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venerdì 12 novembre 2021

SGT. STUBBY: AN AMERICAN HERO

925_SGT. STUBBY: AN AMERICAN HERO Stati Uniti, 2018; Regia di Richard Lanni.

Se si pensa all’idea di un film di animazione, e quindi tradizionalmente rivolto ai più piccoli, che abbia come sfondo la Prima Guerra Mondiale, uno degli eventi più influenti della Storia contemporanea, non si può che condividere la scelta di Richard Lanni, regista di Sgt. Stubby: an american hero. Pare che guardando alcuni documentari trasmessi in occasione del centenario della Grande Guerra, Lanni si imbatté in questa assurda storia di un cane randagio, un American Bull Terrier o qualcosa del genere, che, dagli Stati Uniti, era finito addirittura al fronte in Europa. Lì si era distinto come bravo soldato a tal punto da meritarsi il grado di sergente sul campo di battaglia e, in seguito, anche la decorazione militare. Con queste premesse, adattando la vicenda al tenore adeguato di un film per ragazzi come abitualmente sono intesi quelli di animazione, poteva uscire qualcosa di veramente buono, si disse il nostro Lanni. Il botteghino segnerà, in realtà, un clamoroso flop, al punto che in alcuni paesi, Italia compresa, non ci si prenderà nemmeno la briga di distribuire il film. Peccato, certo, ma qualche responsabilità da parte degli autori per questo insuccesso è forse riscontrabile già ad una sommaria analisi. La strategia narrativa alla base era quella di inserire una serie di gradevoli personaggi più o meno di fantasia, fermo restando alcuni dettagli che rispettano con sufficiente rigore un tema serio come quello della Prima Guerra Mondiale, e quindi spingere forte sul pedale della naturale simpatia istantanea del cane protagonista per centrale appieno il bersaglio. 

Da un punto di vista tecnico la Computer Grafica asseconda in modo professionale le ambizioni del regista: il giovane soldato Conroy, i suoi commilitoni Schroeder e Olsen, il corpulento francese Gaston, sono valide spalle per la travolgente performance di Stubby, il protagonista della storia. L’animazione esalta la vivace vitalità del cane che si prende l’intera storia travolgendo con la sua simpatia chiunque gli capiti di fronte, sia nello schermo che fuori. Però, (purtroppo prima o poi c’è da arrivare al però) in fondo Sgt. Stubby: an american hero, per quanto si possa considerare un passatempo piacevole, lascia appunto qualche perplessità di troppo nello spettatore, e questo al di là dei riscontri al box office. 

Il film, come prevedibile essendo rivolto ad un pubblico di giovani, evita ogni deriva polemica contro la guerra, ed è una scelta anche comprensibile. Ma, il finale, con la sottolineatura dell’assurdità di combattere fino al preciso scadere dell’ora dell’armistizio, le undici dell’undici novembre (l’undicesimo mese dell’anno) è forse già un indizio che il tema sia un po’ troppo complesso per essere semplificato in una storia che non abbia connotati polemici. In fondo, combattere fino allo scadere era certamente una cosa poco logica ma forse non più di tanto rispetto al combattere quella guerra, specie per gli americani, in senso assoluto. Tuttavia questo passaggio sembra inserito per dare un po’ di pathos alla vicenda, visto che proprio in quell’ultimo assalto Olsen, uno dei protagonisti, perde la vita. La cosa è mostrata con discrezione, visto che del ragazzo non se ne trova più traccia e si desume della sua dipartita dal buco nel suo elmo ritrovato da Stubby: scelta fatta per non inserire scene troppo traumatizzanti che, in sé, si può anche dire ragionevole. Ma, volendo, è un’altra soluzione incoerente nel momento in cui si è deciso di ambientare il film durante il primo conflitto mondiale. Tuttavia il vero problema che mina la funzionalità di Sgt. Stubby: an american hero è che manca un cattivo di spessore: una storia semplificata, come è quella di Lanni rispetto alla realtà storica, necessita almeno di qualcuno (o qualcosa) che si prenda in carico la negatività, il Male, con cui i nostri personaggi facciano i conti. In ossequio alla patria e ai caduti della Grande Guerra, il racconto narra di come ‘fare il proprio dovere’ sia necessario; in sostanza, si accetta la guerra come facente parte del dovere di ciascuno. Poi però ci si lamenta se ci si chiede di farlo fino alla fine e già la cosa mostra quindi qualche debolezza, almeno in linea di principio. Che è comunque meno rilevante dell’altro aspetto poco convincente dell’opera. 

L’idea di stilizzare le scene di ricostruzione degli eventi bellici è ottima di suo e anche funzionale agli equilibrismi degli autori perché evita una raffigurazione troppo diretta del nemico, i crucchi, i bosch, insomma i tedeschi ma prima o poi questi finiscono per comparire anche nel racconto vero e proprio. Lo stratagemma narrativo di Lanni per risolvere questo suo problema, ovvero evitare di mostrare in volto i nemici, ha ragion d’essere all’inizio, durante gli attacchi col gas velenoso ma, successivamente, vedere sempre i tedeschi con la maschera antigas anche quando non necessario rivela semmai le difficoltà del lungometraggio. 

Si cerca, cioè, di raccontare un fatto storico complesso, con ragioni e torti da una parte e dall’altra e, per semplificare il discorso e renderlo più accessibile, si dividono invece gli schieramenti in buoni e cattivi. Poi, per evitare di offendere i tedeschi, si evita il più possibile di mostrarli inserendo, tra l’altro, un personaggio, Schroeder, convintamente yankee ma germanico di origine, forse per dimostrare, finendo su un terreno narrativamente assai scivoloso, come i tedeschi possano essere buoni una volta americanizzati. Qui si sfiora l’autogoal, perché la rivendicazione del ragazzo in questione di essere americano, di fatto rinnegando con vigore la propria origine tedesca, potrebbe offrire il fianco a strumentalizzazioni di parte. Vero è che la verve straripante di Stubby relega tutto quanto questo sullo sfondo e quello a cui assistiamo, in buona sostanza, è un campionario di espressioni e scorribande del simpatico cagnone. Ma questi aspetti è come se covassero dentro al racconto che, così sviluppato, non riesce a cogliere pienamente nel segno. Insomma, buone le intenzioni in origine ma la solita e diffusissima paura di offendere narrativamente qualcuno è, per assurdo, assai più castrante del consueto in un film come Sgt. Stubby: an american hero a cui manca, in definitiva, un cattivo che dia un po’ di nerbo alla storia.




3 commenti:

  1. Forse mostrare i tedeschi perennemente con le maschere antigas è un modo per renderli ancora più... asfissianti 😨
    ... Proprio in questi giorni sto leggendo "Il cinema delle meraviglie", un romanzo ambientato nella Germania dell'immediato dopoguerra, storia di registi e aspiranti attrici...

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  2. Secondo dopoguerra 🙂 l'autrice, Micaela Jary, è un'appassionata del cinema tedesco di quegli anni, suo padre lavorava nel settore...

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