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giovedì 14 luglio 2022

IL FASCINO DELL'INSOLITO: MIRIAM

1048_IL FASCINO DELL'INSOLITO: MIRIAM . Italia, 1980; Regia di Biagio Proietti. 

Si potrebbe invocare la difficoltà del testo di Truman Capote all’origine, un veloce racconto, per giustificare preventivamente l’impressione di inadeguatezza, di disagio, che traspare dalla riduzione televisiva di Biagio Proietti di Miriam. Invece, occorre fare una sorta di passo indietro ed accorgersi di quanto è salutare la banale scomodità del quinto film della serie Il fascino dell’insolito - Itinerari nella letteratura dal gotico alla fantascienza con cui si chiude la prima stagione. Era l’alba degli anni Ottanta, il decennio degli anni di piombo faticava a lasciar spazio a quello del vuoto pneumatico che, almeno in Italia, vedrà la TV di Berlusconi forgiare le nuove generazioni: se una cosa i due periodi storici avevano in comune, era che il tempo per riflettere scarseggiava in tutte e due gli ambiti. Forse perché pensare mette tristezza. Proietti, per il suo intimo e interessante film, ci riporta all’origine della società del benessere, l’America del dopoguerra. Come detto il soggetto è di Truman Capote, la musica che accompagna il film è il jazz di Glen Miller (Moonlight Serenate) e dei Mills Brothers (After You, Don’t be a Baby baby), le immagini dei titoli di testa sono ispirate ai quadri di Edward Hopper. La devastante solitudine in cui regna Miriam (Luisa Rossi, spaesata) è esattamente la nostra, sebbene ai tempi si cercasse di dimenticarlo affannandosi in un modo o nell’altro, a protestare in una piazza degli anni Settanta o divertendosi nella Milano da bere di una nota pubblicità del decennio successivo. Oggi ci proviamo coi social network.    



Luisa Rossi 



Claudia Vegliante 


Margherita Sestito 


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