343_REVENANT - REDIVIVO (The Revenant). Stati Uniti 2016. Regia di Alejandro González Iñárritu
Ovvero, il tentativo estremo di Leonardo DiCaprio di vincere
l’Oscar. Perché il buon Leo, l’Oscar lo insegue con la stessa cocciutaggine e
la stessa forza di Hugh Glass, il protagonista del film in questione; insomma,
fatte le debite proporzioni. In ogni caso, la pellicola pare fatta apposta per far
vincere finalmente l’ambita statuetta a DiCaprio; il protagonista è costretto a
lottare contro un orsa, farsi seppellire, dormire dentro un cavallo morto e
sventrato, nuotare tra le rapide, e altre amenità simili, il tutto in un
ambiente climaticamente più che ostile. La cosa più sorprendente, in questo
film, è l’uso della luce naturale e delle altrettanto naturali location, con
temperature da assideramento per l’intera troupe. Più che un film, quello del regista Alejandro González
Iñárritu sembra un prova; e sembra una prova di forza, più che di bravura. Della regia, che dire: il regista messicano vuole mostrarci
quanto è capace di controllare le riprese anche in situazioni impossibili e,
per superarsi, addirittura si inventa riprese tecnicamente mirabolanti. Poi ci
aggiunge anche qualche tocco poetico, per dare un po’ di respiro alla vicenda. Ma tutto il suo sforzo virtuosistico finisce per avere anche
un rovescio della medaglia: la sua opera, infatti, più che avere valore in sé,
(non che sia un brutto film, sia chiaro), è meritevole perché permette a
DiCaprio di tuffarsi anima e corpo (più corpo che anima, anzi, si potrebbe dire
solo corpo) in un’interpretazione totalizzante, spogliandosi della sua
recitazione classica per rinascere (più volte) con un repertorio espressivo di
brutale efficacia. Ci sono film in cui Leonardo ha recitato meglio: ma in
questo Revenant - Redivivo, Leo mette l’Academy spalle al muro.
Lo sforzo
dell’attore di origini italiane è quasi sovraumano, provate a non premiarlo,
stavolta. Perché, volendo, come capacità espressiva della recitazione, è stato
più interessante il John Fitzgerald reso in modo convincente dal bravissimo Tom
Hardy. Ma al di là delle interpretazioni, delle prove di
recitazione o anche delle perizie tecniche della regia o della fotografia, (ben
tre gli Oscar: oltre a DiCaprio, premiate la regia di Iñárritu e la fotografia
Emanuel Lubezki) il film si perde un po’ nel continuo girovagare dei
protagonisti. Il regista messicano è bravo, e riesce a incartare per bene il
suo racconto, ma alla lunga, il rischio è che anche allo spettatore venga
voglia di fare come Glass con Fitzy nel finale, lasciando andare il film nella
corrente. Consapevole che non farà troppa strada.
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