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mercoledì 12 aprile 2023

AGENTE FEDERALE X3

1256_AGENTE FEDERALE X3 (Dangerous Mission)Stati Uniti, 1954; Regia di Louis King.

Innanzitutto dobbiamo dire che Agente Federale X3 è un film divertente ed appassionante. Conviene partire da quello che è in sostanza il risultato, in questo caso, perché il film di Louis King è talmente controverso e ricco di contraddizioni, oltre che privo di coerenza stilistica, che il rischio di perdere il filo e non riuscire poi a trarre un bilancio finale è notevole. A botta calda, invece, si può tranquillamente affermare che Agente Federale X3 assolva il proprio scopo primario di intrattenimento. Detto questo, il lungometraggio offre una valanga di spunti, alcuni in chiave positiva altri assai meno, comunque perlopiù interessanti. Ad esempio, il film prodotto da Irwing Allen – a cui sono forse riconducibili alcuni disastri naturali previsti dalla trama – potrebbe essere definito un ‘thriller da resort’ – curiosa ma efficace descrizione tratta dal sito IMDb: si tratterebbe di una ipotetica corrente che si diffuse negli anni Cinquanta. Tra gli esempi citati troviamo Il suo tipo di donna (1951, di John Farrow e Richard Fleischer), Duello sulla Sierra Madre (1953, di Rudolph Maté), Niagara (1953, di Henry Hathaway) e Intrigo internazionale (1959, di Alfred Hitchcock). E’ una sagace osservazione per definire quelle pellicole che si posero un po’ in mezzo al guado nel cambio al vertice che avvenne ad Hollywood: negli anni Quaranta avevano spopolato i noir, negli anni Cinquanta il western assurse a genere americano per eccellenza. Agente Federale X3 può essere preso ad esempio calzante di questa mutazione in divenire: prodotto dalla RKO, uno studio legato ai film in Bianco e Nero, comincia in effetti come un noir con un’ambientazione addirittura degna di un horror. 

Nell’incipit assistiamo ad un omicidio in una notte nera come la pece mentre infuria una tempesta e soltanto le luci bianche dei fulmini rischiarano violentemente la scena per brevissimi istanti. Al ché ci si potrebbe legittimamente chiedere com’è che i titoli di testa avessero messo tra i credits ‘colore della Technicolor’: quale colore? Dalla successiva sequenza il colore è invece evidente ma non è che possa venir annoverato tra i meriti assoluti della pellicola: senz’altro l’originale 3D non aiuta ma i difetti della resa sullo schermo sono davvero troppi. Alcune scene sono ottime, con colori caldi e pastello tipici del periodo classico di Hollywood; in altre immagini la dominante dei filtri, ad esempio le scene ambientate in notturna ma girate durante il giorno, sono troppo evidenti e il contrasto tra la qualità dei vari segmenti narrativi è sconcertante. Non aiuta nemmeno il confronto tra i maestosi scenari del Glacier National Park, Montana, e le palesi ricostruzioni in cartapesta o le riprese in studio con fondali finti. Questa incoerenza perdura anche nelle scene dei disastri o comunque di impatto naturalistico, con l’incendio che è altamente spettacolare mentre la frana è poco convincente e scenograficamente la sparatoria sui crepacci è degna di un B-Movie e nemmeno dei migliori. La trama è una sorta di whodunit dove occorre capire chi è la ragazza testimone dell’omicidio dell’incipit e chi è il sicario spedito sulle sue tracce. Pare che la giovane si sia nascosta tra le montagne del Glacier National Park ed è proprio qui che si sviluppa l’intera vicenda. 

Anche il canovaccio presenta qualche incertezza, i passaggi da commedia rosa sono forse un po’ troppo puerili ma il mestiere degli attori garantisce un risultato comunque dignitoso. Il protagonista Marc Harley è interpretato da Victor Mature che si disimpegna bene in una serie di ambiguità che il suo ruolo prevede, dal dubbio tra il fatto che sia il possibile sicario o al contrario un agente in incognito, all’essere un impenitente playboy o piuttosto un innamorato con intenzioni serie. L’oggetto delle sue mire è Louise, che presto si capisce essere la testimone chiave del processo per omicidio visto in apertura: Piper Laurie garantisce fresca bellezza e physique du rôle adatto al personaggio. 

Se Mature era in grado di stemperare nell’ironia piaciona il suo lato ombroso, Vincent Price – è Adams, il sicario incaricato di uccidere Louise – mantiene costante un’ambiguità più viscida che inquietante. Come si vede il cast è di ottimo livello anche perché mancano almeno da citare William Bendix nel ruolo Tenente dei Ranger e Dennis Weaver in uno dei suoi uomini, mentre menzione a parte merita Betta St John. Il suo personaggio è Mary Tiller ed è un’indiana: nel film è smaniosa di farsi fotografare da Adams, che l’ha circuita nel tentativo di prendere confidenza con l’ambiente dell’hotel dove lavora la giovane insieme a Louise, vero obiettivo del sicario. In origine, infatti, il piano dei criminali prevedeva di eliminare la testimone simulando un incidente e Adams aveva approfittato della situazione che prevedeva un suo muoversi con circospezione. Al di là di questo, Mary è un personaggio certamente positivo, ingenuo ma innegabilmente apprezzabile. Pure suo padre Katoonai (Steve Darrell), sebbene ricercato per omicidio, è inquadrato in luce positiva come con decisa ammirazione sono visti gli antichi abitanti delle terre ora facenti parte del parco. Tra le tante sfumature di cui si tinge questa bizzarra pellicola c’è anche attenzione e rispetto per l’aspetto folcloristico dei nativi, elemento che conferma come ad Hollywood già negli anni Cinquanta la questione indiana fosse vista con occhi moderni ed obiettivi. In definitiva Agente Federale X3 non è che sia un capolavoro, del resto il regista Louis King – fratello del più capace Henry – non aveva poi questa gran stoffa dietro la macchina da presa, ma alla fin fine il film si lascia ampiamente ricordare con favore.           


Piper Laurie 




Betta St. John





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