307_LA CODA DELLO SCORPIONE. Italia, Spagna 1971; Regia di Sergio Martino.
Dei quattro thriller di Sergio Martino girati tra il 1971 e
il 1972, La coda dello scorpione è
l’unico che non ha protagonista Edwice Fenech: poco male, Ida Galli (alias
Evelyn Stewart), Janine Reynaud e soprattutto Anita Strindberg (che concede le
sue grazie alla macchina da presa con particolare generosità) non ce la fanno
rimpiangere. Ma in generale La coda dello
scorpione non è un film che lascia deluso lo spettatore: un giallo/thriller
alla Dario Argento della prima ora (L’uccello
dalle piume di cristallo e seguenti), con attori di buon livello (oltre
alle tre attrici, da segnalare George Hilton, Alberto De Mendoza e il bravo
Luigi Pistilli), ritmo e suspense. La storia è particolarmente complicata, un
intrigo alla cui base c’è una truffa assicurativa, e si fatica a capire chi sia
ad aver fatto esplodere addirittura un aereo pur di incassare la polizza vita
del signor Baumer. Sarà stata la moglie Lisa (la Galli ), che ora incassa la
somma di un milione di dollari? Del resto la donna aveva un amante, il quale è
anch’esso coinvolto nella vicenda. Ma potrebbe essere anche lo stesso Baumer,
che a sua volta aveva un’amante, Lara (la Reynard ), che visto il brutto ceffo che ora l’accompagna,
potrebbe essere, a sua volta, la colpevole. E la lista non si esaurisce qui, ma
tutti questi potenziali imputati vengono depennati in modo definitivo dal vero
assassino che, dopo l’abbattimento dell’aereo (figurativamente uno dei punti
deboli del film) si darà da fare costellando il lungometraggio di ammazzamenti,
sempre efferati ma in qualche caso un po’ scialbi nella resa scenica.
Poco
male, la macelleria a buon mercato era uno degli elementi più deboli del
thriller dell’epoca e, invecchiando, ha piuttosto preso un sapore naif che forse
è meno fastidioso di quanto non fosse al tempo l’aspetto posticcio. Il film ha
una delle qualità nell’intreccio giallo, piuttosto complesso, è vero, ma anche
sorprendentemente coerente rispetto alla consuetudine italiana e comunque senza
i tipici svarioni nella sceneggiatura che troppo spesso caratterizzano il
nostro cinema di genere, sempre
proteso maggiormente verso la spettacolarità delle scene d’impatto.
Invece La coda dello scorpione ha una trama
gialla che tutto sommato regge, e la
consapevolezza del regista è evidente quando il commissario Stavros (Pisticchi)
fa il punto con Stanley dell’Interpol (De Mendoza), verificano la logicità dei
passaggi narrativi. Da questo punto di vista il film di Martino è quindi un solido
esempio di cinema, e anche i passaggi che sembrano più gratuiti, come le scene
erotico/romantiche tra la giornalista Cleo (la Stringberg ) e l’inviato
della compagnia di assicurazioni Peter Lynch (Hilton), hanno una loro funzione
che viene man mano a galla. Certo, la Stringberg mezza nuda fa sempre la sua scena
sullo schermo, ma in questo caso Martino unisce l’utile al dilettevole,
permettendo di approfondire la trama sul personaggio chiave proprio grazie a
questi momenti erotici apparentemente passaggi
obbligati del genere.
Dal punto di vista figurativo, il film presenta alcune scene
dal gusto particolare e peculiari del giallo all’italiana, con zoomate decise,
panoramiche a schiaffo, cambi di messa a fuoco repentina su un oggetto della
scena; la mano del regista è ben visibile, ma fa parte del gioco. Un paio di sequenze
rimangono nella mente, una scena concitata in cui è usato in modo efficace il rallenty e l’interrogatorio di Lynch,
con il ribaltamento dei personaggi che vuole forse lasciar presagire che non
sono tutti dalla stessa parte. In
definitiva un buon esempio del florido filone del giallo/thriller che nei primi anni 70, terrorizzò lo stivale.
Senza dimenticare la presenza di Anita Strindberg.
Ida Galli
Janine Reynaud
Anita Strindberg
Grande gio
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