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giovedì 7 ottobre 2021

UNSERE EMDEN

904_UNSERE EMDEN ; Germania, 1926; Regia di Louis Ralph.

Otto anni, certamente vissuti in condizione non agevoli, non erano stati sufficienti al popolo germanico per elaborare il lutto conseguente alla Prima Guerra Mondiale. E non si trattava solo della sconfitta nel conflitto che, al morale, comunque bene non faceva: di ben peggio c’erano i quasi tre milioni di concretissimi morti tedeschi. La Repubblica di Weimar era in difficoltà non sapendo bene come gestire la cosa, avendo addosso gli occhi dei paesi vincitori che temevano che eventuali celebrazioni dei caduti durante la guerra potessero rinfocolare il proverbiale spirito nazionalista teutonico. Il cinema, che cominciava ad essere un utile strumento in chiave catartica per interpretare gli umori della popolazione, nel paese era soggetto ad una specifica censura per evitare di indispettire gli stati vincitori della guerra con produzioni che alimentassero nuove rivendicazioni nazionalistiche da parte tedesca. All’Emelka, uno studio cinematografico tedesco, ebbero l’intuizione giusta affidando a Luis Ralph, nella duplice veste di regista e attore principale (nel ruolo del capitano Karl von Müller), la realizzazione di un film sull’affondamento dell’incrociatore SMS Emden. Dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la nave si rese protagonista di una serie di imprese nell’Oceano Indiano fino al fatidico incontro con la HMSA Sidney. L’incrociatore australiano era più potente e meglio equipaggiato in fatto di armamenti di quello tedesco e questa superiorità agevolò il successo militare nell’operazione, ovviamente, ma, in ambito cinematografico, attenendoci quindi al film Unsere Emden, mise per una volta i tedeschi nel ruolo di sfavoriti di fronte al nemico più forte. 

Non era forse il sentimento tipico germanico, quello di interpretare il ruolo del debole ma, considerato che si era perso una guerra facendo fronte al mondo intero (se si pensa ai paesi che si schierarono con l’Intesa) la fine dell’Emden era esattamente quello che ci voleva. Inoltre, l’avversario di quello specifico scontro era australiano, e non uno dei classici nemici europei, e anche questo probabilmente influenzò il gradimento del pubblico. Anche grazie alle cavalleresche leggi vigenti sui mari che finirono per connotare il lungometraggio, e di cui la Emden era stata lodevole interprete nella sua carriera bellica, fu possibile quindi mettere in scena un’opera che celebrasse i caduti della Grande Guerra senza incappare nel rischio di propaganda. Per conferire all’opera un aspetto autentico, che allontanasse ulteriormente ogni possibile glorificazione faziosa della vicenda, l’Emelka ottenne l’appoggio della marina militare e ingaggiò, sia in sede di scrittura del soggetto che di interpreti dell’equipaggio, ex marinai ed ufficiali dell’incrociatore in questione. Naturalmente questo sforzo di voler mostrare il vero volto degli eventi finiva per attribuire alla pellicola l’aspetto di quelli che oggi sono comunemente definiti docudrama, sorta di via di mezzo tra documentari e racconti di pura finzione. 


Era per altro una consuetudine per i lungometraggi storico-bellici del tempo, quasi che il cinema cercasse di affermare la propria autorevolezza mostrandosi più interessato ai fatti che alle vicende private di pura fantasia rispetto a quanto avveniva nel romanzo storico dove, per esempio, queste servivano per mostrare quasi in controluce ciò che era lasciato sullo sfondo. Tuttavia più che considerare questi aspetti, gli autori di Unsere Emden avevano probabilmente altre due preoccupazioni su cui, siamo nel puro campo delle ipotesi, beninteso, si concentrarono. La prima era dare una risposta di segno opposto a La corazzata Potemkin di Sergej M. Ėjzenštejn che era uscita nelle sale tedesche nella primavera del 1926 suscitando l’entusiasmo della sinistra politica e dei pacifisti e preoccupando i conservatori del paese. 

Al di là delle questioni meramente politiche va detto che, accanto a questo indiscutibile moto rivoluzionario che percorreva la Germania, c’era anche chi, pur non volendo innescare un nuovo conflitto, voleva ribadire un certo senso di appartenenza alla patria che le conseguenze della guerra, e le sanzioni dell’Intesa inflitte al popolo tedesco, non potevano certo cancellare, anzi. Unsere Emden interpretava quindi proprio questo spirito, in una sorta di risposta al capolavoro cinematografico di Ėjzenštejn. E c’era anche un’altra questione che andava in qualche modo sistemata, e riguardava proprio la marina e il suo onore. L’ammutinamento di Kiel in chiusura della Grande Guerra era una macchia che gettava discredito su tutta quanta la marina tedesca e non faceva comunque né bene né piacere a nessuno, in Germania. La vicenda della Emden era quindi una sorta di antidoto che andava a cancellare, o almeno eclissare, l’episodio che aveva dato il là alla pugnalata alle spalle, ridonando una nuova reputazione alla marina militare del paese. Il film fu un clamoroso successo al botteghino e questa è la prova più concreta di quanto interpretasse in modo esemplare gli umori del popolo tedesco. E, seppur gli intenti degli autori si erano mossi tra tutti questi condizionamenti per evitare di creare un’opera di propaganda, il risultato fu addirittura superiore a quanto in un certo senso temuto: la nascita di un mito, la nostra Emden.  

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