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lunedì 8 ottobre 2018

MISSION

220_MISSION (The Mission). Regno Unito 1986;  Regia di Roland Joffé.

Un fuoriclasse come Robert De Niro; un grande attore, all’epoca in rampa di lancio, come Jeremy Irons; un altro solo un po’ più indietro nella scalata al successo, ovvero Liam Neeson; poi un tema interessante, la questione indios, simile ma certamente meno esplorata di quella dei pellerossa del nord America. Aggiungiamo la fotografia di Chris Menges che ben rappresenta uno degli angoli più belli del pianeta anche se, per la verità, la meraviglia delle cascate dell’Iguazù rimane solo sullo sfondo e non si coglie appieno; il tocco finale è la colonna sonora di Ennio Morricone che, con alcuni momenti di grande suggestione, ovvero il celeberrimo Gabriel’s Oboe, commuove ed emoziona. Come si vede, gli ingredienti per un filmone ci sono tutti e, se il nostro approccio sarà sufficientemente predisposto a livello di partecipazione emotiva e di voglia di indignarsi per una causa persa ormai da qualche centinaio d’anni, allora siamo a posto, Mission di Roland Joffé è il film che fa per noi. Certo, negli anni 80 gli indios stavano ancora lottando e, in ogni caso, ribadire le ragioni di popolazioni che vennero sterminate e depredate in nome della fede, del progresso, della civiltà, ovvero di tutti quei valori di cui tra l’altro ci professiamo eredi, non fa mai male, d’accordo. Però l’operazione di Joffé ha il sapore un po’ liofilizzato, come un preparato chimico che rispetti gli ingredienti a cui manchi poi l’anima, la vita, lo spirito. E dire che una delle battute migliori è quella che definisce gli indios Guaranì puro spirito: perlomeno questa è l’idea che in genere dànno queste popolazioni, sfuggenti e al contempo spontanei.

Ma nel film di Joffé sembrano fin troppo ammaestrati: diligenti nel lavoro manuale come abili artigiani, bravissimi nel canto ecclesiastico, insomma, eccessivamente domestici, quasi remissivi nell’accettare una cultura straniera imposta a loro con la forza. Perché i gesuiti, per gli indios, rappresentarono l’unica àncora di salvezza dal brutale sterminio e quindi è dura far passare la conversione come un puro atto di fede. In ogni caso,  può anche essere che storicamente questi indios mostrarono questa attitudine mite e bendisposta all’ubbidienza ma, perlomeno rimanendo sul piano del racconto filmico, non ci fanno una gran figura; la battaglia ideologica è tutta tra Padre Gabriel (Irons) che non vuole combattere, e Rodrigo (De Niro) che vuole invece difendere gli indios anche tornando ad imbracciare le armi. Per gli indios rimangono solo i ritagli di storia, brandelli di racconto nel quale provare a ritagliarsi un po’ di spazio, ad esempio quando il capo del villaggio si paragona, giustamente, al re del Portogallo. Ma è poca roba: gli indios vanno conservati e protetti, poverini; certo, è un discorso ammirevole, negli intenti, ma negli anni 80 era già forse lecito far sentire direttamente la loro voce.
Certo, sarebbe stato un altro film: un film sugli indios.   






   

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