350_LA FINESTRA SUL CORTILE (Rear Window). Stati Uniti, 1954. Regia di Alfred Hitchcock.
La finestra sul
cortile è un distillato del Cinema di Alfred Hitchcock: la sua capacità
espressiva è infatti in quest’opera mostrata al meglio. Quella che forse è la sua
miglior dote, la sublime capacità di sintesi, permette al regista inglese di
orchestrare una storia avvincente con pochissimi mezzi. Sebbene l’intera
scenografia sia il cortile di un palazzo, con le finestre degli appartamenti
che si aprono alla Macchina da Presa, la prospettiva è limitata per quasi tutto
il film ad un unico punto di vista, quello del protagonista, James Stewart. Il
quale, nella finzione, è un fotografo d’assalto immobilizzato da una gamba
ingessata; e già questa è una metafora del film: colui che in genere può
scorazzare per il mondo per produrre immagini, è costretto nel suo alloggio.
Allo stesso modo Hitch, che volendo potrebbe scegliere qualunque location,
decide di girare un film praticamente dalla finestra sul cortile di un
appartamento. Sul cortile ovvero sul retro; il titolo originale Rear Window, è forse più indicativo: si
tratta di uno sguardo all’indietro, forse intendendo una riflessione verso se
stessi, come se Hitchcock volesse fare il punto sul proprio cinema. E in
effetti le confessioni non mancano: il protagonista ammette le proprie
difficoltà nella vita, i problemi con la fidanzata, ma soprattutto ammette il
suo lato voyeuristico, che sicuramente è un tratto distintivo del cinema di
Hitchcock ma anche del cinema in generale. Il riferimento alla fidanzata del
reporter non è però da sottovalutare: si tratta infatti di Grace Kelly, una
bionda apparentemente dall’aspetto impeccabile e perfetto ma che, ad uno
sguardo dietro l’apparenza, si rivela assai più turbolenta.
I doppi sensi nei
dialoghi sono palesi, in effetti, ma si tratta di schermaglie dialettiche: lo
spirito tutt’altro che glaciale la ragazza lo tirerà fuori quando passerà
all’azione, lasciando il reporter in retroguardia. La divina Kelly è, in effetti,
la vera personificazione del cinema di Hitchcock: sotto l’aspetto formale
impeccabile, si muove (ma soprattutto fa muovere), un tourbillon di emozioni.
L’attrice si rivela questa volta, forse più che mai, all’altezza del difficile
compito: una interpretazione limitata, ma efficace al massimo. Anche Jimmy Stewart
fa naturalmente la sua parte, come era del resto lecito attendersi. Non è però
una prova d’attori, o comunque di grande espressività recitativa, che ci si
deve attendere da un film di Hitchcock, questo va tenuto presente; gli attori
però sono importanti perché devono rendere credibile il gioco che il regista
imbastisce con lo spettatore, e non è cosa così scontata. Il piano principale, o comunque uno dei più interessanti di questo La finestra sul cortile, è proprio la sintesi comunicativa che Hitchocock mette sapientemente in mostra.
Ci sono moltissimi passaggi che
valgono da soli un intero film, come ad esempio la panoramica iniziale, nella
casa del reporter, dove mostrando unicamente le immagini dei postumi (la gamba
rotta, la fotocamera sfasciata), dei ferri del mestiere (la fotocamera,
appunto) e di alcune foto di un incidente in una corsa automobilistica, viene
introdotto il pretesto narrativo dell’uomo obbligato in casa e del suo spiccato
lato voyeuristico. Il tutto semplicemente con una panoramica della MdP, senza dialoghi. Un altro passaggio
di alta scuola è quando Jeff, così si chiama il fotoreporter, si appisola
proprio quando nell’appartamento di fronte, dove il comportamento sospetto di
un uomo lo ha incuriosito, escono appunto l’uomo e una donna.
Al risveglio,
notata l’assenza della donna, il nostro comincerà con le congetture, mentre lo
spettatore è portato a pensare che la donna sia semplicemente partita per un
viaggio quando è uscita col marito; almeno fino alla fulminante allusione di
Lisa (Grace Kelly). L’intuizione della ragazza, che ipotizza che la donna vista
non sia la moglie, è fondamentale, ma la preparazione è tutta nelle immagini
mostrate, senza pesanti spiegazioni. La capacità di sviluppare intrecci
narrativi senza l’uso di pedanti discorsi trova però il suo culmine nella scena
forse più bella dell’intero film: Lisa si trova nell’appartamento del tipo
sospetto, è stata appena momentaneamente salvata dalla polizia, alla quale però
non consegna la fede nuziale della donna che si presume sia stata uccisa, ma se
la mette al dito e la mostra a Jeff, che è ancora nel suo appartamento, dalla
parte opposta del cortile.
Con quel semplice gesto, la ragazza muove la trama
in tre direzioni: certifica la fondatezza dei sospetti sul losco vicino di casa
(una moglie non si toglie mai la fede per un viaggio), si mostra come donna
sposata e ribadisce quindi la sua proposta di matrimonio, e mette però in
guardia il presunto assassino che si accorge così di essere stato spiato e
scoperto. Ci sono altri aspetti importanti nel film, come le riflessioni
sull’amore, tema dominante di tutte le finestre spiate da Jeff, ma anche su
aspetti più tecnici e propri del cinema:
illuminante è il modo in cui è mostrato come un’immagine cambi significato
semplicemente in base al montaggio della pellicola.
Jeff sta discutendo al
telefono, all’inizio del film, e in base al dialogo assume espressioni
differenti; ma bisogna considerare che il montaggio del suo primo piano è alternato con scene viste sul
cortile: a cosa sorride quindi, l’uomo? Alle parole dell’amico al telefono o ai
pensieri per la ballerina in abiti succinti che sta guardando dall’altro lato
del cortile?
Un altro aspetto molto interessante è l’uso della
prospettiva, che per tutto il film è tenuta fissa dall’appartamento di Jeff sul
cortile ma, quando vi è la morte del cagnolino, che viene presa dalla sua
padrona in modo assai tragico, cambia. Il punto di vista prende posizione al
centro del cortile, e sarà l’unica eccezione alla visuale dalla camera di Jeff,
come a sottolinearne la drammaticità del momento: la Macchina da Presa scandaglia il caseggiato in
diverse angolazioni, quasi a ricercare l’autore dell’orribile misfatto.
L’attenzione di tutti i condomini è destata dalle invettive della donna, tutte
le finestre sono accese; eccetto una, quella del presunto assassino e, nel
buio, si vede brillare il bagliore di una sigaretta.
E’ un Hitchcock (e
dei migliori) e quindi non sorprende se non ci sia nessun mistero su cui sia il
colpevole. Ma questo non tranquillizza nessuno; nemmeno i cagnolini.
Grace Kelly
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