229_TEODORA, IMPERATRICE DI BISANZIO . Italia, Francia 1954; Regia di Riccardo Freda.
Il poliedrico Riccardo Freda imbastisce una storia fortemente romanzata e vagamente ispirata alla figura di Teodora, l’imperatrice di Bisanzio, nel suo film interpretata dalla superba Gianna Maria Canale. E proprio l’avvenenza della donna, memorabile lo sguardo magnetico dei suoi occhi, è uno degli aspetti più interessanti del film, che per altro può vantare scenografie sontuose e ambientazioni di grande respiro visivo dove Freda può ambientare con agio il suo melodramma storico. Non mancano le scene d’azione: la corsa con le quadrighe o la battaglia della rivolta, sempre con protagoniste le fazioni dei verdi e degli azzurri, ovvero, nel film, miserabili contro patrizi; il che è in totale discontinuità con la realtà storica ma come un po’ tutto quanto il lungometraggio. La vicenda raccontata da Freda verte sulla storia d’amore appassionata tra Teodora e Giustiniano (Georges Marchal): lei una ragazza del popolo, domatrice di belve feroci e di uomini; lui un imperatore tormentato dal dubbio che, seppur soggiogato dal fascino della donna, cambierà troppo spesso opinione su di lei nel corso del film. D’altronde le aperture concesse al popolo da Giustiniano sotto l’influenza di Teodora non possono certo far piacere a Giovanni di Cappadocia, leader degli aristocratici, il cui tramare sfocerà nella rivolta di cui si accennava.
Molto belle ed efficaci le scene finali, nelle quali Giustiniano, convinto dai nobili insorti, condanna Teodora alla morte per mano del mostruoso boia, reso cieco in precedenza proprio per aver permesso alla stessa ragazza la fuga dalla prigione.
Le coreografie di Teodora in fuga dal suo carnefice e circondata dai
soldati, ricordano un macabro balletto e si integrano perfettamente con i maestosi
scenari dei palazzi di una Bisanzio ricostruita fuori Roma, nel palazzo
dell’EUR. L’arrivano i nostri (leggi:
Belisario con le sue truppe) risolve la questione e ci consegna un lieto fine
già prevedibile anche dal fatto che tutto il film è in sostanza un lungo
flashback ben a ritroso nel tempo. All’inizio, però, Freda ci presenta il solo
Giustiniano, e il racconto potrebbe quindi essere l’epitaffio per
l’imperatrice: poi, nel finale, la
Canale fa la sua comparsa, coi capelli incipriati per
invecchiarla, in modo per la verità poco credibile.
Ma è sempre lo sguardo più bello di Cinecittà.
Irene Papas
Gianna Maria Canale
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