973_SOLDATO SEMPLICE ; Italia, 2015; regia di Paolo Cevoli.
Il pericolo maggiore per i comici che si cimentino col cinema, dopo aver raggiunto la fama attraverso la televisione, è che si limitino a trasferire sul grande schermo quello che abitualmente fanno per il piccolo. A sorpresa, Paolo Cevoli, che oltre ad interpretare si azzarda anche nel ruolo di regista nel suo Soldato Semplice, sostanzialmente evita questa insidia. Intendiamoci: il suo Gino Montanari, maestro di scuola elementare volontario in prima linea nella Grande Guerra, è un classico personaggio del Paolo Cevoli visto tante volte a Zelig, il programma televisivo. Ma il suo film ha una struttura articolata ed utilizza un linguaggio diversificato, universale, com’è tipico del cinema. Insomma è cinema e non cabaret televisivo filmato e proiettato in una sala cinematografica. E già questo è un punto a suo vantaggio. La storia non è che sia il massimo dal punto di vista adrenalinico, come invece ci si aspetterebbe da un film bellico; ma con un tipo come Cevoli protagonista è anche prevedibile e chiaro sin da subito. Il clima è inevitabilmente comico e anche da questo punto di vista l’artista romagnolo se la cava, strappando qualche risata. Un altro dei rischi incombenti, quando ci sono di mezzo i comici italiani, è il politicamente corretto regionale: quasi tutti i cabarettisti fanno riferimenti alla loro provenienza geografica, essendo il dialetto particolarmente congeniale alle gag umoristiche. Ne consegue un’onnipresente querelle comica sulla situazione mai sanata italiana delle differenze culturali, economiche e sociali tra le varie regioni: l’Italia è tuttora divisa e sulle caratteristiche dell’altro, inteso come il vicino di regione, verte la maggior parte di questi spettacoli.
Del resto lo stesso Cevoli ostenta un dialetto romagnolo come suo marchio di fabbrica. Il tema della Grande Guerra che, oltre ad una vittoria militare, fu anche uno dei primi eventi che mise a contatto italiani di diverse regioni, è poi un argomento assai pericoloso in questo senso. E rispolverare ad ogni mezza occasione la questione meridionale è stato da sempre uno dei limiti del cinema italiano. Cevoli rischia grosso, per la verità, con lo scugnizzo Aniello Pasquale (Antonio Orefice) che si trova in mezzo ad una pattuglia di nordici. Ma è anche vero che non affrontare il problema sarebbe tradire lo spirito di un film italiano sulla Prima Guerra Mondiale: e lì che si è fatto molto di quel poco che di Italia è stata fatta nel corso della Storia.
E va riconosciuto che, così come anche in senso particolare all’interno del racconto filmico, il tema meridionale, inevitabile con l’arrivo di Aniello Pasquale, è affrontato da un punto di vista generale senza uscire dal seminato. Nel complesso Cevoli evita anche questo rischio con sobria onestà. Insomma, sembra quasi che l’artista abbia fatto uno slalom tra i difetti del cinema nostrano; in realtà è solo lo scetticismo ormai radicato verso questo tipo di produzioni che ha finito per sensibilizzare lo spettatore in quest’ottica e quindi semmai i limiti sono proprio di chi scrive. Perché Cevoli, in sostanza, va per la sua strada, che oltretutto è una strada con una serie di appoggi sicuri. Ad esempio, lo spunto giallo, su cui verte il passaggio cruciale del film, è ben elaborato, forse in modo schematico, ma ben elaborato. Siamo al fronte, in montagna. Montanari arriva al reparto nel ruolo di addetto all’eliografo, uno strumento in grado di comunicare tramite lampi di luce riflessa. Il tema dello specchio, del riflesso, pervade tutta la storia ed è un’efficace metafora dell’italianità. Infatti gli italiani delle varie regioni sono, tra loro, uguali e contrari, proprio come immagini allo specchio. Così Montanari, con un nome simile, non può che venire dal mare; e il paragone tra mare e montagna, così opposti eppure in fondo simili (almeno stando alle parole del Montanari stesso) è ripetuto spesso.
Dunque Montanari viene dal mare al contrario degli altri militari che sono tutti montanari (di fatto); a parte Aniello Pasquale, che arriva da Capri, quindi mare. Ma quello di Capri è un mare in un certo senso contrario a quello della riviera romagnola. E uguali, in quanto ufficiali, e contrari, per tutto il resto, sono anche il tenente Mazzoleni (Luca Lionello) e il capitano Vadalà (Massimo De Lorenzo). Quando poi Montanari ha il confronto con il soldato austriaco, scopriamo dalle parole del nemico un doppio legame di natura simile a questi che ci lega ai nostri nemici e che tanto li infastidisce. Qui Cevoli e lo sceneggiatore Alessandro Genovesi lavorano ironicamente di fino: l’austroungarico rivendica infatti per sé e i suoi compatrioti la discendenza dall’Impero Romano.
Gli italiani sarebbero solo sudditi e non eredi di stirpe imperiale: parenti sì, se non uguali quantomeno simili, dunque. Ma in ogni caso da sottomettere in quanto di indole opposta alla loro nobile origine. A parte la fondatezza del discorso storico, che sorprende in un film italiano, qui viene fornito l’indizio per intuire il tranello organizzato dagli austroungarici. Prima di dileguarsi il militare austriaco si lascia scappare l’informazione che il suo esercito intende arroccarsi sulla cima vicina per avere una posizione di vantaggio nella successiva battaglia. Ma sul momento Montanari non sembra darsene molta pena. Poi riceve un messaggio con l’eliografo: sursum corda. Letteralmente in alto i cuori, in latino. Ma perché usare il latino? Forse per non farsi capire dagli austriaci?
Ma, come abbiamo visto, sono proprio loro gli eredi dell’Impero Romano, di cui il latino era la lingua parlata. E quindi il messaggio è un tranello austriaco che invita gli italiani a salire in cima alla montagna. In effetti Montanari, dopo tutto il tempo che è al fronte, non ha ancora capito da che parte stia, il nemico; e si sbaglia immancabilmente sempre nelle tante gag che dissemina nella storia. Il messaggio con l’eliografo non arriva quindi dalle retrovie ma dalla sponda nemica della valle ed è quindi una trappola. Montanari scopre l’intrigo troppo tardi: i commilitoni sono già in viaggio verso la cima che è stata minata e esploderà al momento opportuno (dal punto di vista austriaco della vicenda). Se il soldato semplice Montanari non è con loro è perché ha ottenuto una licenza per via della morte della madre. E poi probabilmente avrebbe cercato di scantonare la missione anche senza quella scusa.
Altro che volontario, Montanari è un dichiarato non interventista: di più, è il manifesto ambulante contro un certo spirito patriottico, quello del trittico Dio-Stato-Famiglia. E’ ateo, e quindi contro Dio. Non solo è scapolo, ma è un impenitente puttaniere che, in quei tempi, ha approfittato dell’assenza degli uomini del paese per andare a letto con le loro mogli. Non è quindi certo un valido esempio di uomo di famiglia. Fa il maestro elementare ma disprezza il libro Cuore di Edmondo De Amicis, vero e proprio vangelo dell’italianità più pura e sincera, tanto che lo fa volare dalla finestra dell’aula della scuola. E proprio quella è la goccia che fa traboccare il vaso e che induce il preside a radiarlo dalla Scuola Italiana a meno che non vada a servire, volontario, quella patria tanto disprezzata. Ora è il momento di mettere in pratica le sue idee disfattiste: può tornarsene a casa, in licenza, lasciando i compagni di reparto andare sulla cima del monte, incontro alla morte, oppure… Ovviamente Montanari saprà cogliere l’occasione di riscatto con uno moto d’orgoglio degno di un eroe hollywoodiano: grazie al suo impacciato ma tempestivo intervento la pattuglia è salva. Il sacrificio della vista che il militare perde nell’azione non deve ingannare: come si capisce dall’ultima scena, ora Montanari ci vede meglio di prima.
già, la questione meridionale 😞
RispondiEliminama ormai evito di parlarne, visto che ogni volta sul web qualcuno puntualmente arriva a ricordarmi che almeno qui abbiamo il sole e il bel tempo...🤷🏻♂️
(ma non è tutto oro quello che luccica, le mie passeggiate quotidiane sono in parte rovinate dalla vista degli alberi sommersi di spazzatura...)
PS... al trittico Dio-Stato-Famiglia sono abbastanza avverso anch'io, ma al libro Cuore non riesco a volere male :-)