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domenica 19 ottobre 2025

LA CASA DEI FANTASMI

1747_LA CASA DEI FANTASMI (House on Haunted Hill), Stati Uniti 1959. Regia di William Castle

Spesso l’horror di culto La casa dei fantasmi di William Castle viene definito in modo quanto mai efficace con il termine «Camp». Che, letteralmente, significa “qualcosa di ostentato, esagerato, teatrale, autoironico e sofisticato” per attenerci alle parole che ne dà l’AI di Google. In sostanza una descrizione di quello che era il cinema, almeno quello horror, per William Castle, cineasta che non esitava a sciorinare qualunque espediente, qualunque colpo basso, pur di raggiungere il suo scopo. Per La casa dei fantasmi Castle ideò uno dei suoi più celebri trucchi promozionali: Emergo. Si trattava di uno scheletro –finto, naturalmente– che con un sistema di cavi e carrucole veniva issato e fatto passare sopra gli spettatori durante le proiezioni del film, in corrispondenza della scena in cui uno scheletro usciva da una vasca di acido. Castle credeva molto in questi espedienti e per il coevo Il mostro di sangue, inventò Percepto, un’altra diavoleria simile, a suo modo altrettanto efficace. Perché, per quanto possa sembrare strano, questo approccio ruspante e privo di ogni pudore artistico, funzionava alla grande, al punto che persino Hitchcock, per il suo celebre Psyco, ne trasse ispirazione per fare una promozione pubblicitaria inconsueta. La differenza, a voler essere onesti, era poi sul film vero e proprio, perché il maestro inglese si adoperò per realizzare un capolavoro anche sotto il profilo prettamente artistico e autoriale mentre Castle, coerente con la sua poetica, infarciva le sue opere di stratagemmi narrativi triti e ritriti, utilizzandoli oltretutto con piglio strumentale ma facendo tutto quanto in modo intelligente. La casa dei fantasmi, infatti, non presenta alcuna novità e il citato Emergo era appunto quel qualcosa di cui si sarebbe potuta avvertire la mancanza all’epoca. Lo spettatore a cui avessero chiesto com’era il film di Castle, cosa poteva infatti riferire? Una tipica storia dell’orrore, su una casa in cui si manifestano presenze inquietanti, fatta con solido mestiere ma senza alcuna scena davvero memorabile nel senso di realmente innovativa. 

A questo serviva l’apparizione dello scheletro di Emergo, che rendeva il film un evento imperdibile. Col passare degli anni, il citato sfacciato gusto «Camp» ha sostituito la funzione dello scheletro sopra le teste degli spettatori ed è divenuto il valore aggiunto che rende La casa dei fantasmi un film di culto dalla visione davvero godibile. La pellicola, come detto, è coerente con la politica promozionale e si basa su una storia non troppo originale, un gruppo di persone chiuse dentro una casa infestata –la casa dei fantasmi, appunto– con un qualunque pretesto e una serie di eventi spaventosi conditi da due omicidi a spaventare personaggi e pubblico. Tra gli attori, a far da mattatore c’è Vincent Price, sornione e autocompiaciuto come non mai, che interpreta Frederick Loren, il facoltoso signore che organizza il singolare party al centro del racconto. La festa è in onore della sua bellissima moglie, Annabelle (Carol Ohmart), e prevede che insieme ai Loren ci siano cinque sconosciuti, due donne e tre uomini, per passare l’intera notte in una casa infestata. Chi resisterà fino al mattino avrà in premio 10.000 dollari; la mezzanotte è il limite massimo entro il quale si può ritirarsi dalla competizione e abbandonare la dimora e i verdoni annessi. Appare già evidente che, come situazione, non sia del tutto plausibile e, in effetti, la cosa è anche manifestata in alcuni dialoghi. Tuttavia La casa dei fantasmi non insegue certo la verosimiglianza per cui non è certo difficile soprassedere su qualche perplessità che possa insorgere. Vincent Price, con il suo egocentrico carisma, domina in modo naturale le scene mentre Carol Ohmart ha il physique du rôle ma le manca un pizzico di quell’allure tipico delle gran dive per reggere davvero bene la parte. Tra gli altri, bene Elisha Cook nel ruolo di Watson Pritchard, il nevrotico e pauroso padrone di casa che ha perso il fratello dentro quelle mure domestiche e crede che siano davvero maledette. La sorella di Robert Mitchum, Julie, è Ruth Bridgers e si intuisce come, se avesse avuto una presenza scenica soltanto un filo di maggiore impatto, avrebbe avuto ben altra carriera. Più ordinari Alan Marshal (è il dottor Trent), Carolyn Craig (è Nora Manning) e Richard Long (è Lance Schroeder). Il racconto si snoda mettendo in fila i colpi di scena e i classici trucchi del mestiere sorretti adeguatamente da una musica perfettamente a tempo che i momenti clou: niente di più di quanto possa essere prevedibile in un horror su una casa infestata, ma anche niente di meno. 













Carol Ohmart



Julie Mitchum


Carolyn Craig 


Galleria 




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