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mercoledì 20 dicembre 2017

L'UOMO DALLA CRAVATTA DI CUOIO

67_L'UOMO DALLA CRAVATTA DI CUOIO (Coogan's Bluff). Stati Uniti, 1968;  Regia di Don Siegel.

 New York, fine anni sessanta: un luogo davvero difficile, dove occorre essere dei veri duri, per cavarsela. La criminalità divampa ed è sempre più strafottente; e quand’anche vedesse la mal parata, è scaltramente lesta ad aggrapparsi ai diritti civili, alle regole, alla burocrazia disciplinare. Una vita difficile per il tenente McElroy (il bravo Lee J. Cobb), che infatti ha perennemente una smorfia di disgusto dipinta sul viso. Ma c’è anche chi prova a comprendere la controparte, la bella e fascinosa Julie (Susan Clark), psicologa del dipartimento di polizia; alla quale però, in cambio delle aperture, può capitare di prendersi una pesante e volgare palpata al seno, addirittura durante un colloquio nella stazione di polizia. E’ una scena tagliata, quest’ultima, nella versione italiana del film di Don Siegel, Coogan’s Bluff e da noi intitolato L’uomo dalla cravatta di cuoio; ma, in generale, nella pellicola il crimine sembra, almeno a prima vista, approfittarsi della generosa ingenuità di chi, come Julie, cerca di capirne i motivi alla base del comportamento deviato.
E allora come risolvere la situazione? Don Siegel, che ha la fama di duro, inventa uno stratagemma e convoca nella grande mela il pistolero dei film di Sergio Leone, quello che non andava troppo per il sottile e risolveva le questioni a colpi di revolver. Detto fatto: Clint Eastwood arriva davvero! Vestito da cowboy, immancabile cappello in testa, proverbiale allergia per regole e divieti e nessuna pietà o compassione per i criminali: prima di partire per New York, facciamo in tempo a vederlo all’opera anche in Arizona. Cattura un fuggiasco pellerossa, lo lascia ad aspettare i suoi comodi ammanettato ad un palo, e gli nega perfino una semplice sigaretta.
Però nella metropoli Coogan (che giustamente ha il cognome ma non il nome, proprio come il pistolero leoniano) trova pane per i suoi denti. Ma se la criminalità non esita a giocare sporco o ad approfittare delle debolezze umane, ad esempio per il gentil sesso, Coogan fa anche in fretta a sintonizzarsi in modo da spianarsi la strada ad ogni costo, sia nel malmenare Linny, una piacevole delinquente (Tisha Sterling), sia tradendo la fiducia di Julie, la psicologa. Il rischio che la spirale di violenza faccia partire per la tangente il nostro ammazzasette è grande, e quando sferra un tremendo cazzotto all’indirizzo del musetto di Linny, per un attimo si trattiene il fiato. 

Per fortuna Coogan devia leggermente il colpo arrivando così a colpire la parete in legno della camera giusto accanto al viso della ragazza (che sia questo il Coogan’s Bluff del titolo originale?) e ce la caviamo sia noi che la poveretta con un bello spavento. La quale, a questo punto terrorizzata, si decide a parlare, e si arriva allo scontro risolutivo, che chiude narrativamente la trama poliziesca.
Julie, davvero incantevole ma fin troppo compassionevole, perdona Coogan per il pesante sgarro subito; ma il lieto fine deve essere rimandato, in quanto l’uomo deve tornare in Arizona per scortare il malvivente catturato.
In realtà, Don Siegel, che è sì un duro, ma ha il cuore tenero, ci riserva il miglior finale possibile.
Sull’elicottero che lo porta via da New York, Coogan si accende l’ennesima sigaretta; poi guarda il suo prigioniero, ammanettato a lui. E gli offre da fumare.







 Trisha Sterling




Susan Clark




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