1056_IL FASCINO DELL'INSOLITO: LA SPECIALITA' DELLA CASA. Italia, 1982; Regia di Augusto Zucchi.
L’idea alla base dell’omonimo racconto di Stanley
Ellin alla base del film televisivo La specialità della casa,
sceneggiato e diretto da Augusto Zucchi, è ottima. Il testo era l’opera prima
di Ellin che, oltre all’onore di venir pubblicato sulla prestigiosa rivista Ellery
Queen Mistery Magazine, ottenne anche un premio speciale. Curiosamente
questa rimarrà la sua opera più famosa, anche se Ellin ottenne piena
considerazione come uno dei più abili autori di racconti brevi, una forma
letteraria molto in voga nel XX secolo. E giustamente: il racconto breve
permette di sostenere per la durata necessaria anche situazioni limite o
paradossali che alla lunga finirebbero per perdere la presa sul lettore. Ad
esempio ne La specialità della casa, diviene chiaro abbastanza in fretta
in cosa realmente consista il famigerato agnello Amirstan, ma
l’atmosfera ipnotica del ristorante Sbirro finisce per invischiare anche noi
quasi quanto i beatamente ignari avventori del locale. Il racconto, quindi, non
si fonda tanto sul colpo di scena finale, sebbene formalmente ci sia: è la
spirale di banale assurdità che ci accompagna pagina dopo pagina a essere il
piatto forte della vicenda. Zucchi, per la sua trasposizione all’interno della
serie televisiva RAI, Il fascino dell’insolito - Itinerari nella letteratura
dal gotico alla fantascienza, forse temendo che il racconto finisca per non
essere abbastanza incisivo una volta sullo schermo, inserisce una cornice
narrativa che svela il sottotesto dell’opera di Ellin. Questo, se da una parte rischia
di svilire un po’ il risultato, nel suo rendere così esplicita la critica
sociale contenuta, permette di inserire un ulteriore colpo di scena certamente
meno prevedibile di quello principale. In ogni caso il corpo centrale del
racconto si concentra sulle visite del signor Giglio (Achille Millo)
accompagnato da Costa (Stefano Santospago) al citato ristorante di proprietà
dell’ineffabile Sbirro (Vittorio Caprioli): e Zucchi fa pieno centro nello
sviluppare la vicenda con lentezza, inesorabilmente, con una narrazione
suadente che mesmerizza nonostante il cannibalismo, punto chiave narrativo del
racconto, sia come detto facilmente ipotizzabile. La partita si gioca in tono
grottesco e gli attori, in particolar modo Caprioli, decisamente sopra le
righe, e Millo, che tiene un registro più viscido e ambiguo, riescono a
concretizzare al meglio il lavoro di imbastitura progettato da Zucchi. Un altro
film televisivo davvero spiazzante e affascinante targato Rai.
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