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domenica 5 agosto 2018

GLI ORRORI DEL LICEO FEMMINILE

188_GLI ORRORI DEL LICEO FEMMINILE (La residencia). Spagna 1969;  Regia di Narciso Ibanez Serrador.

Al tempo, l’idea di distribuire in Italia il film La residencia con il titolo Gli orrori del liceo femminile, dovette sembra buona, perlomeno valida nell’ottica di stuzzicare la pruderie degli italiani (siamo alla fine degli anni ‘60). E sarà stato anche così, ma oggi, quel titolo rischia invece di penalizzarlo, facendolo intendere come un’opera che avrebbe ormai perso il suo scopo: per stuzzicare gli appetiti sessuali odierni occorre ben altro che i filmetti piccanti di 50 anni fa. Ma si tratterebbe di un equivoco; e in effetti, Gli orrori del liceo femminile, volendo guardare, già proprio nel titolo italiano porta con sé la vera natura dell’opera: si tratta di un film dell’orrore, non dei più terrorizzanti, d’accordo, ma certamente ancora di una certa efficacia. Gli orrori del liceo femminile è un film di ottima atmosfera, che certamente sfrutta il fatto dell’ambientazione in un collegio (non un liceo) femminile del 1800 per creare una certa attesa per l’elemento piccante, che rimane però sempre sospeso, mai concretizzato in modo esplicito. Emblematica in questo senso la scena del rapporto tra l’uomo della legna e la fortunata ragazza che può andare a trovarlo: l’audio è quello dell’amplesso ma le immagini sono strette sui volti delle altre ragazze assorte nell'immaginare quello che sta accadendo nella legnaia. Questo modo suggerito di raccontare è poi ben incarnato dalla presenza scenica di Lilli Palmer che interpreta la direttrice del collegio, Madame Forneau. Alla Palmer basta già il portamento per evocare pruriti sadomaso, cosa che è intuibile negli intenti del regista Narciso Ibanez Serrador, che su questo piano si spinge anche più in là con le scene delle punizioni corporali delle frustate rifilate alla ragazza indisciplinata. 

Niente di particolarmente morboso, a vederlo oggi, ma questo certamente è un ingrediente sfruttato dal regista per creare quella tensione tra le varie pulsioni (perlopiù sessuali, trattandosi di giovanissime ragazze) e la repressione imposta dalla direttrice del collegio. Le scene degli omicidi irrompono in modo imprevedibile, e sono molto dilatate nel tempo: sarebbe da capire se si tratta di una precisa scelta registica o possa centrare la censura franchista, che avrebbe anche potuto leggere, nella messa in scena di Ibanez Serrador, una metafora della dittatura del Generalìsimo, come spesso si è letto in merito. In ogni caso, sebbene in qualche punto sembra quasi che il regista perda uno dei fili della trama, poi questo dubbio viene smentito e il disegno complessivo si rivela ben orchestrato e particolarmente puntuale.

Così come la morale della favola. Il male, non arriva dall’esterno; in questo senso è inutile la struttura chiusa su se stessa del collegio. E non arriva nemmeno dalle situazioni difficili: le ragazze sono tutte giovani problematiche ma, perfino quella che bullizza le compagne (Mary Maude), nel momento decisivo rivela un’indole positiva.
Al contrario, il male sgorga proprio da un eccesso di protezione e di cautela, oltre che da una malata concezione di purezza e di innocenza.
Che dire: un monito valido ancora oggi che la Spagna di Franco è ormai un ricordo. 


Cristina Galbò


Mary Maude





Lilli Palmer







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