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sabato 23 ottobre 2021

IO SONO VALDEZ

915_IO SONO VALDEZ (Valdez is coming); Stati Uniti, 1971; Regia di Edwin Sherin.

E’ passato solo un anno da quel 1970 che ha visto uscire Soldato blu, Il piccolo grande uomo o Un uomo chiamato cavallo; a Hollywood gli indiani sono adesso diventati i buoni a tutti gli effetti. Certo, Valdez (Burt Lancaster) è messicano ma il revisionismo finisce per coinvolgere anche lui, cosicché in questa pellicola si erge ad eroe vendicatore. Per la verità il buon Roberto Valdez, vice sceriffo del quartiere messicano di Lanoria, sembra un tipo molto accomodante; durante una caccia all’uomo è costretto dalla scriteriata condotta dei compagni di battuta ad uccidere il fuggitivo, un uomo di colore poi rivelatosi innocente. Al che, il nostro pare sinceramente pentito e cerca di fare ammenda a favore della vedova, una squaw apache in gravidanza; gli viene però la malsana idea di chiedere per la povera donna un rimborso economico, un contributo di 200 dollari, ai rappresentanti della città, responsabili della sciagurata operazione di caccia all’uomo. I signorotti demandano la decisione al magnate locale: in fondo era stato Frank Tanner (John Cypher) ad accusare l’uomo innocente e quindi cominciasse lui a dare 100 dollari; nel qual caso, essi avrebbero versato la restante quota. Naturalmente Tanner non ci pensa proprio a sborsare soldi per un’indiana: in fondo il ‘negro’ l’ha ammazzato Valdez; e poi per Tanner, negri, indiani, messicani, sono tutta feccia che non ha alcuna importanza. Valdez però è insistente e Tanner finisce (in verità abbastanza presto) per perdere la pazienza: ordina quindi ai suoi sgherri di legare al vicesceriffo una pesante croce di legno sulla schiena, scacciandolo solo, a piedi, nel deserto. 

Praticamente condannato a morte, Valdez invece se la cava; narrativamente è salvato dal personaggio più ambiguo della vicenda, Davis (Richard Jordan). Questi era stato la causa della morte dell’uomo di colore innocente e, in generale, non è altri che un buono a nulla che ambisce ad entrare nelle grazie di Mister Tanner; ma, forse per debolezza, non se la sente di lasciar morire Valdez. Dopo averlo deriso, lo libera dal fardello della croce, permettendo al vicesceriffo, seppur tra mille difficoltà, di mettersi in salvo. Questo è il punto di svolta: il mite  Valdez si trasforma in un’autentica macchina da guerra, decima gli uomini (ironia della sorte, tutti messicani) di Tanner e gli rapisce la donna. Gay Erin (la bella e altera Susan Clark), la signora in questione, è un personaggio controverso, e finisce per stimare Valdez fino a confidargli un pesante segreto, che sancisce l’unione tra i due. 

Il duello finale tra Valdez e Tanner, vede quest’ultimo progressivamente spogliato della sua corte: la donna di schiera col rivale, Davis usa la propria debolezza (‘A beh, io non ho armi’) per restarne fuori e, a sorpresa, anche i superstiti tra gli uomini del prepotente boss, a partire da El Segundo (Barton Heyman), rimangono a guardare. Lasciato solo, Tanner cerca di scantonare ma ormai è spalle al muro; rimpiange allora di non aver ucciso Valdez quando ne aveva avuto la possibilità. Ma è un rimorso sterile; in realtà è un’altra la direzione in cui deve guardare. Ad esempio, El Segundo, gli fa notare che sarebbe bastato andare a Nogales, come era nei piani, e lasciar perdere il vicesceriffo; e lo stesso Valdez gli ricorda come, in fondo, sarebbe stato sufficiente pagare i 100 dollari per la donna. Insomma, duello sia: e, alla fine, forse anche il borioso Tanner capisce che è solo la sua ottusa condotta che lo ha posto davanti alla pallottola della pistola di Valdez. Di scappatoie, se non proprio possibilità di redenzione, la vita non ce ne offre poche; ma per alcuni comunque non abbastanza. 









Susan Clark






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