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venerdì 29 luglio 2022

IL FASCINO DELL'INSOLITO: LA SPECIALITA' DELLA CASA

1056_IL FASCINO DELL'INSOLITO: LA SPECIALITA' DELLA CASA. Italia, 1982; Regia di Augusto Zucchi.

L’idea alla base dell’omonimo racconto di Stanley Ellin alla base del film televisivo La specialità della casa, sceneggiato e diretto da Augusto Zucchi, è ottima. Il testo era l’opera prima di Ellin che, oltre all’onore di venir pubblicato sulla prestigiosa rivista Ellery Queen Mistery Magazine, ottenne anche un premio speciale. Curiosamente questa rimarrà la sua opera più famosa, anche se Ellin ottenne piena considerazione come uno dei più abili autori di racconti brevi, una forma letteraria molto in voga nel XX secolo. E giustamente: il racconto breve permette di sostenere per la durata necessaria anche situazioni limite o paradossali che alla lunga finirebbero per perdere la presa sul lettore. Ad esempio ne La specialità della casa, diviene chiaro abbastanza in fretta in cosa realmente consista il famigerato agnello Amirstan, ma l’atmosfera ipnotica del ristorante Sbirro finisce per invischiare anche noi quasi quanto i beatamente ignari avventori del locale. Il racconto, quindi, non si fonda tanto sul colpo di scena finale, sebbene formalmente ci sia: è la spirale di banale assurdità che ci accompagna pagina dopo pagina a essere il piatto forte della vicenda. Zucchi, per la sua trasposizione all’interno della serie televisiva RAI, Il fascino dell’insolito - Itinerari nella letteratura dal gotico alla fantascienza, forse temendo che il racconto finisca per non essere abbastanza incisivo una volta sullo schermo, inserisce una cornice narrativa che svela il sottotesto dell’opera di Ellin. Questo, se da una parte rischia di svilire un po’ il risultato, nel suo rendere così esplicita la critica sociale contenuta, permette di inserire un ulteriore colpo di scena certamente meno prevedibile di quello principale. In ogni caso il corpo centrale del racconto si concentra sulle visite del signor Giglio (Achille Millo) accompagnato da Costa (Stefano Santospago) al citato ristorante di proprietà dell’ineffabile Sbirro (Vittorio Caprioli): e Zucchi fa pieno centro nello sviluppare la vicenda con lentezza, inesorabilmente, con una narrazione suadente che mesmerizza nonostante il cannibalismo, punto chiave narrativo del racconto, sia come detto facilmente ipotizzabile. La partita si gioca in tono grottesco e gli attori, in particolar modo Caprioli, decisamente sopra le righe, e Millo, che tiene un registro più viscido e ambiguo, riescono a concretizzare al meglio il lavoro di imbastitura progettato da Zucchi. Un altro film televisivo davvero spiazzante e affascinante targato Rai.   




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