Translate

giovedì 24 febbraio 2022

RALPH SPACCATUTTO

977_RALPH SPACCATUTTO (Wreck-It Ralph); Stati Uniti, 2012; regia di Rich Moore.

Da un’idea tutto sommato originale, che prende più d’uno spunto dai videogames delle sale giochi in voga dagli anni Ottanta e per qualche decennio, gli autori Disney, regista Rich Moore in testa, con Ralph Spaccatutto realizzano un film davvero sorprendente. Tra le tante trovate spassose una delle più efficaci è il ritrovo tra i Cattivi Anonimi ospitato all’interno del celebre videogame Pac Man, dove Ralph, che è il cattivo del gioco fittizio Felix Aggiustatutto, accetta infine di recarsi. La possibilità di inserire vecchi personaggi dei videogiochi non è tanto importante perché fornisce agli autori una costante arma per solleticare la memoria dei genitori di quei giovanissimi ai quali è, presumibilmente, rivolto questo nuovo classico d’animazione Disney. Questo aspetto, questo utilizzo strumentale di elementi già facenti parte dell’immaginario collettivo (alcuni insospettabili, come l’esplosiva miscela tra diet cola e mentos), è solo un altro elemento, insieme alla natura della storia raccontata e alla sua stessa struttura, che testimonia di come anche in casa Disney il cinema sia ormai allo stadio metalinguistico. C’è, quindi, una consapevolezza condivisa tra autori e spettatori, che lo spettacolo, per quanto strabiliante (Ralph Spaccatutto ha avuto anche una versione 3D), sia un pretesto per raccontare altro (la vita di tutti i giorni), e quindi abbia una forte funzione educativa, come lecito attendersi da un film per ragazzi. E le ripetute strizzate d’occhi dirette ad un pubblico sensibilmente più maturo del target a cui è rivolto in prima istanza il film, non fa che confermare quest’impressione. La pallina onnivora di Pac Man dirà ben poco ai giovanissimi, mentre è immediatamente riconoscibile a chi ha vissuto gli Ottanta (intesi come decennio). 

Da parte sua, poi, il tema del film, conferma questa impostazione di presa di coscienza del media e dei suoi personaggi, che è un po’ la cifra dei testi metalinguistici. Qui c’è, infatti, la volontà del protagonista della storia, ma non solo la sua, di uscire dal proprio ruolo prestabilito: Ralph è il cattivo del suo gioco ma è stufo di ripetere senza sosta il suo refrain. Allo stesso modo, si può vedere come Vanellope le provi tutte per divenire pilota da corsa in Sugar Rush, scrollandosi di dosso l’etichetta di glitch (ovvero errore di programmazione). Alla fine Ralph riuscirà ad assurgere al ruolo di eroe della storia, mentre Vanellope oltre a diventare pilota, si scoprirà addirittura principessa regnante nel suo gioco, incarico di potere che le aveva sottratto il vero cattivo del film, il meschino Turbo/Re Candito che, per altro, è un personaggio tutto sommato secondario. E’ curioso che, in un film che provi a ribaltare la figura del presunto cattivo (Ralph), al buono non spetti poi in dote un ruolo così negativo: Felix, il rivale positivo di Ralph, pur se recalcitrante, nel corso del racconto finisce in un modo o nell’altro per accettare le rivendicazioni di questi e, forse a sorta di premio, riesce addirittura ad accasarsi con la dinamitica sergente Calhoun. 

Insomma, proprio come in un videogame che offra tante possibilità di sviluppo, in Ralph Spaccatutto i tipici elementi narrativi dei film d’animazione ci sono tutti ma gli esiti non sono necessariamente quelli prestabiliti: c’è un eroe buono, c’è il cattivo, c’è la principessa, c’è una storia d’amore e via di questo passo ma, come detto, gli abbinamenti escono dai soliti binari. Anzi, a dirla tutta, il film utilizza il modo di scomporre e ricomporre le opzioni narrative tipico dei videogiochi ma comprendendo come anche questi percorsi siano essi stessi un limite, li supera, con l’interazione tra personaggi che appartengono a universi di gioco diversi. In questo senso si inserisce, da un punto di vista di narrativa cinematografica, l’introduzione quasi forzata in questo tipo di film (classici d’animazione del versante più avventuroso rispetto a quelli romantici), del tema della Principessa, vero piatto forte di casa Disney. Vanellope entra in scena in ritardo, non ha la classica avvenenza delle solite principesse, e non ha nemmeno lo straccio di una pista sentimentale sul suo tracciato: eppure è una Principessa Disney a tutti gli effetti. E nemmeno delle meno importanti, visto la tenacia che dimostra. E allora che dire, proprio lo Studio cinematografico che più di ogni altro è stato tacciato di offrire modelli di riferimento conformisti, ci dice a chiare lettere che non dobbiamo lasciarci ingabbiare dalle regole che qualcuno cerca di imporci e nemmeno il nostro aspetto deve esserci da limite. E che questo salti fuori da una storia sui videogames, che dell’avere una serie di percorsi prestabiliti in partenza avevano la loro essenza, è un tipico esempio della magia Disney.    



 Vanellope von Schweetz



Tamora Jean Calhoun

2 commenti:

  1. sempre bello quando i personaggi si stufano di fare qualcosa :D
    e, finché c'è una storia che funziona, vanno bene anche i meta...esercizi vari ;)

    RispondiElimina