1306_I RAGAZZI DEL JUKE-BOX . Italia,1959; Regia di Lucio Fulci.
Considerato talvolta il primo esempio di musicarello, I ragazzi del Juke-Box di Lucio Fulci è, in ogni caso, un film che si assume il compito di portare sul grande schermo una questione che, al tempo, infiammava l’Italia. Come sarcasticamente mostrato nell’incipit del film, il nostro paese, infatti, era all’epoca già letteralmente impazzito per la musica leggera al punto da venir definito da Fulci Festivalia, il regno dei festival canori. Nella breve introduzione si fa addirittura notare come ormai Sanremo rivaleggi per importanza nazionale con Roma – capitale politica – e Milano – capitale economica. Una situazione tutta rose e fiori, tanto per stare in tema sanremese, verrebbe da dire. Non proprio. Vediamo il perché: il boom del dopoguerra e il clima sociale più disteso avevano alimentato la voglia di musica nel Belpaese, che aveva una solidissima tradizione melodica nello specifico. Ma insieme al benessere, l’influenza anglo-americana – di cui l’Italia finì per soggiacere a conflitto finito – interessò anche l’ambito culturale e in primo piano, in tal senso, c’erano proprio cinema e musica. Nel cinema gli esempi dell’influenza angloamericana sul nostro movimento sono clamorosi e, per restare in tema, basti dire che il musicarello degli anni Cinquanta e Sessanta prese chiara ispirazione da prodotti hollywoodiani come Fratelli rivali (1956 di Robert D. Webb) o Il delinquente del Rock and Roll (1957, di Richard Thorpe) entrambi con Elvis Presley.
In campo musicale l’influenza delle mode straniere fu anche più pressante, più dirompente, al punto che i giovani cantanti italiani si adeguarono agli stilemi d’importazione, abbandonando la tradizione melodica. In effetti non era solo un problema nazionale ma piuttosto la musica fu uno degli elementi che alimentò in modo preponderante la spaccatura generazionale che deflagrò poi nella contestazione sessantottina e, in questo senso, il conflitto tra i cantanti melodici e gli urlatori, come furono battezzati in modo dispregiativo i rocker dello Stivale, fu una delle prime increspature sociali rilevabili in Italia. E proprio questa disputa è la base per l’esile trama de I ragazzi del Juke-Box: da una parte c’è il produttore musicale Cesari (Mario Carotenuto, davvero in gran spolvero) che sostiene Claudio Appio – un evidente riferimento a Claudio Villa – alfiere della tradizione melodica italiana; dall’altra un gruppo di giovani decisi a rinnovare la proposta musicale.
Alla loro guida Paolo (Antonio De Teffè alias Anthony Steffen) e la sua fidanzata Julia (una deliziosa Elke Sommer), guarda caso figlia proprio del commendator Cesari. Socio di Paolo è Fred, interpretato da Fred Buscaglione completamente a suo agio nella parte del losco impresario musicale oltre che cantante. Seppure il bravo Fred ha il suo spazio, sono però due componenti del gruppo di artisti che si esibisce alla Fogna, il ritrovo degli urlatori del film, ad essere le vedette de I ragazzi del Juke-Box: Tony Dallara interpreta Tony Bellaria e Betty Curtis è Betty Dorys. La cosa, oggi, può sorprendere un po’, visto che c’è Adriano Celentano come presenza fissa nel locale, nel quale si esibisce anche in qualche spezzone di canzone; ai giorni nostri il Molleggiato è ancora in auge mentre Dallara e la Curtis sono perlopiù relegati nei ricordi di qualche nostalgico ma, evidentemente, al tempo non era affatto così. In ogni caso le canzoni sono naturalmente i momenti topici del film e vale la pena ricordare Ti dirò, A squarciagola, e Sono pazzo di te di Tony Dallara, Dimmelo con un disco di Betty Curtis, Il tuo bacio è come un rock e I ragazzi del Juke-box di Adriano Celentano, Sofisticata e Il dritto di Chicago di Fred Buscaglione, Odio tutte le vecchie signore di Gianni Meccia. Fulci in regia corre spedito, la trama è semplice: il vecchio Cesari, tra una gag con il suo sottoposto Gennarino (Giacomo Furia) e un’attenzione particolare alla sua segretaria particolare (Benedetta Rutili), osteggia il cambiamento pur essendo l’unico nella storia ad avere i mezzi economici per favorirlo. Dopo una serie di peripezie narrative, sarà sua figlia Julia a provvedere a mandare in stampa i dischi di Tony Bellaria e Betty Dorys, mettendolo così di fronte al fatto compiuto. Il vecchio genitore andrà su tutte le furie, salvo poi ravvedersi quando avrà i clamorosi riscontri alle vendite. Il film non è certamente un capolavoro ma si lascia guardare, conoscendo già Fulci il mestiere – pur essendo agli esordi in regia – e non perdendo mai il ritmo del racconto. Soprattutto in avvio ci sono un paio di battute un filo piccanti ma il tono è comunque divertito e non volgare; per rendere l’idea basti citare il nome del personaggio della prosperosa Yvette Masson: Maria Davanzale. E’ umorismo di grana grossa ma, nel contesto, può comodamente andare. Belle le canzoni.
Elke Sommer
Betty Curtis
Yvette Masson
Benedetta Rutili
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