1331_FURIA NEL DESERTO (Desert Fury). Stati Uniti, 1947; Regia di Lewis Allen.
Considerato il successo e la riuscita del suo lungometraggio d’esordio, La casa sulla scogliera (1944) era lecito attendersi una grande carriera per il regista Lewis Allen. Al contrario, il cineasta inglese faticherà a ripetere l’exploit iniziale e Furia nel deserto può essere preso a testimonianza di questa sua incapacità di far di nuovo quadrare i cerchi. Perché il produttore Hall B. Wallis aveva fatto un gran lavoro per allestire i preparativi per il film: il soggetto era forse trascurabile, ma portava in dote alcuni spunti particolarmente bollenti, e alla sceneggiatura si era messo anche Robert Rossen, autore non certo prolifico ma abbastanza tosto. Delle musiche si sarebbe occupato Miklòs Ròzsa, mentre alla fotografia avrebbe collaborato Charles Lang. Una fotografia in technicolor che, per la storia prevista, una sorta di noir ambientato nel far west nei tardi anni Quaranta, rappresentava una possibilità in più di non secondaria importanza. Proprio in relazione alle opportunità offerte dal colore, la costumista Edith Head fa un eccellente lavoro presentando una serie di abiti per le star femminili della pellicola, di notevole impatto scenico. Ed eccoci arrivati quindi al cast: stando ai titoli di testa, il nome più in altro è quello di John Hodiak nel ruolo del giocatore d’azzardo di bell’aspetto Eddie Bendix, ma Lizabeth Scott in quello di Paula Haller gli ruba la scena praticamente sempre. Il terzo ad occupare il primo pannello dei credits con gli attori è Burt Lancaster, che è il vice sceriffo Tom Hanson.
Mancano ancora almeno un paio di interpreti di cruciale importanza eppure già dalla gestione di questi primi tre si possono comprendere le difficoltà del film che, pur essendo un valido prodotto, non riesce a cogliere tutte le proprie potenzialità. Innanzitutto Hodiak è un buon attore ma non ha la stoffa per reggere le ambizioni del film; certo, la trama va poi esattamente in questo senso, ma presentare un protagonista che poi si rivela essere sostanzialmente un burattino nelle mani di altri non è esattamente funzionale. Vero è che l’attenzione della regia è puntata su Lizabeth Scott che forse avrebbe dovuto far fare il salto di qualità alla pellicola e farlo una buona volta anche lei, passando da eterna promessa a diva come la presenza scenica e l’ambizione richiedevano. Purtroppo la Scott, algida e bellissima, non aveva forse abbastanza talento e il modo in cui interpreta l’insofferente figlia dell’opprimente Fritzi, tenutaria della casa da gioco locale, davanti alla quale finisce sempre per cedere, è una delle note dolenti della storia. La madre padrona in questione è interpretata da Mary Astor che sciorina una prestazione superlativa ma troppo marginale per essere davvero funzionale. Il suo personaggio avrebbe avuto bisogno di qualcuno che lo contrastasse in modo più convincente, ma Paula è solo una ragazza viziata che fa i capricci salvo poi tornare sempre – prima o poi – sulla retta via. Per tornare agli attori principali, Burt Lancaster – solo al terzo film in carriera, d’accordo, ma i primi due erano I Gangster (1946, regia di Robert Siodmak) e Forza bruta (1947, di Jules Dassin) – che fa il vicesceriffo innamorato di una insipida pollastrella capricciosa proprio non si può vedere. Detto questo, la storia è ben confezionata, gli interpreti sanno comunque il fatto loro, nel film non manca niente dal punto di vista tecnico e quindi una valida funzionalità è comunque garantita. Ma lontana dalle potenzialità che si possono intuire. Ad esempio, manca ancora da citare il personaggio più importante, il Johnny Ryan interpretato dall’esordiente Wendell Corey: Johnny sembra il tipico tirapiedi del prepotente di turno, in questo caso Bendix, il personaggio di Hodiak.
Il che potrebbe sembrare oggi perfettamente plausibile, essendo Corey al suo primo film ed essendo la spalla il suo tipico ruolo. In realtà l’attore americano era capace di un’ambiguità che raramente fu sfruttata a dovere sullo schermo, e si prenda L’assassino è perduto (1956, di Budd Boetticher) per farsene un’idea. Corey non si prendeva mai la ribalta, e per questo passerà alla storia come ottimo comprimario, ma poteva anche essere un personaggio subdolo, sottile e pericolosissimo proprio per questa sua doppiezza. In Furia nel deserto, per la verità, ha già una parte che è perfettamente calzante a questa sua natura ma, in questo caso, fu il codice di censura a tarpare le ali al suo personaggio e forse anche al film. Rimane il dubbio che un regista con maggior manico di Allen potesse aggirare i divieti censori in modo migliore, ma è evidente che una relazione omossessuale tra i due cattivi della storia, Bendix e Johnny, non è che poteva essere sviluppata con la necessaria libertà. In ogni caso, se Hodiak regge bene la parte del nevrotico individuo viziato – e tocca il vertice nell’inaspettata scena del caffè bollente versato a tradimento sul collo dell’avventore del bar – per poi sparire quando la verità viene a galla, la credibilità del loro insano rapporto è gestita interamente con bravura da Corey. Oltre a questo, c’era anche tutta la vicenda dal passato che ossessivamente riaffiorava, intasando la trama di rimandi e ricorsi.
Bendix e Fritzi avevano avuto qualche trascorso in comune, il che era prevedibile vista la comune passione per il gioco d’azzardo; poi Bendix era rimasto coinvolto nella morte della giovane moglie, ma prove di colpevolezza a suo carico non ne erano emerse. Sparito l’uomo di scena, erano comparsi Paula e Tom che flirtavano tra loro; ma poi Bendix era ricomparso sulla scena, accompagnato da Johnny. Tra Bendix e Paula era scoppiata la scintilla: lui era il classico bel tenebroso, anche un po’ mascalzone, il che non guastava. Lei era la copia sputata della moglie di Bendix e questo è il classico ingrediente di troppo che finisce per ingolfare la storia. La vicenda non sfocia mai nel melodramma – il che visto i colori del deserto dell’Arizona sarebbe stato forse l’ideale – perché ad Allen sembra mancare qualcosa in questo senso e poi perché, il classico triangolo Tom-Paula-Bendix è scardinato da quello costituito da Paula-Bendix-Johnny dove il personaggio dalla passione più forte e dominante è quello di Corey. In effetti il finale rivela che il rapporto Bendix/Johnny non è affatto quello mostrato nella maggior parte del film, ma è Johnny ad avere la supremazia completa sul partner. Ma questi elementi, nel 1947, non potevano essere trattati apertamente, sebbene in controluce finiscano per emergere inevitabilmente. Tuttavia la regia di Allen non sembra assecondare in modo consapevole questa emersione quanto subirla, e finisce per mancare di offrire un supporto che la valorizzi adeguatamente. La storia è, in sostanza, troppo ricca di ingredienti saporiti e, per cucinarli a dovere, la produzione aveva allestito una troupe di notevole livello: duole dirlo, ma il cuoco Lewis Allen, al netto delle attenuanti citate, non sembra essere stato all’altezza dell’improbo compito.
Lizabeth Scott
Mary Astor
Galleria di manifesti
Vai a capire qual è la ricetta del successo! 🤔 probabilmente una combinazione di tanti elementi che, talvolta, possono sfuggire al regista stesso... Comunque sia, si è poi lui rifatto in seguito?
RispondiEliminaBeh, non conosco tutti i suoi film, comunuque, il suo lavoro più noto è probabilmente La casa sulla scogliera, il suo lungometraggio d'esordio. Non una grande nota di merito, per la verità.
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