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domenica 27 agosto 2023

BACIO MORTALE

1336_BACIO MORTALE (The Death Kiss). Stati Uniti, 1932; Regia di Edwin L. Marin.

L’anno successivo all’uscita del capolavoro Dracula di Tod Browing, Bela Lugosi, David Manners e Edward Van Sloan si ritrovano per un nuovo film: Bacio mortale. La pellicola segna l’esordio del regista Edwin L. Marin e si apre con un eccellente incipit che lascia un auspicio rispettato solo in parte dallo sviluppo successivo del film. Nel complesso Bacio mortale è certamente un film valido anche se, all’interno della filmografia di Marin, sembra quasi avere la stessa funzione della sua bella sequenza iniziale: il regista statunitense, insomma, avrebbe potuto avere una carriera un po’ più incisiva, perché le potenzialità c’erano tutte. La citata scena iniziale è ambientata durante una ripresa cinematografica su un set ed è cruciale nell’economia del film: intanto perché è ben girata, poi perché mette in moto la vicenda in modo rapido, infine perché rivela una matrice metalinguistica che, in questo caso, serve a risolvere il giallo. Un utilizzo del media cinema ironico, insomma, con il regista che fornisce l’indizio più evidente per trovare il colpevole attraverso un espediente autoriale: in genere, questo approccio è riservato a scopi più impegnati; Marin, invece, pur dimostrando di conoscere le potenzialità del mezzo espressivo, se ne serve con intenti più umili. Essendo un giallo, c’è da trovare appunto il colpevole e stavolta non è il classico cameriere di tanti racconti bensì, come lascia intendere la prima sequenza, il regista Avery (Van Sloan). La deduzione logica di questo passaggio nasce dalla considerazione che ciò che accade sul set, infatti, è sempre da imputare al regista. Abitualmente, con queste parole, si allude al risultato che rimane impresso sulla pellicola. 

Ma qui Marin gioca in chiave metalinguistica e punta il dito su Avery anche per l’omicidio che avviene durante la fatidica prima sequenza: qualcuno ha infatti sostituito una pallottola vera tra quelle a salve preparate per la ripresa. Al di là delle indagini specifiche inerenti al racconto, si può quindi leggervi anche una sorta di messaggio autoriale: il responsabile ultimo sul set è sempre il regista, e così sarà anche in Bacio mortale. Una rivendicazione che, nel 1932, era meno scontata di oggi, soprattutto se a farla era un regista esordiente. Detto di questo folgorante avvio, che si sposa perfettamente con la chiusura avvincente – che non a caso si riallaccia con l’incipit anche narrativamente – va riconosciuto che il resto del film è meno scoppiettante. Si mantiene sempre su un degno livello, questo sia chiaro, anche grazie alla professionalità degli interpreti a cui, per la verità, manca qualcuno in grado di fornire l’acuto davvero vincente. Manners – nel ruolo di Franklyn, il protagonista – è un po’ troppo sovraesposto e, pur avendo un’adeguata presenza scenica, difetta forse del necessario carisma. 

A reggergli la sponda sentimentale è Adrienne Ames – nella parte della diva Marcia Lane – che, nello scintillante abito da sera tutto lustrini e paillettes, fa un figurone, ma aggiunge poco di più alla vicenda. Del trio citato in apertura, che aveva già lavorato insieme in Dracula, manca naturalmente all’appello Bela Lugosi, qui nella parte di Steiner, il sospettato numero uno. Volendo, la presenza di Lugosi nei panni di uno dei produttori del film che sembra essere il naturale colpevole – visto la sinistra fama dell’attore ungherese oltre che il suo aspetto ombroso – rincara la metafora citata: i produttori sono in genere narrati come i cattivi, all’interno del processo produttivo dei film. Ma non sono loro ad avere la maggior colpevolezza, leggi responsabilità, per quello che accade nel cinema. Lugosi recita alla sua maniera ma, in questo caso, sfodera una discreta sobrietà che non dissipa le inquietudini che lo accompagnano, e risulta pienamente funzionale allo scopo. A dirigere le indagini, e a farsi bagnare costantemente il naso da Franklyn, è il tenente Sheehan (John Wray) che ogni tanto si concede una battuta umoristica che alleggerisce un po’ il tono del racconto. Per altro, in questo specifico, è surclassato dall’agente Gulliver (Vince Barnett), vero specialista in ruoli comici. Nel complesso Bacio mortale è quindi ben organizzato: c’è una storia intrigante, un regista volenteroso, attori credibili. La trama è ben dosata tra la ricerca del colpevole, l’angoscia per l’accusa che, ad un certo punto, pende sulla testa di Marcia e i dubbi su Steiner; così come c’è una buona armonia tra l’ironia tagliente dei dialoghi e la comicità più fisica di Barnett. L’incipit è notevole e il finale regge fino all’ultimo sulla classica domanda che sorregge ogni giallo: chi è il colpevole? Eppure qualcosa manca, a Bacio mortale, per essere annoverato tra i grandi classici del periodo: quel qualcosa che è, probabilmente, da ricercare nell’innegabile inesperienza di Marin, nel carisma troppo ordinario di Manners e nello charme languido ma, nell'occasione, poco coinvolto della Ames. 
In ogni caso, Adrienne è davvero una bellezza mozzafiato.  







 Adrienne Ames 





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