1258_SQUILLI AL TRAMONTO (Bugles in the afternoon). Stati Uniti, 1952; Regia di Roy Rowland.
Gli anni Cinquanta rappresentano per il western una
vera età dell’oro: questo era dovuto sia ai tanti capolavori che nobilitarono
il genere in quel periodo, sia al significato che lo stesso genere assunse.
L’onda potente della Golden Age western ebbe un effetto benefico un po’ su
tutto il genere, tanto che opere come Squilli al tramonto di Roy
Rowland, che per meriti propri potrebbe anche passare inosservata, riesce a
fare una discreta figura. Merito della fotografia calda di Wilfrid M. Cline o
della musica di Dimitri Tiomkin, e forse anche della regia discreta di Roy
Roland, o magari più in generale della Produzione, fatto sta che, come
confezione formale, Squilli al tramonto può essere considerato, se non un vero classico, almeno un
B-Movie di lusso. Tra gli interpreti, i caratteristi Forrest Tucker, Barton
McLane, James Millican, tra gli altri, garantiscono un valido supporto
recitativo; Sheb Wooley è chiamato ad una sorta di cameo per impersonare
nientemeno che il Generale Custer mentre è altresì interessante la presenza nel
cast dell’attore nativo John War Eagle nel ruolo di Red Owl, il capo indiano.
Meno lineare è la situazione dei tre protagonisti del triangolo amoroso che
sorregge tutta quanta la vicenda, mettendo addirittura sullo sfondo una pagina
storica del livello della battaglia del Little Big Horn, quella in cui morì
Custer, per intenderci. Il protagonista principale è Ray Milland nel ruolo del
Sergente Shafter. Milland non era propriamente un attore western; inoltre, pur
avendo solo 45 anni – a quell'età ad Hollywood sei ancora un ragazzo – appare troppo
imborghesito per il ruolo di corteggiatore di una giovane donna come Helena
Carter negli eleganti panni di Josephine. La Carter, per quanto un filo troppo
impettita, è una delle sorprese positive del film, per portamento elegante e
presenza scenica. A chiudere il triangolo troviamo Hugh Marlowe a dar vita al
villain della vicenda, il capitano Garnett: Marlowe non sembra però avere né la
tempra per reggere il ruolo del cattivo, né la stoffa per fronteggiare Milland
che, tra l’altro, oscilla tra l’aria borghese e un che di inquietante che mette
abbastanza soggezione. La vicenda melodrammatica, in ogni caso, non carbura a
dovere e questo non giova certo alla visione del film che tuttavia riesce a
cavarsela ricorrendo ai classici cliché western. Che, si è detto, negli anni Cinquanta erano davvero trainanti. La questione narrativa verte sul fatto che tra Shafter e Garnett c’era
della antica ruggine e ora che si sono ritrovati, i due non intendono affatto
dimenticare il passato. Oltretutto la presenza di Josphine, contesa dai due
rivali, alimenta l’ostilità reciproca. Le beghe tra la coppia di galletti
mettono in secondo piano anche lo scontro con gli indiani che sarà fatale a
Custer ma va detto che alcune belle scene di battaglia aiutano, e non poco, la
visione. Alla fine tutto si aggiusta; a parte Custer e i suoi uomini che ci
lasciano le penne; ma in Squilli al tramonto è poco più che un
dettaglio.
Helena Carter
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