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martedì 5 luglio 2022

TRE UOMINI E UNA GAMBA

1043_TRE UOMINI E UNA GAMBA . Italia, 1997; Regia di Aldo, Giovanni & Giacomo e Massimo Venier.

Per il loro esordio sul grande schermo, il trio di comici Aldo, Giovanni e Giacomo si prendono un bel rischio, mettendosi perfino dietro alla macchina da presa, affiancati, in questo ruolo, da un altro esordiente nel mondo cinema, Massimo Venier. Tre uomini e una gamba, andò ben al di là della fiducia nutrita dai fan del trio e fu un successo sorprendente e meritato. Il film è indiscutibilmente divertente con i tre che giocano con intelligenza con il proprio pubblico, ripescando molte delle gag con cui si erano fatti strada sul palco teatrale e sullo schermo televisivo. Eppure, sin dall’incipit che li vede all’opera nei panni di Al, John e Jack, i gangster americani, si capisce che i nostri non vogliono semplicemente trasferire il loro tipico repertorio sullo schermo gigante del cinema, ma provare ad interpretare al loro meglio questo differente mezzo di espressione artistica. C’è anche umiltà, da parte loro, nel rimanere comunque nel loro ambito, con le loro tipiche scenette che sono l’essenza della loro arte; del resto il cinema prevede la possibilità di frammentare, con i più disparatati stratagemmi narrativi, il racconto in più segmenti. Ma alla base di Tre uomini e una gamba c’è un road movie: e che i nostri si muovano da nord verso sud e a bordo di una Daewoo Nubira Station Wagon sono elementi a loro modo significativi. Innanzitutto la direzione: in genere, il cinema italiano, ha raccontato della migrazione verso nord, all’interno della mai chiusa questione meridionale, tema prediletto di molto nostro cinema. 

Aldo, Giovanni e Giacomo sembrano quindi prendere un po’ le distanze dal cinema impegnato di casa nostra a partire già dal verso del viaggio. La ben poco affascinante automobile utilizzata in parte cerca di schernire il lavoro del trio rispetto agli illustri esempi di road movie americani dove i personaggi sfrecciavano a bordo di Cadillac cabriolet o bolidi simili, e al tempo stesso permette di rendere avventuroso persino un viaggio attraverso l’Italia. Insomma, i quattro, mettiamoci anche Venier che affianca il trio in regia, fanno professione di umiltà ma vogliono fare cinema a modo loro. Il tema del viaggio funge da sorta di contenitore narrativo, all’interno del quale i nostri, con una scusa o l’altra, inseriscono una serie di sketch di altri generi narrativi. 

La citata scena iniziale, che nella finzione è un film visto alla televisione da Giacomo (Giacomo Poretti), è un omaggio ai gangster movie; Biglietto amaro, il fittizio lungometraggio che i nostri si fermano a guardare, scherza col neorealismo permettendo al contempo di mettere in scena una gag classica del trio. Il sogno di Aldo (Aldo Baglio) è invece un’incursione nell’horror nella chiave demenziale di uno dei loro più celebri sketch, quello con Dracula e i due contadini transilvani leghisti. Più amalgamate nella trama altre due citazioni, quella della partitella di calcio sulla spiaggia è tributo esplicito a Gabriele Salvatores e al suo Marrakech Express (1989), mentre un curioso rimando a Point Break – Punto di Rottura (1991) adrenalinico capolavoro di Kathryn Bigelow, può essere colto nel passaggio con le maschere dei presidenti. Naturalmente c’è anche il titolo dell’opera che fa il verso a Tre uomini in barca (per non parlar del cane) di Jerome K. Jerome, romanzo del 1889 e che condivide con il film del trio l’idea di tre amici in viaggio. Il tema dominante su cui si basa il film è ancora una volta grosso modo reso esplicito in una rappresentazione nella rappresentazione, in linea con tutta quanta l’operazione che in fondo è il tentativo, riuscitissimo, di attori di cabaret (televisivo e teatrale) che cercano di riciclarsi nel cinema. 

La scena ripresa dalle telecamere dell’autogrill, infatti, anticipa sostanzialmente la trama della vicenda: Giacomo è in cerca di una partner e gli altri due, Giovanni (Giovanni Storti) in particolare, provano a mettergli i bastoni tra le ruote. Nella scenetta ripresa dalle telecamere a circuito chiuso ci riusciranno, con la stangona bionda allontanata mostrando il paginone di una rivista erotica; nel film vero e proprio, tra Giacomo e Chiara (una strepitosa Marina Massironi) sarà più complicato impedire il fiorire di un’intesa. Le resistenze di Giovanni, e solo in seconda battuta di Aldo, non sono tanto il classico ostruzionismo cameratesco tra amici; il punto è che il viaggio verso la Puglia ha come meta il matrimonio di Giacomo! Si tratta di un matrimonio di interesse e nel contrapporgli una vera storia d’amore c’è il senso del film, sottolineato dalla bella canzone dei Negrita Ho imparato a sognare. Il previsto sposalizio dovrebbe arrivare sulla scia di quelli già celebrati tra Giovanni e Aldo e due delle tre figlie di Eros Cecconi (Carlo Croccolo), odioso datore di lavoro dei nostri protagonisti. All’appello mancano appunto Giacomo e Giuliana (Luciana Littizzetto), terza figlia del Cecconi, ma, considerato anche l’avvenenza e soprattutto del fascino di questa, sarebbe davvero troppo. Anche per un film comico.   



 Marina Massironi 





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