1260_IWO JIMA - DESERTO DI FUOCO (Sands of Iwo Jima). Stati Uniti, 1949; Regia di Allan Dwan.
In oltre 400 film, Allan Dawn non riuscì sostanzialmente mai a centrare un’opera che sia considerata un capolavoro; tuttavia Iwo Jima, deserto di fuoco ebbe perlomeno un eccellente riscontro al botteghino oltre a permettere al protagonista John Wayne (nel ruolo del sergente Stryker) la candidatura al premio Oscar. In effetti il film di guerra del 1949 può essere considerato un valido esempio del cinema di Dawn: semplice ed efficace. Forse persino troppo semplice, per qualcuno, visto che la pellicola, effettivamente zeppa di cliché, venne a volte lei stessa definita ‘un enorme cliché’ anche nel suo essere un’evidente opera di smaccata propaganda. Il che, da un certo punto di vista, agevola la funzionalità del racconto, perché tutto quanto è oliato e lubrificato alla perfezione dalla retorica postbellica, scivolando via che è una bellezza. Per un racconto di grande drammaticità potrebbe sembrare oggi poco opportuno: ma è l’effetto patriottico inevitabilmente intrinseco alla vicenda unito alla sapiente capacità di Hollywood di rendere perfino la guerra uno spettacolo d’intrattenimento. Tra l’altro, va tenuto in conto il preciso momento storico di produzione del film, poco dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Dawn, proprio in ossequio all’attendibilità estetica del cinema americano, si premura di rendere il suo film formalmente credibile: l’utilizzo del bianco e nero permette, ad esempio, di utilizzare spezzoni delle storiche riprese video d’epoca che si inseriscono nel lungometraggio con buona coerenza visiva. L’attenzione ad alcuni dettagli, dalla sabbia nera di origine vulcanica di Iwo Jima alla famosa scena in cui viene issata la bandiera a stelle strisce sul monte Suribachi, è un altro elemento in tal senso.
Così come il cameo dei tre superstiti del gruppo che finirono immortalati nella celeberrima fotografia di Joe Rosenthal – John Bradley, Rene Gagnon e Ira Hayes – sembra un omaggio della Produzione ai veri eroi di guerra che alimenti la vena patriottica dell’opera. Da parte sua John Wayne, nei panni di un burbero sergente dal cuore d’oro, lascia da parte certi aspetti meno limpidi del suo carattere attoriale che maestri come John Ford o Howard Hawks erano bravi a mettere in luce, per mostrare unicamente il suo lato eroico. Il Duke di Iwo Jima, deserto di fuoco è il perfetto esempio dell’eroe hollywoodiano, laddove il suo lato ‘meno tenero’ è evidentemente una forma di pudore virile facilmente intuibile da qualunque spettatore. Il sergente dai modi spicci e rozzi ma dall’animo gentile è uno cliché tra i più risaputi e solo la capacità spontanea e, a suo modo, ingenua di recitare di Wayne riesce a rendere Strike un personaggio credibile.
Anche il rapporto con il soldato Conway (John Agar), è piuttosto semplice e risaputo: Stryker era stato sotto il comando del padre del ragazzo e nutriva grande ammirazione per il comandante Conway con il quale condivideva molte idee. Il soldato Conway contestava, al contrario, l’integralismo del padre e, di conseguenza, anche l’atteggiamento patriarcale di Stryker. La critica all’insofferenza giovanile che, in quei tardi anni Quaranta, cominciava a serpeggiare evidentemente in America, è fin troppo scoperta e solo la bravura degli attori unita alla capacità narrativa di Dawn, permette di soprassedere su questi elementi quasi banali e godersi la storia. Che di suo è molto coinvolgente, visto che si tratta di uno degli snodi bellici più importanti della Seconda Guerra Mondiale, perlomeno sulle sponde dell’Oceano Pacifico. Inoltre, come da manuale del cinema bellico, l’esperto regista si affida ad un gruppo di personaggi tutti ben tratteggiati che istaurano, con lo spettatore, un clima di empatia quasi famigliare. Ben presto impariamo a conoscere Randazzo (Wally Cassell), Thomas (Forrest Tucker), Bass (James Brown), Dunne (Artur Franz), con quest’ultimo nei panni di narratore, un altro cliché funzionale in questo tipo di racconti che Dawn non si lascia sfuggire. C’è anche una traccia sentimentale, con Conway che, in pochi minuti, conosce, si innamora e sposa la deliziosa Allison che Adele Mara riesce, anche in questo caso, a rendere tanto prevedibile – è bella, bionda, disponibile – quanto, all’interno di un film hollywoodiano, coerente. Insomma, anche volendo, è difficile non apprezzare Iwo Jima, deserto di fuoco: un film che andrebbe forse rigettato per intero, in virtù del suo essere un mix di propaganda post-bellica – e, quindi, in un certo senso, peggiore anche della propaganda bellica, che almeno ha la scusante dell’urgenza di una guerra da vincere – e già perfetto esempio della propaganda imperialista successiva. E rinunciare così al John Wayne più John Wayne della Storia del cinema? Ma nemmeno per sogno.
Adele Mara
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