325_UNA PISTOLA PER RINGO . Italia, Spagna, 1965; Regia di Duccio Tessari.
Duccio Tessari era stato tra i collaboratori alla
sceneggiatura di quel Per un pugno di
dollari di Sergio Leone che aveva consacrato la nascita del western
all’italiana. E’ quindi naturale scorgere in Una pistola per Ringo, suo folgorante e personale apporto al filone
degli spaghetti, alcune assonanze col
capolavoro leoniano. Innanzitutto il
personaggio protagonista, Ringo, a cui dà volto e prestanza Giuliano Gemma, può
essere inteso come una versione più scanzonata del pistolero senza nome interpretato da Clint Eastwood: carisma forse
meno internazionale e più fumettistico,
ma nemmeno più di tanto; comunque Gemma si rivela perfetto per il ruolo di
allegro anti-eroe in apparenza cinico
e venale ma, appunto, solo in apparenza. Anche in Una pistola per Ringo il tema del gioco è costantemente presente,
anche in modo più consistente rispetto a Per
un pugno di dollari: oltre a dilettarsi continuamente in qualche divertente
passatempo, nella scena di apertura, Ringo, che sta appunto giocando alla campana (il gioco con le caselle
disegnate col gesso sul pavimento) con alcuni ragazzini, arriva ad uccidere, in sostanza
proprio per gioco, i quattro fratelli
decisi a vendicare il quinto, già precedentemente fatto fuori dal nostro eroe.
Rispetto a Leone, Tessari accentua appunto l’aspetto giocoso, ma lo fa per stemperare in
modo più evidente la violenza, connotando tutta la sua opera di un gusto
farsesco che è bravo a tenere in equilibrio con le scene di azione e
avventurose tipiche del genere.
In questo modo anche le uccisioni in avvio perdono la loro carica drammatica e il loro peso morale sul protagonista: è evidente che Ringo uccide per gioco (per finta, come si usa dire da bambini e, in effetti, il cinema è proprio finzione), visto che tutto quanto il film è un grande giocattolo con cui potersi divertire. Del resto lo stesso Ringo, ad un certo punto, simula una sorta di
plastico, improvvisando, con l’ausilio di frutta e posate, i soldatini dei cow boy, abitualmente diffusi tra i
ragazzini. Senza dimenticare che, proprio come un bravo bambino, Ringo beve latte e non whiskey. Tra le analogie più
marcate con l’archetipo leoniano
degli spaghetti-western è anche il
riferimento alla commedia dell’arte, quell’Arlecchino
servo di due padroni di Carlo Goldoni già richiamato dal comportamento del
personaggio di Eastwood e qui ripreso da quello di Gemma, che rimane a prima
vista in bilico tra i buoni
capeggiati dallo sceriffo Dan (George Martin) e i banditi di Sancho (Fernando
Sancho).
La caratteristica peculiare di Una
pistola per Ringo è quindi l’ironia diffusa in tutto il lungometraggio, con
numerose battute particolarmente brillanti e divertenti; la capacità di Tessari
è quella di utilizzarla per smorzare gli effetti degli eccessi nei passaggi
violenti, davvero notevoli, trovando una giusta alchimia che permetta di godere
del film prevalentemente come opera di avventura credibile, senza cioè scadere
nella farsa. Purtroppo c’è sempre qualche imprecisione di troppo, in queste
produzioni nostrane, sempre protese verso l’efficacia scenica a discapito della
logica narrativa. In questo caso, ad esempio, stupisce che si possa mostrare
insistentemente la giacca di Pancho con fori di proiettili all’altezza della
spalla sia davanti che dietro, rimediati dal bandito durante la rapina alla
banca. La cosa è quantomeno curiosa, visto che Ringo, per farsi accettare dai
banditi, estrae il proiettile dalla spalla del messicano, evitandogli la
cancrena; ma, a questo punto, non si capisce come ci possa essere anche il foro
del proiettile nel retro dell’indumento del bandito, che appare in tutto e per
tutto il foro di uscita del proiettile stesso.
Si tratta di una svista,
certamente di secondaria importanza, ma che rivela il grado di approssimazione
che, troppo spesso, le produzioni italiane hanno manifestato faticando a
compiere il salto di qualità più complessivo che, probabilmente, passerebbe
anche dall’evitare errori tanto gratuiti. Peccato per questi piccoli nei,
perché nel complesso si tratta sicuramente di un film divertente e divertito,
reso memorabile dai ripetuti tormentoni (“è
una questione di principio”) o dai proverbi storpiati, alleggerito dalle
battute scherzose, e sorretto da una sana e robusta dose di azione a suon di
pugni e revolverate.
Così come Fernando Sancho e i suoi sgherri sarebbero perfetti
anche sulle pagine degli albi di Tex, il Ringo faccia d’angelo di Giuliano Gemma è un perfetto eroe da fumetto,
aitante e agile, aiutato in modo opportuno per essere tanto efficace sullo
schermo cinematografico, dal doppiaggio di Adalberto Maria Merli. Insomma,
Tessari ha coraggio, prende grosso modo gli stessi ingredienti di un maestro
come Leone ma li dosa in modo più leggero e, se Per un pugno di dollari è un capolavoro, Una pistola per Ringo è quantomeno un buonissimo film e una pagina
memorabile del western all’italiana.
Hally Hammond aka Lorella De Luca
Nieves Navarro
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