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martedì 5 ottobre 2021

THE BATTLE OF CORONEL AND FALKLAND ISLANDS

902_THE BATTLE OF CORONEL AND FALKLAND ISLANDS ; Regno Unito, 1927; Regia di Walter Summers.

Eccellente docudrama del 1927 splendidamente restaurato nel 2014 dal BFI (British Film Istitute), The Battle of Coronel and Falkand Islands è un autentico caposaldo della cinematografia bellico-navale. Al tempo era abbastanza diffusa l’idea che i film di matrice storica, come quelli di guerra, non dovessero avere grandi storie private in primo piano a distogliere l’attenzione dagli avvenimenti principali. Questa scelta stilistica andava in direzione opposta a quella, ad esempio, del romanzo storico della tradizione letteraria e che ebbe comunque nel corso degli anni abituale applicazione anche al cinema. Ma, probabilmente, a quei tempi il cinema, media relativamente nuovo, offriva potenzialità visive di grande impatto, ideali per la riproduzione delle scenografie delle battaglie e, di contro, rispetto alla letteratura aveva tempistiche di fruizione più limitate. Fu facilmente sulla base di queste considerazioni che, grosso modo fino all’avvento del cinema sonoro, fiorirono le produzioni belliche che oggi si definiscono apertamente docudrama o docufiction ma, al tempo, si rischiava che potessero essere intese come fedeli resoconti realmente storici. E c’è da credere che anche le opere di Walter Summers, regista di questo The Battle of Coronel and Falkand Islands, che aveva già diretto Ypres (1925) e Mons (1926) sempre inerenti a famose battaglie della Grande Guerra, corsero il rischio di Verdun vision d’histoire (1928 di Léon Poirier) le cui immagini promozionali del film si dice che finirono sui libri di scuola francesi come autentiche. Ma non si trattava sempre di opere imparziali. 


E se il mistificarle come documentaristiche, a vederlo oggi, può infastidire per l’evidente tentativo si strumentalizzare il cinema, e quindi l’arte, a fini di propaganda, una minima attenuante la possiamo concedere a The Battle of Coronel and Falkand Islands perché la maestosità della messa in scena, stiamo parlando di una mezza dozzina abbondante di navi da guerra che scorrazzano sullo schermo, finisce per condizionare oggettivamente le scelte registiche. In questo senso possiamo intendere i titoli di testa che non danno spazio agli attori, che pure ci sono e sono anche credibili nelle loro prestazioni, mentre una didascalia è dedicata ad illustrare quali navi della marina britannica avessero interpretato le imbarcazioni storiche impegnate nelle battaglie del film. Il racconto filmico segue le vicende belliche negli oceani sudamericani del 1914 con un primo scontro navale al largo del Cile (la Battaglia del Coronel) e la Battaglia delle Falkland poco tempo dopo. 

La flotta tedesca dell’Asia dell’est agli ordini del vice ammiraglio von Spee (Hans von Slock) aveva incontrato nelle acque cilene le navi nemiche e, sfruttando le condizioni favorevoli, aveva affondato due incrociatori corazzati. Lo smacco per i britannici, veri dominatori dei sette mari, era stato atroce: due corazzate nuove di zecca erano state mandate nella zona per regolare i conti con gli avversari, cosa che era puntualmente avvenuta al largo delle Isole Falkland. Sorretto dal fascino delle splendide immagini di questi prodigi della tecnica che erano (e sono) le navi da guerra, il racconto si snoda in modo abbastanza semplice ripercorrendo gli eventi storici ma non mancano gli intermezzi, tra i quali sono memorabili tanto quelli drammatici quanto quelli di carattere umoristico. Le scene durante gli affondamenti sono realizzate con indiscutibile efficacia, così come quelle dal tenore più sobrio come le discussioni tra gli ufficiali al comando delle navi, le aristocratiche celebrazioni per le vittorie, gli sforzi nelle fabbriche o nelle sale macchine. In un contesto così drammatico, a rubare l’occhio sono anche le scenette umoristiche, prevalentemente dedicate agli improvvisati volontari a guardia delle Isole Falkland. Sembra un intermezzo di questo stesso tipo quello dedicato al lauto pranzo sulla nave inglese anche se è impossibile non cogliere un possibile rimando ai marinai de La Corazzata Potemkin (1925, di Sergei M. Eisenstein), il cui rancio avariato era stato la scintilla per far scoppiare la rivolta. 

Come dire che a bordo delle navi dell’Impero Britannico i marinai erano trattati meglio che altrove e, in effetti, questa tipica vena propagandistica inglese è diffusa anche in The Battle of Coronel and Falkand Islands, come era prevedibile. Va detto che la prospettiva faziosa è meno evidente in quest’opera di Summers soprattutto perché sui mari era diffuso un atteggiamento cavalleresco nei confronti del nemico. In quest’ottica si può vedere come i britannici offrano ai tedeschi la possibilità di arrendersi che non viene però raccolta da von Spee. L’ammiraglio germanico è raffigurato come valoroso e coraggioso, non incline alla pietà né per il nemico (quando si avvicina per sparare a bruciapelo alle navi nemiche al Coronel) ma nemmeno per sé stesso (preferisce morire che arrendersi). Da un punto di vista tattico è certamente un abile stratega, visto come cerca di salvare i suoi incrociatori leggeri, ma non a livello del suo rivale l’ammiraglio Sturdee (Craighall Sherry) che ne intuisce la mossa e la vanifica riuscendo al fine ad affondare l’intera flotta tedesca. Certo, il film è del 1927 e quindi si potrebbe pensare che questi limiti di partigianeria nel racconto siano legati al periodo ma, in realtà, c’erano già stati esempi meno faziosi anche in merito a film di guerra. Tuttavia, come detto, in The Battle of Coronel and Falkand Islands questa prospettiva unilaterale è mitigata dal cavalleresco rispetto per il nemico vigente da sempre sui mari. In definitiva, questo aspetto non guasta affatto la visione del film che, come detto, è un sontuoso spettacolo soprattutto per via delle manovre delle magnifiche corazzate. Da lodare e ringraziare anche il lavoro notevole del BFI, per la qualità sopraffina delle immagini e, soprattutto, per l’evocativo e trascinante commento sonoro che accompagna ora la nuova edizione del lungometraggio. Davvero da applaudire.    

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