Translate

lunedì 18 dicembre 2017

DETROIT

65_DETROIT Stati Uniti, 2017;  Regia di Kathryn Bigelow

L’incipit di Detroit, l’ultimo film di Kathryn Bigelow, è affidato a disegni stilizzati che ci raccontano sommariamente il perché nella città dell’automobile citata nel titolo dell’opera, situata nel nord degli Stati Uniti, nel corso del XX secolo si formò una comunità così rilevante numericamente di afroamericani, in origine stanziati più che altro nel meridione del paese. E’ evidente che si tratti di una ricostruzione attendibile fino ad un certo punto, d’altra parte Detroit è un film drammatico, mica un documentario storico. Ma a grandi linee l’idea potrebbe essere quella; e allo stesso modo, il resto dell’opera non è tanto da intendere come una ricostruzione minuziosa dei fatti occorsi 50 anni fa, nel luglio del 1967 nella città americana, per quanto esteticamente ambisca ad esserlo; ma da quello che si vede possiamo certamente provare a farci qualche opinione in merito. E, a questo proposito, la regista non manca di mostrarci alcune fotografie storiche, a riprova che i fatti raccontati non sono di pura fantasia; purtroppo. Se Detroit è presentato come un film drammatico ispirato alla cronaca, la regista pone l’accento proprio sull’evento storico in quanto tale: non c’è, infatti, un personaggio che, durante il film, si erga sopra gli altri interpreti. Diversamente, c’è un episodio, quello legato al Algiers Motel, che si pone in primo piano rispetto a tutti i moti di protesta, ed è, a conti fatti, il vero protagonista del film di Kathryn Bigelow. Ad una prima parte in cui viene impostato il racconto, succede infatti il corpo della vicenda, interamente vissuto all’interno del motel dove avvengono efferati omicidi, torture, pestaggi e intimidazioni, inflitti ad alcuni ragazzi da parte delle forze dell’ordine.
La Bigelow mantiene il suo stile vigoroso, spesso brutale, sia per la fase introduttiva che nelle scene del motel, dove però scatena tutta la sua proverbiale capacità di mostrare la violenza in modo ineguagliabile. Il film diventa così praticamente un horror, ora con i poliziotti nel ruolo di zombie che assediano il motel, ora nel ruolo di psicopatici torturatori; la violenza permea talmente i locali dell’Algiers che sembra di stare sul set di uno snuff-movie
Il tema del razzismo domina ovviamente l’opera, e Kathryn Bigelow sembra quasi cinicamente disincantata, quando, con perfida ironia, fa dire ad una delle ragazze protagoniste del film “siamo nel 1967”, come dire che non fosse più il tempo di perdersi dietro a ideologie ottuse come la discriminazione razziale. E adesso sono passati altri 50 anni, sembra appunto dirci la regista.
Ma c’è un rammarico più grande, peggiore di quel solco che i fatti del 1967 hanno contribuito a scavare tra le comunità, le etnie, chiamiamole come vogliamo, dell’America, (e purtroppo non solo.)
Per quanto i fatti siano gravi, e le conseguenze forse irreversibili, c’è di peggio, in questa storia.


Il film è corale, non ha un vero protagonista, perché il centro della scena è l’Algiers Motel, questo si è detto. Però, nel finale, c’è un ultima inquadratura, per uno dei protagonisti, per il suo sguardo spento: è Larry Reed (Algee Smith) un uomo, non un uomo di colore, un uomo e basta, che con la sua scelta certifica la fine del Sogno Americano. L’American Dream non è stata solo una favola per i consumatori, era anche l’ipotetica possibilità che in America chiunque, proprio chiunque, potesse farcela, avere successo anche nel senso di fare quello che si desiderava (dream, come sogno ma anche desiderio). Un po’ tutti abbiamo creduto nel Sogno Americano, magari anche solo per avere il rimpianto di non godere di quella possibilità, perché confinati nelle pastoie burocratiche del Vecchio Mondo.
Il razzismo è un problema, certo, ma è un fardello del passato, dell’ottusità umana, che, quando un po’ di luce si facesse mai largo in quelle opache menti, si squaglierebbe.
Ma perdere i propri sogni, anche quelli irrealizzabili, ci lascia proprio senza alcuna speranza.




Nessun commento:

Posta un commento