329_MISSION TO MARS . Stati Uniti, 2000. Regia di Brian De Palma.
Sorprendente escursione nella fantascienza da parte di un
regista, il maestro Brian De Palma, che sembrava non averla nelle sue corde, Mission to Mars è, prima di tutto, un
film divertente e divertito. De Palma ci introduce nella sua fantascienza con un incipit programmatico: ad aprire il suo
tipico piano sequenza, significativamente su un momento di puro svago come una
grigliata tra amici, c’è un roboante lancio di un missile… giocattolo. La scena
è curiosa perché l’audio sembra quello di un vero lancio da Cape Canaveral
mentre poi vediamo il missile aprirsi e lasciare cadere le stelle filanti:
scherzi alla Brian De Palma, che vuole quindi chiarire, fin dal principio, che
il suo è un mero divertissement.
Sintonizzato lo spettatore sul giusto registro, il regista nato a Newark parte
deciso con la sua storia e, dopo aver imbastito i necessari legami tra i vari
personaggi, si arriva finalmente nello spazio. Il protagonista designato ad
essere il primo uomo su Marte è Luke Grahame (Don Cheadle), ma nel team c’è
anche la coppia Woody (Tim Robbins) e Terri (Connie Nilsen), e poi Phil (Jerry
O’Connell) e, soprattutto, Jim (Gary Senise) in principio maggior candidato al
ruolo di primo esploratore del pianeta rosso. Purtroppo la morte della moglie
aveva eccessivamente turbato Jim, che è stato così messo in secondo piano, in
un compito di supporto pur all’interno della missione. La prima parte del film
è dedicata maggiormente a questi equilibri interni all’equipaggio, con Woody e
Terri che, ad esempio, condurranno una sorta di esperimento sulla vita di
coppia nello spazio.
Ma l’intenzione di De Palma è un’altra, e ben presto ci si
rende conto che Mission to Mars è una
sorta di frullato di tutta, o quasi, la fantascienza, a partire proprio dal
film più importante, 2001 Odissea nello
spazio di Stanley Kubrick, che il regista non teme affatto di tirare in
ballo senza alcun timore riverenziale e anche con una buona dose di
sfacciataggine. E, a questo punto, forse grazie anche a quell’incipit quasi
demenziale, col missile posticcio accompagnato dal sonoro di un vero lancio,
l’operazione di De Palma risulta funzionale e niente affatto blasfema: i rimandi al genere servono
come sponde per il regista di origine italiana per portare avanti la sua storia.
Così si procede tra un riferimento a Spielberg e uno a Flash Gordon, senza
dimenticare una serie di analogie con Apollo
13, il film di Ron Howard, che serve come referente non fantascientifico,
ma sui viaggi spaziali.
E poi altro ancora ma, in definitiva, il tutto è innestato
su un plot narrativo che ricorda la storia a fumetti Venti di Marte della serie Jeff Hawke di Sidney Jordan, con il condimento
di una costante suspense a far da collante: il risultato è garantito. Visivamente
di grandissimo effetto nelle scene nell’astronave e soprattutto nello spazio, Mission to Mars è credibile, come
ambientazioni, anche quando si sposta sul pianeta rosso. A quel punto cambia un
po’ la deriva delle atmosfere, con la faccia
marziana e le scene del racconto della
colonizzazione terrestre che, giocoforza, devono attingere ad un tipo di
immaginario meno asettico, alla Incontri
ravvicinati del terzo tipo o alla fantascienza virata di fantasy, ma per De Palma tutto è lecito.
Compreso la folgorante entrata nella gigantesca testa marziana, con lo schermo inondato di un bianco purissimo che
ci riporta per un attimo alle atmosfere kubrickiane.
La morale della favola, ovvero i marziani
siamo noi, riprende un po’ la fantascienza anni ’50, quella sottilmente politicizzata dei racconti alla Fredrik
Brown (valga per tutti lo spiazzante La
sentinella del 1954) e forse De Palma pensa che sia d’attualità negli Stati
Uniti dell’anno 2000, che si apprestavano al terzo millennio senza rivali, da
razza padrona. Ma, per il finale, da pelle d’oca, con Jim che lascia tutto alle
spalle per andare incontro a qualcosa di sconosciuto, il regista saggiamente
attinge al più grande di tutti: Richard Matheson, forse l’autore più influente
del dopoguerra nella cultura di massa.
Guardando l’astronave di Jim sfrecciare
nell’infinito, non può non venire in mente il minuscolo Scott Carey che, nel
romanzo Tre millimetri al giorno del
1956 (poi anche film Radiazione BX: distruzione uomo di Jack
Arnold, capolavoro, manco a dirlo), andava incontro all’ignoto, lanciando la
sua sfida. Commuoversi di fronte ad un’avventura ancora da vivere: il vero
spirito della fantascienza, quando il futuro è il combustibile del
presente.
Connie Nielsen
Kim Delaney
Elise Neal
Nessun commento:
Posta un commento