970_STANDSCHUTZE BRUGGLER ; Germania, 1936; regia di Werner Klingler.
In genere liquidato sbrigativamente per la sua evidente vena pangermanica, Standschütze Bruggler è in effetti un film da prendere con le molle. Da un certo punto di vista va detto che la faziosità di cui Werner Klinger intinge la sua opera non è poi molto diversa o maggiore a tanti altri film dell’epoca prodotti in altri paesi. Tuttavia in questo caso i timori sono legittimamente legati al fatto che il film fu un tipico prodotto della Germania nazista e, quindi, i temi propagandistici non sono solo potenzialmente mezzi per una mistificazione della realtà ma quello di Klinger fu di fatto uno di questi strumenti. Si tratta di una fama che forse si fonda anche sull’eco del soggetto all’origine, opera di Anton Bossi-Fedrigotti, che è intriso non solo di una onesta, considerato l’epoca, partigianeria. Bossi-Fedrigotti, nella sua prosa, sfruttava infatti strumentalmente la naturale mancanza di coesione delle truppe austroungariche, assemblate con uomini provenienti da ogni angolo dell’impero, paragonandola all’abnegazione dell’aiuto tedesco nel momento topico della guerra, per dimostrare la maggior fedeltà alla patria del soldato di stirpe germanica. Il che aveva un fondamento storico, ovviamente: un suddito di Guglielmo II poteva facilmente comprendere che, per la sua prosperità in Germania, era preferibile che l’Austria vincesse la sua porzione di guerra con l’Italia. Più arduo immaginare un rumeno o uno slavo che abitasse uno dei tanti domini dell’impero, scorgere negli interessi austriaci nel conflitto un tangibile vantaggio personale.
Questa visione delle cose, questo discernere tra tedeschi e gli altri popoli che abitavano l’area dell’Europa centrale, fu ritenuto utile dai nazisti per alimentare la propaganda di una necessità di un’espansione germanica su quei territori. Una politica in cui opere come Standschütze Bruggler, libro o film, divenivano supporto storico per legittimare l’operazione. E, siccome non si parla di ipotesi ma di eventi che poi si sono tragicamente concretizzati, è comprensibile la ritrosia con cui viene in genere considerato il film di Kingler che, come detto, dell’opera in questo senso più esplicita di Bossi-Fedrigotti era la versione su schermo. Per altro Standschütze Bruggler ha anche qualche elemento di curiosità. Non tanto il romanticismo scialbo per cui il protagonista, Toni Bruggler (Ludwig Kerscher), giovane seminarista, rifiuta l’esenzione in quanto studente di religione, per unirsi alle Standschütze, (queste sì interessanti per il loro essere milizie particolari che il Tirolo poteva affiancare all’esercito imperiale). Ferito da un cecchino italiano, durante la convalescenza, conosce Frau Hella von Tuff (Lola Chlud), una baronessa che istilla nel giovane ulteriori dubbi sulla sua vocazione. Combattuto tra la sua precedente scelta di vestire l’abito talare e le nuove suggestioni, sia militari che sentimentali, Toni sullo schermo si limita a fare per bene e con valore il suo dovere di soldato, lasciando blandamente intuire la traccia amorosa. Se questa sponda è infatti trattata in modo platonico dal film, dal punto di vista militare la prepotente presenza delle montagne è l’elemento di gran lunga più evocativo del film. Standschütze Bruggler si inserisce, infatti, nella corrente cinematografica dei bergfilm, i film ambientati in montagna, particolarmente florido tra le due guerre in Germania. Pare che i tedeschi intendessero il bergfilm in modo epico, allo stesso modo in cui farà Hollywood col western, e, tra le varie ambientazioni temporali, la Grande Guerra rappresentava uno degli scenari ideali. Un po’ come per Montagne in fiamme (1931) sebbene quello Luis Trenker e Karl Hartl sia opera di ben altro livello rispetto a questo Standschütze Bruggler.
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