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giovedì 7 luglio 2022

IL FASCINO DELL'INSOLITO: LA MEZZATINTA

1044_IL FASCINO DELL'INSOLITO: LA MEZZATINTA . Italia, 1980; Regia di Biagio Proietti.

Nel gennaio del 1980 la RAI vara una interessante serie televisiva antologica dedicata al fantastico: Il fascino dell’insolito. Itinerari nella letteratura dal gotico alla fantascienza. L’operazione è certamente lodevole: va detto che i film televisivi che compongono la serie furono destinati al secondo canale, quando è noto che l’ammiraglia Rai è da sempre quello che, al tempo, era il cosiddetto Primo. Poco male, comunque: va dato merito alla televisione nazionale di dare spazio al genere fantastico con una produzione come detto assai intrigante. Il primo episodio è La mezzatinta per la regia di Biagio Proietti; il film è tratto da Montague Rhodes James, un assoluto maestro del gotico anglosassone e la sfida per gli autori italiani non è affatto semplice. Le storie di Rhodes James si caratterizzano per l’atmosfera inquietante che il letterato era abilissimo a creare con la sua prosa stilosa e un filo compiaciuta. Lo scrittore era un perfetto ambasciatore del british style e, nonostante lo humor soffuso e la capacità di mantenere sempre il proprio aplomb, riusciva a incutere una sottile inquietudine tra le sue pagine. Proietti cura sceneggiatura e regia, cercando di mantenere intatte le angoscianti ombre che aleggiano sulla storia pur traferendo la vicenda dall’Inghilterra dell’Ottocento ai dintorni di Napoli del XX secolo. Lo spunto alla base del racconto, una mezzatinta che cambiando quasi magicamente alcuni particolari del soggetto rivela un fatto tragico, è colto in modo pregevole dal film. Si perde, per la verità, quella velatura ironica con cui Rhodes James punteggiava il racconto. 

Ma è una scelta condivisibile: in un testo di questo tipo lo humor britannico è probabilmente l’unica forma di ironia che non ne inficia la natura gotica. Pertanto i personaggi del film di Proietti oltre che stupiti, incuriositi e sgomenti, sono anche più dolenti, di fronte all’inspiegabile che gli si para d’innanzi: convincente Sergio Fiorentini come pure la quasi diafana Marisa Belli, che sembra anch’essa un’ambigua figura della mezzatinta in questione. Da un punto di vista tecnico un’altra pregevole idea della produzione è quella di riprendere gli stilemi degli sceneggiati degli anni d’oro Rai, quelli che negli anni Sessanta e Settanta avevano furoreggiato sugli schermi italiani. In questo modo il bianco e nero può ricreare quelle sensazioni nostalgiche evocando allo stesso tempo anche i classici film dell’orrore che sono il naturale trait d’union con la letteratura romantica dell’Ottocento a cui appartiene il soggetto. La mezzatinta come racconto, per la verità, rimane costantemente in bilico, in quanto ci si aspetta sempre il colpo di scena che lo risolva; in effetti questo evento non si concretizza mai e questo è l’aspetto più difficile da ricreare della prosa dello scrittore inglese. Lo stupore davanti all’ignoto, la conseguente sensazione di attesa per gli sviluppi, l’impressione di pericolo incombente, tipica della letteratura gotica e di Rhodes James, è l’oggetto stesso del testo. Il mistero non è il fatto tragico che è accaduto, che peraltro era anche grosso modo svelato anche nello scritto, ma l’inquietudine che un evento insolito possa crearci dentro. Nel XIX secolo il Romanticismo ci ricordava che non tutto ci era dato a capire, che c’era sempre qualcosa di ignoto che avrebbe potuto confondere le nostre razionali convinzioni. E questo tutto sommato rimaneva vero anche all’alba degli anni Ottanta, il decennio che sancirà la modernizzazione persino dell’Italia.  


Marisa Belli


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