1744_GIUBBE ROSSE (North West Mounted Police), Stati Uniti 1940. Regia di Cecil B. DeMille
Nel 1940 Gary Cooper era già una star di prima grandezza e il fatto di doverlo aspettare una ventina di minuti prima che faccia la sua comparsa in Giubbe Rosse di Cecil B. DeMille è già indizio che ci troviamo di fronte ad un film quantomeno singolare. La cosa ancor più sorprendente sarà che il suo personaggio, Dusty Rivers, è sì il protagonista ufficiale della vicenda ma rimane sostanzialmente estraneo al contesto del racconto filmico. Come se il ruolo dell’eroe fosse un dovere per il quale non sia previsto il premio, ad esempio quel lieto fine che, in questo caso, arride infatti al suo rivale. DeMille rimase famoso per i suoi film biblici e, in effetti, aveva la capacità di raccontare storie importanti –in questo caso la Ribellione del Nord Ovest, una rivolta che nel 1885 vide protagonisti i Métis, i meticci, del Canada– ma soprattutto personaggi ai limiti del mitologico. Perlomeno nel nostro Paese, le Giubbe Rosse, il North West Mounted Police canadese, divennero probabilmente famose grazie a questo film reso maestoso dalle spettacolari sequenze di battaglia, sebbene si possano notare alcuni limiti imposti dal budget, soprattutto nelle scene ambientate all’aperto e girate in teatri di posa. L’uso del colore è gestito con spregiudicatezza da DeMille che non insegue la verosimiglianza ma enfatizza i toni cromatici, agevolato anche dal rosso acceso delle divise dei soldati protagonisti. Non è una ricostruzione storica e questo è reso evidente anche dalla sostanziale incongruenza che ci viene presentata in modo quanto mai esplicito: le scritte in sovraimpressione, che introducono il racconto filmico, inquadrano la questione sottolineando le ragioni dei Métis, la popolazione meticcia del nordovest canadese. Successivamente, lo sviluppo della narrazione, porterà sempre più gli stessi Métis dalla parte del torto, sebbene questo sia legato al ruolo delle figure all’opera nel film.
I personaggi di Giubbe Rosse, la loro statura eroica, la loro caratterizzazione, è eccezionale perché DeMille aveva un registro narrativo che miscelava sapientemente il drammatico all’ironico, uno stratagemma che permetteva una perfetta gestione emotiva. Dusty Rives (come detto interpretato da Cooper) è un Ranger del Texas in trasferta in Canada, sulle tracce dell’assassino Jacques Corbeau (George Bancroft). Questi, al momento, sta cavalcando il malcontento dei Métis, sobillandone la rivolta cercando, al contempo, di coinvolgere anche gli indiani Cree più che altro per i propri interessi di mercante di armi. A contrastare i moti di rivolta ci sono le Giubbe Rosse del titolo e, nello specifico della vicenda raccontata, il sergente Jim Brett (Preston Foster) e il soldato Ronnie Logan (Robert Preston). La sorella di Ronnie, April (Madaleine Carroll) è la ragazza corteggiata da Brett, ma viene subito attenzionata da Dusty, che sembra immediatamente prendere vantaggio nella contesa sentimentale. Il triangolo amoroso, Dusty–April–Brett mantiene il centro del racconto, nonostante le vicissitudini storico-belliche abbiano un certo peso, a testimonianza che, in fondo, Giubbe Rosse è in qualche modo un western romantico come la maggior parte di quelli prodotti negli anni 40. Ma se lo è lo è in modo atipico, perché nella seconda traccia sentimentale, che testimonia per altro quanto il film sia intessuto di romanticismo, la ragazza ha un ruolo opposto a quello canonico femminile dei western romantici. In genere, nei film di questo filone, il protagonista è un fuorilegge in qualche modo redendo dalla bellezza femminile di turno. In questo caso, il personaggio più sofferto del lotto, il soldato Ronnie Logan, verrà perduto, in modi diversi e via via più gravi, da Louvette (Paulette Goddard), meticcia figlia del citato criminale e aizzatore della rivolta Jacques Cordeau. Questa traccia amorosa è secondaria rispetto al classico triangolo melodrammatico in primo piano ma è assai più interessante e, in fin dei conti, anche importante.
Louvette, forte di una sensualità straripante che Paulette Goddard è perfetta nel trasmettere, ha un potere assoluto su Ronnie e incomincia facendolo mancare al contrappello serale fino a farlo assentare durante i turni di guardia, per finire forzandolo alla diserzione e mandandolo, in conclusione, incontro ad un agguato mortale. Quest’ultimo passaggio è un tragico equivoco, dal momento che l’intenzione di Louvette era far uccidere Dusty Rivers e non certo il suo amato Ronnie. A suo modo, e in un film in cui i sentimenti e le azioni conseguenti sono portati all’estremo, si tratta di un comportamento che ha una qualche giustificazione. L’amore di Louvette per Ronnie è anche più forte rispetto all’attrazione che la giovane giubba rossa prova per lei. Un sentimento talmente forte che ne annebbia la qualsiasi capacità di giudizio, in effetti la ragazza ha qualcosa di animalesco e irrazionale che ben incarna la natura della selvaggia America. Se ne rende conto persino Dusty che, nonostante sia evidente che l’agguato fatale ordito dalla ragazza fosse ai suoi danni, consola con un gesto affettuoso Louvette che piange disperata la morte di Ronnie che ha appena cagionato. Il tema della comprensione è il vero argomento centrale di Giubbe Rosse: è importante anche tra la coppia di innamorati che vediamo subito in avvio, il sergente Brett e April, sebbene non sia il caso più significativo. Tuttavia anche a loro serve uno sforzo, sia dell’uno che dell’altra, per capirsi meglio e trovare finalmente una quadra alla loro relazione. Anche in questo caso, Dusty ha la funzione destabilizzante prima e stabilizzante poi; un fattore perturbante che rompe lo stallo e permette il successivo sviluppo. Il suo arrivo sulla scena mette in secondo piano Brett, che è costretto quindi a fare un bagno di umiltà, mentre offre l’opportunità ad April di lasciarsi tutto quanto alle spalle andandosene col ranger nel Texas. È solo in questo modo che i due capiscono di amarsi davvero, comprendendosi reciprocamente fino in fondo. Si è già detto della situazione di Louvette che, sebbene sia un’istintiva, alla fine non può non aver compreso il suo errore, considerato il disastroso esito, e anche il gesto comprensivo di Dusty nei suoi confronti è un altro elemento che sottolinea l’importanza della reciproca accondiscendenza. Il ranger è poi cruciale anche nel riabilitare la figura di Ronnie, considerato vile e traditore dal comando delle Giubbe Rosse, non senza ragione. L’uomo mente a favore di Ronnie in parte certamente per compiacere April, ma anche perché in fin dei conti Dusty aveva convinto la giubba rossa a costituirsi prima del tragico agguato. Il texano decide quindi di attribuire a Ronne i meriti di una sua rocambolesca e decisiva azione di guerra, motivandone in questo modo la sua assenza dal posto di guardia. Anche in questo caso, la comprensione per le debolezze umane di un giovane soggiogato dalla forza del desiderio ma non per questo cattivo, è più importante dell’affermazione della verità. Questi argomenti forti sono finemente intrecciati a temi leggeri, da commedia, nelle quali il giovane Gary Cooper era particolarmente rodato. Ci sono poi anche altri personaggi che hanno un ruolo più marcato, in tal senso, come il capo dei Métis Dan Duroc (Akim Tamiroff) o lo scout scozzese Tod McDuff (Lynne Overman), sebbene non possano certi etichettati come macchiette umoristiche. I personaggi di Giubbe Rosse possono sembrare poco tridimensionali, in quanto hanno una forte stilizzazione ma, proprio grazie a questa, si stagliano sulla vicenda in modo clamoroso. Discorso a parte merita Louis Riel (Francis McDonald), che fu una figura storica che guidò le rivolte Métis, tra cui quella raccontata del film di DeMille e che è un personaggio controverso. In Giubbe Rosse lo vediamo nel ruolo di maestro in una scuola prima di essere coinvolto nella ribellione della quale non condivide la deriva violenta imposta da Cordeau. Anche gli indiani Cree sono raffigurati in modo benevolo sebbene suscitino qualche perplessità le scelte narrative del racconto. Affinché la rivolta dei Métis abbia qualche possibilità di vittoria, è necessario l’apporto bellico degli Indiani che, tuttavia, non sembrano particolarmente favorevoli all’idea. Perlomeno il loro capo Big Bear (Walter Hampden) vuole precise garanzie di vittoria; una rivoluzionaria mitragliatrice è l’asso nella manica di Cordeau per convincere anche il prudente sachem. Alla fine i piani di rivolta andranno in malora, Dan Duroc, il capo dei Métis verrà ucciso –alla fine di una gag con l’amico McDuff che si rivela però molto commovente– mentre Cordeau e Riel vengono catturati. La rivolta è sedata e ai Cree non resta che sottomettersi di nuovo alla Corono Britannica: l’umiliazione di far inginocchiare il vecchio Big Bear era un passaggio che, tanto il sergente Brett nel racconto, quanto DeMille fuori da esso, potevano risparmiarsi. Lo sguardo sui nativi, l’ultimo dubbio che aleggia sulla valutazione di Giubbe Rosse, non si dissipa, e il paternalismo venato di disprezzo, o comunque scarsa considerazione, nei confronti degli Indiani americani va comunque messo a referto. Peccato.
Paulette Goddard
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