Translate

mercoledì 1 agosto 2018

IL POLIZIOTTO DELLA BRIGATA CRIMINALE

186_IL POLIZIOTTO DELLA BRIGATA CRIMINALE (Peur sur la Ville). Francia, 1975;  Regia di Henri Verneuil.

Dici poliziesco francese e pensi subito al polar, la declinazione più nota che il genere ha manifestato in terra d’oltralpe. E con risultati notevoli, senza dubbio. Ma, chissà, forse nel 1975 il polar era già morto da due anni, insieme al maestro Jean-Pierre Melville, o forse no, fatto sta che Il poliziotto della Brigata Criminale davvero lo ricorda poco. E’ un poliziesco, è ambientato a Parigi, c’è Jean Paul Belmondo (nel panni del commissario Letellier), ma quello di Henri Verneuil sembra quasi una versione francese del nostrano poliziottesco; di qualità, s’intende. Del resto i riferimenti italiani sono più d’uno: dalla colonna sonora di Ennio Morricone, al cameo iniziale di Lea Massari, alla figura del Minosse preso dalla Divina Commedia di Dante che ispira il cattivo principale (Adalberto Maria Merli, attore guarda caso italiano), e, volendo guardare, anche il cattivo della trama secondaria ha un nome italiano (Marcucci) ed è interpretato da un attore italiano (Giovanni Cianfriglia). Per chiudere coi riferimenti al nostro cinema, alcune scene sembrano poi richiamare il filone del brivido italico, il giallo thriller lanciato nel nostro paese da Dario Argento. Detto di questo apparentamento dichiarato, va però chiarito che Il poliziotto della Brigata Criminale è un film solido, un film d’azione che poggia moltissimo sulle spalle di Bebel, che si avventura in una serie di scene acrobatiche (corre e salta sui tetti, sui cornicioni, sulle grondaie) sempre senza controfigura e di questo aspetto muscolare il regista Verneuil ne ricava anche il punto cruciale della pellicola.


In effetti il commissario Letellier dice esplicitamente di non essere interessato al caso di Minosse, uno psicopatico che uccide le donne che, almeno secondo la sua morale, conducono una vita indegna. Addirittura, durante un inseguimento, lascia andare il criminale per la sua strada preferendo occuparsi di chiudere i conti con un malavitoso (Marcucci) pratico e concreto quanto lui. I drammi infantili, i turbamenti della psiche che sono indicati alla base del comportamento di Minosse, non interessano ne Letellier e neppure Vernuil, e probabilmente neppure Belmondo, sebbene nel film Bebel sia solo un attore.
Insomma, un film muscolare che rivendica il suo spazio e, un po’ come Belmondo senza controfigura, frutto di un'interpretazione del cinema diretta ed esplicita.
Non un capolavoro, ma un opera coerente quello si.






Lea Massari




Nessun commento:

Posta un commento