

Ma questo perché, in effetti, non è il punto centrale del discorso: così come Scott si scopriva alieno nel suo mondo, in modo superficiale perché stava rimpicciolendo, ma in sostanza per motivazioni più esistenziali perfettamente condivisibili dall’uomo comune, l’apertura mentale che si ritrova Tom diventa un problema non tanto per la questione in sé, ma perché ora diventa possibile, anzi inevitabile, percepire il marcio che lo circonda. E il quartiere residenziale con il simpatico vicinato che si diverte alle feste o alle partite di football, diventa assai simile a quello in cui si barricava Robert Neville, il protagonista di un altro celebre romanzo di Matheson, Io sono leggenda

Solo che il male va ricercato dentro la villetta del protagonista; anzi no, lì, il povero Tom, troverà solo il frutto di quel male che, proprio come nel quartiere del citato Neville di Io sono leggenda, è tutto intorno. La trance folle in cui precipita lentamente Tom (molto mathesoniana) è resa mirabilmente da Bacon, che sciorina un’eccellente prova d’attore: la sua eccitazione corre sul filo sospeso tra la lucidità di chi è l’unico a vedere la verità, e un’irrazionale ossessione. Questo contrasto interiore, questa turbolenza, crea delle dissonanze con la placida tranquillità iniziale con cui il figlioletto Jake (Zachary David Cope) accetta le presenze soprannaturali per casa.  

Tranquillità che, per altro, viene via via sostituita da un timore crescente percepito anche dallo stesso bambino man mano che la tensione generale si accumula. Mentre, ad alimentare il primo fronte nella discrepanza tra normalità e anomalie, permane l’assoluta estraneità della moglie Maggie (Kathryn Erbe) a tutto questo. In questa situazione tesa si innestano le trovate ad effetto tipiche delle storie di fantasmi, gestite in modo funzionale da Koepp, per un film in cui lo spavento o la pelle d’oca per certi passaggi solo immaginati dallo spettatore, si sommano alla sottile inquietudine di fondo. Al di là delle differenze della trama tra film e romanzo, è proprio la commistione tra i generi, che lo scrittore americano cercava sempre, in questo caso l’innesto di una storia di fantasmi su una trama gialla, ad essere il punto di forza narrativo di Echi mortali, tanto quanto di Io sono Helen Driscoll. Nel finale la soluzione drammatica dell’intrigo investigativo, scioglie anche i rimandi soprannaturali: ma il dubbio che rimane è se facciano più paura i fantasmi dei morti, o i sorridenti vicini di casa.   




Illeana Douglas


Jennifer Morrison


Kathryn Erbe




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