312_SFIDA NELLA CITTA' MORTA (The Law and Jake Wade). Stati Uniti 1958; Regia di John Sturges.
Suo terzo western in tre anni, Sfida nella città morta conferma la solida mano del regista John
Sturges. Pur mettendo in gioco praticamente tutti i classici elementi del
genere, gli sceriffi, i banditi, i cavalleggeri, i pellerossa, la bella ragazza
in pericolo, la città di frontiera, la ghost
town (quella del titolo italiano), i canyon e le Montagne Rocciose, il film
non è affatto un prodotto tipico del tempo. Innanzitutto perché la maggioranza
dei temi in questione ha un ruolo marginale, visto che Sturges si concentra
unicamente sulle figure del bandito e dello sceriffo, in un doppio confronto:
salta subito all’occhio quello tra i protagonisti della vicenda, Jake Wade
(Robert Taylor) lo sceriffo, e Clint (Richard Widark) il bandito. Ma c’è un
altro confronto, tutto interiore a Jake Wade, visto che prima di fare lo
sceriffo era stato un fuorilegge, complice appunto di Clint. E il titolo
originale, The Law and Jake Wade allude
forse a questo: che rapporto ha il nostro eroe,
con la legge? Qualche dubbio viene, alla ragazza (la sua ragazza), Peggy (Patricia Owens) visto il nostro non si fida di
lei scegliendo di non rivelarle i segreti del suo passato. Anche perché lo
stesso Jake ha il timore di averla combinata grossa, durante una rapina, nei
suoi trascorsi da bandito. Ma non per questo pensa di fare ammenda; no, basta
andare in nuova città e farsi una nuova vita. Addirittura si pone come tutore
della legge, per altro ben considerato e rispettato.
Eppure, per rendere il
favore ad un vecchio compagno di malefatte (Clint, appunto) il nostro stimato
sceriffo non esita ad infrangere la legge per far evadere l’ex compare: come se
gli affari privati fossero più importanti di quella legge che, come tutore,
dovrebbe invece aver premura di rispettare sopra ogni cosa. Nella snocciolarsi
della trama, la sua posizione viene poi ammorbidita: il bambino di cui pensava
di aver causato la morte, durante la rapina, pare fosse già morto. Il che, se
toglie un bel peso dalla coscienza a Jake, non sgombra del tutto le perplessità;
e, nel finale, quando lancia la pistola lontano invece di consegnarla
sportivamente al rivale, lo sceriffo rivela ancora (e ammette) la sua natura
poco pulita. Insomma, giocando con i titoli, sia quello originale che quello
nostrano, potremmo dire che tra la Legge e Jake Wade non è che ci sia tutta
questa sintonia.
E di morto nel film, oltre alla città dello scontro finale,
c’è anche un po’ di senso dell’onore.
Patricia Owens
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