188_GLI ORRORI DEL LICEO FEMMINILE (La residencia). Spagna 1969; Regia di Narciso Ibanez Serrador.
Al tempo, l’idea di distribuire in Italia il film La residencia con il titolo Gli orrori del liceo femminile, dovette
sembra buona, perlomeno valida nell’ottica di stuzzicare la pruderie degli italiani (siamo alla fine
degli anni ‘60). E sarà stato anche così, ma oggi, quel titolo rischia invece di
penalizzarlo, facendolo intendere come un’opera che avrebbe ormai perso il suo
scopo: per stuzzicare gli appetiti sessuali odierni occorre ben altro che i
filmetti piccanti di 50 anni fa. Ma si tratterebbe di un equivoco; e in effetti, Gli orrori del liceo femminile, volendo
guardare, già proprio nel titolo italiano porta con sé la vera natura
dell’opera: si tratta di un film dell’orrore, non dei più terrorizzanti, d’accordo,
ma certamente ancora di una certa efficacia. Gli orrori del liceo femminile è un film di ottima atmosfera, che
certamente sfrutta il fatto dell’ambientazione in un collegio (non un liceo)
femminile del 1800 per creare una certa attesa per l’elemento piccante, che
rimane però sempre sospeso, mai concretizzato in modo esplicito. Emblematica in
questo senso la scena del rapporto tra l’uomo della legna e la fortunata
ragazza che può andare a trovarlo: l’audio è quello dell’amplesso ma le
immagini sono strette sui volti delle altre ragazze assorte nell'immaginare
quello che sta accadendo nella legnaia. Questo modo suggerito di raccontare è poi ben incarnato dalla presenza scenica
di Lilli Palmer che interpreta la direttrice del collegio, Madame Forneau. Alla
Palmer basta già il portamento per evocare pruriti sadomaso, cosa che è intuibile negli intenti del regista Narciso Ibanez Serrador, che su questo piano si spinge
anche più in là con le scene delle punizioni corporali delle frustate rifilate
alla ragazza indisciplinata.
Niente di particolarmente morboso, a vederlo oggi,
ma questo certamente è un ingrediente sfruttato dal regista per creare quella
tensione tra le varie pulsioni (perlopiù sessuali, trattandosi di giovanissime
ragazze) e la repressione imposta dalla direttrice del collegio. Le scene degli
omicidi irrompono in modo imprevedibile, e sono molto dilatate nel tempo:
sarebbe da capire se si tratta di una precisa scelta registica o possa centrare
la censura franchista, che avrebbe
anche potuto leggere, nella messa in scena di Ibanez Serrador, una metafora
della dittatura del Generalìsimo,
come spesso si è letto in merito. In ogni caso, sebbene in qualche punto sembra
quasi che il regista perda uno dei fili della trama, poi questo dubbio viene smentito
e il disegno complessivo si rivela ben orchestrato e particolarmente puntuale.
Così come la morale
della favola. Il male, non arriva
dall’esterno; in questo senso è inutile la struttura chiusa su se stessa del collegio. E non arriva nemmeno dalle
situazioni difficili: le ragazze sono tutte giovani problematiche ma, perfino quella
che bullizza le compagne (Mary Maude),
nel momento decisivo rivela un’indole positiva.
Al contrario, il male
sgorga proprio da un eccesso di protezione e di cautela, oltre che da una
malata concezione di purezza e di innocenza.
Che dire: un monito valido ancora oggi che la Spagna di Franco è ormai un ricordo.
Cristina Galbò
Mary Maude
Lilli Palmer
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