318_L'ISOLA DELLA PERDIZIONE (Safe in Hell). Stati Uniti 1931; Regia di William A. Wellman.
Un film davvero disperato, questo L’isola della perdizione, il cui titolo originale era, soltanto parzialmente in chiave ironica, Safe in Hell, ovvero ‘salva, al sicuro, all’inferno’; una definizione, che, pur nell’ironia, è più pertinente al racconto mostrato sullo schermo. William A. Wellman dirige questo drama ‘pre-codice hays’, i cui contenuti espliciti non sono tanto quelli mostrati visivamente: certo, c’è la famosa scena con Gilda, ovvero Dorothy Mackaill, seduta con i piedi sulla scrivania, mentre mostra abbondantemente le gambe velate di calze e qualche altro passaggio, in tal senso. A disturbare maggiormente, è il clima che si respira nell’isola caraibica che da’ il titolo alla versione italiana, dove la ragazza si rifugia per scappare dall’accusa di omicidio. L’isola in questione è un rifugio di malviventi e malfattori, in quanto non è prevista l’estradizione, e Carl (Donald Coock), il fidanzato di Gilda, decide di portarla là per evitarle di saldare il conto con la giustizia americana. E’ una scelta certamente di comodo e opportunistica ma anche infelice, perché si scoprirà che Piet (Ralf Harolde), il presunto ammazzato da Gilda, non è affatto morto, ma dopo essersi intascato la propria assicurazione sulla vita, decide di andare a spassarsela giusto sulla stessa isola dove si è rifugiata la ragazza della nostra storia. La situazione volgerà al peggio, anche per via degli individui che abitano l’isola, tra i quali spicca Bruno (Morgan Wallace) una sorta di boia che è indiscutibilmente il peggiore di tutti. L’abietto individuo metterà, come tutti gli uomini dell’isola, gli occhi su Gilda, l’unica donna bianca a portata di mano: ma, a differenza degli altri, potrà farlo da una posizione di potere e, con il sotterfugio, riuscirà a mettere all’angolo la povera ragazza.
E così il lento e apparentemente poco chiaro disegno di Wellman, arriva al suo dunque: la donna finirà per uccidere davvero Piet, ma stavolta piuttosto che sfuggire alla giustizia, ovvero accettando il lascivo compromesso propostole da Bruno, preferirà pagare con la vita il proprio debito. Particolarmente struggente la sequenza dove Carl arriva sull’isola per portare la notizia a Gilda che non è più accusata di omicidio in America (la truffa di Piet è stata infatti scoperta), e l'uomo quindi pensa che i due potranno così farvi ritorno e vivere insieme. La donna è già condannata a morte dalla giustizia locale, ma chiede ai carcerieri di non rovinarle gli ultimi momenti di vita e, soprattutto, di non deludere in modo così brusco le aspettative dell’uomo che ama. Sullo schermo Carl appare felice mentre progetta il ritorno a casa con la propria donna, mentre lei si sforza di non tradire la tremenda tristezza non solo per il tragico destino che l’attende, ma anche per aver deluso il proprio compagno ficcandosi, stavolta in modo definitivo, ancora nei guai. Come si vede non si tratta affatto di un film sconveniente, visto che la scelta di fuggire alla Giustizia non provoca altro che una quasi ironica, beffarda, ripetizione, stavolta senza via di scampo, della medesima situazione. Insomma, rifugiarsi tra i criminali non è una soluzione se si ha qualche pendenza con la legge, ma conviene sempre risolvere i propri debiti con la Giustizia.
William A. Wellman, dopo l’eccellente Nemico Pubblico, si conferma regista di grande affidabilità.
Dorothy Mackaill
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