975_SEMINOLE ; Stati Uniti, 1953; regia di Budd Boetticher.
Nel 1953 il regista Budd Boetticher non aveva ancora quarant’anni
e aveva diretto solo una manciata di film: Seminole risente, soprattutto
sul profilo del ritmo narrativo, di questa limitata esperienza dell’autore. Tuttavia
questo per certi versi insolito western di Boetticher, se non si può dire propriamente un capolavoro, presenta alcuni spunti di grandissimo interesse. A partire dal
cast: le star sono Rock Hudson e Anthony Quinn ma da segnalare ci sono anche il
valido Lee Marvin, un’onesta Barbara Hale e il poderoso Hugh o’Brian. Tuttavia
il titolo di merito principale della pellicola è sicuramente costituito dalla
tribù di pellerossa protagonista della vicenda, ovvero i Seminole, nativi
americani stanziati nelle paludi della Florida dai costumi molto vivaci e
particolari. In effetti parlare di western, a proposito dei Seminole appare
curioso, visto che le loro paludi erano situate nella penisola posta a sud est
della grande nazione americana. Certo, qui si tratta di generi cinematografici
e quindi la geografia centra relativamente; Seminole è chiaramente un western
ma l’ambientazione è differente da quella tipica dei film sul far west. E
proprio l’attenzione alla veridicità dei particolari, superiore alla media
delle normali produzioni hollywoodiane, non solo è encomiabile di per sé, ma
costituisce, anche grazie alle caratteristiche degli indiani al centro della
scena, un validissimo motivo di interesse per l’opera in questione. E, tra l’altro,
questo discorso vale anche per altri dettagli, ad esempio le curiose divise dei
dragoni americani che combatterono le guerre con gli irriducibili Seminole.
E soprattutto anche la storia narrata, seppur molto romanzata, ha un profumo di
veridicità, nel senso che gli Stati Uniti furono davvero spietati nei confronti
della tribù del grande capo Oscetola. Nei panni di questo mitico condottiero
Seminole c’è Anthony Quinn mentre Rock Hudson interpreta il tenente Lance
Cladwell, l’americano buono, che
serve più che altro a mettere in risalto la generale condotta scorretta
dell’esercito americano. Il finale ha un colpo di scena tanto improvviso quanto
improbabile, ma la sua scarsa credibilità è più un pregio che un difetto:
Boetticher non ha la pretesa di fare film storici e evidenzia in modo
inequivocabile quelli che sono unicamente escamotage cinematografici. Una volta
raccontato della più fiera delle tribù indiane, dandone il giusto risalto sullo
schermo con fedeltà inconsueta, si può rientrare nei canoni del genere:
la zampata di Boetticher è già impressa sulla pellicola.
Barbara Hale
quando sento parlare di film come questo capisco quanto in Bonelli si guardasse a un certo tipo di cinema, cosa non sempre immediata... 👍
RispondiEliminaBeh, Sergio Bonelli senza dubbio e si vede perfettamente nelle sue storie.
RispondiElimina