333_SATANIK .Italia, Spagna, 1990. Regia di Piero Vivarelli.
Negli anni ’60 in Italia, sulla scia del fortunato Diabolik, vennero alla luce numerosi fumetti cosiddetti ‘neri’: Kriminal e Satanik erano forse gli esempi più interessanti, anche per la cifra artistica degli autori, Max Bunker e Magnus (al secolo Luciano Secchi e Roberto Raviola). Pubblicati dall’Editoriale Corno, questi due personaggi votati al male, superarono per qualità delle loro migliori storie persino il capostipite degli eroi negativi in calzamaglia, il citato Diabolik. E Satanik, che era un personaggio femminile, era forse quello più interessante, più disturbante, perché introduceva l’elemento sessuale, e le devianze connesse, in ogni tavola. Qui la violenza, imperante in ogni momento di queste storie, aveva sempre una connotazione legata al sesso: era quindi un’ulteriore aggravante alle critiche imputabili a questi fumetti, che vennero spesso messi sotto accusa, addirittura in tribunale, per il loro presunto apporto diseducativo. Senza entrale nel dettaglio della polemica, (qui fuori contesto perché il film in oggetto è sostanzialmente innocuo da questo punto di vista), certamente la matrice provocatoria di questi personaggi era uno dei loro punti di forza, di cui gli stessi autori non si vergognavano di certo, soprattutto in relazione alla società bigotta e ipocrita del tempo. Purtroppo, tutto questo aspetto, fondamentale per capire l’importanza di una figura come Satanik, come si accennava viene sciupato e pesantemente annacquato nell’opera di Piero Vivarelli. Il film racconta, a grandi linee, il pretesto narrativo per cui la povera Marnie Bannister (qui oltre che brutta è anche invecchiata, differentemente dal fumetto) può diventare la bellissima Satanik, l’eroina del crimine. Lo scopo del Satanik di Vivarelli è quindi mostrare la splendida Magda Konopka, nei succinti panni della protagonista, e poco altro. La sceneggiatura è giusto una bozza e molti passaggi recitativi sono infantili, da recita scolastica. E per la regia, basti ricordare le parole di Pupi Avati (aiuto regista) che, nel guardare Vivarelli al lavoro su questo Satanik, raccontava di come imparò il modo in cui non si dirige un film.Magda Konopka
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