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venerdì 18 febbraio 2022

LA VALLE DELL'EDEN

974_LA VALLE DELL'EDEN (East of Even); Stati Uniti, 1955; regia di Elia Kazan.

James Dean, nel 1955, era già apparso non accreditato in una manciata di film, ad esempio è riconoscibilissimo ne Il capitalista (1952, regia di Douglas Sirk), ma è con il suo primo titolo ufficiale La valle dell’Eden ad entrare istantaneamente nella Storia del Cinema. Il ruolo nel film di Elia Kazan, Cal Trask, già rappresenta quello che sarà James Dean al cinema per sempre. Certo, la prematura scomparsa avrà nella sua mitizzazione un peso notevole ma il personaggio che l’attore seppe interpretare in modo mirabile, colse appieno le contraddizioni del suo tempo meglio di molti trattati sociologici. In La valle dell’Eden Dean è un giovane insofferente che, nell’America degli anni 50, fatica a rapportarsi con il padre e la società, una figura analoga a quella di Jim Stark, protagonista del successivo Gioventù bruciata di Nicholas Ray. La valle dell’Eden è tratto da un romanzo di John Steinbeck (East to Eden) ma, rispetto a quel testo, Kazan capisce che il personaggio esplosivo, nella storia, è quello di Cal e vi concentra il fuoco della sua macchina da presa. Per la parte del quale il regista di origine turca avrebbe voluto Marlon Brando ma infine la scelta cadde su Dean e si rivelò più che mai azzeccata. L’attore diede corpo ad un personaggio tribolato, controverso, difficile da approcciare per lo spettatore tradizionale, ma riuscendo ad incarnare perfettamente l’insofferenza giovanile di quel periodo dove le prime istanze giovanili andavano a cozzare contro le rigide regole di quel conformismo borghese tipico della società occidentale. Dean non era soltanto il classico bello e dannato: era un attore vero, aveva lavorato in teatro e studiato all’Actors Studio di New York e quando fu chiamato al suo primo ruolo da protagonista, si calò perfettamente nella parte e arrivò anche ad improvvisare alcune scene di grande effetto. Visto l’importanza di James Dean nella Storia del cinema, affrontare La valle dell’Eden è essenzialmente prendere in esame la figura del ribelle senza motivo impersonata dall’attore ma l’architettura della storia imbastita da Steinbeck, e ripresa da Kazan, è importante. Già il titolo, ma anche il fatto che i nomi della storia abbiano origine biblica (cosa sottolineata esplicitamente), ci dice che ci si riferisce a qualcosa sull’origine della nazione americana, un po’ come l’Eden perduto, insomma. Del resto il padre di Cal (diminutivo che sta per Caleb) si chiama Adam (Raymond Massey), ed è il patriarca di casa Trask, dove Aron (Richard Davalos) è il figlio maggiore. 

La madre sul momento non c’è e l’unica presenza femminile è Abra (Julie Harris), fidanzata di Aron, ma che nel corso della storia andrà inevitabilmente ad innamorarsi di Cal. Adam è un ricco industriale ma al contempo osserva rigorosamente i dettami della Bibbia; Aron ne è il figlio ligio alle consegne che soddisfa appieno le aspettative del padre. Cal appare invece in difficoltà: quello che il giovane non riesce a capire è la necessità di rispettare rigorosamente etica e morale: per lui sarebbe naturale sfruttare la speculazione agricola che l’imminente guerra prospetta così come appare logico sottrarre uno scivolo alla ferrovia per migliorare l’efficienza di carico di un carro dell’azienda paterna. Sono due passaggi in cui si evidenzia il disaccordo tra il padre Adam e il figlio e, a rigor di morale, il padre è pienamente nella ragione. 

Quello che manca, nella storia, è la figura materna: ma, contrariamente a quanto detto da Adam, sua moglie non è morta e Cal è persino riuscito a rintracciarla di nascosto. Kate (Jo Van Fleet, che vincerà un Oscar per questa sua interpretazione) gestisce un locale equivoco al di là delle montagne e si capisce presto come mai Adam abbia preferito cancellarla completamente dalla famiglia, dandola per morta. Il lavoro di Kate, che si avvicina a quello più antico del mondo, è la quintessenza dello spirito imprenditoriale americano, precisamente una delle sue due anime. Il problema è che l’altra è quella bigotta di Adam, ed è proprio l’inconciliabilità di queste due coordinate morali a creare lo scompenso nell’animo di Cal e dei giovani suoi contemporanei. Nel dopoguerra l’America era uscita allo scoperto, ponendosi come centro del mondo (e un titolo di un’opera come La valle dell’Eden non fa che rimarcarlo) ma questa ascesa, questa età dell’oro a stelle e strisce portava alla luce anche qualche scheletro nell’armadio. Non si poteva fare, a livello sociale, come Adam, che aveva spedito (volontariamente o meno) la moglie al di là delle montagne, per poter fingere di dimenticare la propria indole meno nobile. 

La capacità affaristica, ben sintetizzata dall’idee speculative di Cal e incarnata dalla professione della madre, era una delle anime americane, forse la più autentica, che il moralismo ferreo delle persone come Adam cercavano invano di negare. E’ questa profonda spaccatura che James Dean seppe cogliere, in La valle dell’Eden in modo anche più onesto rispetto a Gioventù bruciata (che si fa preferire per altri aspetti, per la verità). Cal non ha ragione, quando specula economicamente in un momento tanto delicato come quello dell’entrata in guerra del paese. Del resto, da persona inquieta, è rimasto impermeabile ai rigidi codici morali impartitegli dal padre, tanto che arriva a flirtare con la fidanzata del fratello senza farsi troppi scrupoli. Si dirà, in amore e in guerra niente regole ma vabbè, la fidanzata del fratello… No, dai, Cal è censurabile anche in questo ma, nonostante tutti questi inciampi, la sua figura si staglia comunque nella storia perché ci ricorda che più degli affari (che in effetti a lui non interessano, nello specifico), più della morale, quello che conta è l’amore e, prima ancora di quello per l’anima gemella, conta quello per la propria famiglia, incarnata, nel film, dalla figura paterna. Che per un film che interpreta prima, e forse più di ogni altro, la contestazione giovanile del tempo, è tanta roba.           




Jo Van Fleet


Julie Harris 

3 commenti:

  1. mi piace molto la definizione "ribelle senza motivo"...

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  2. "Rebel without a cause", ribelle senza un motivo è il titolo originale di Gioventù bruciata.

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