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venerdì 6 ottobre 2023

IL DESTINO DEGLI UOMINI

1371_IL DESTINO DEGLI UOMINI . Italia, 2018; Regia di Leonardo Tiberi.

Si chiude con Il destino degli uomini la curiosa trilogia dedicata alla Grande Guerra da Leonardo Tiberi. Se Fango e Gloria (2014), aveva destato qualche perplessità, più nel risultato che nella lodevole intenzione, Il destino degli uomini conferma i miglioramenti già presenti in Noi eravamo (2017). L’operazione chirurgica di assemblaggio, che caratterizza questa trilogia bellica, raggiunge infatti il suo apice in questo Il destino degli uomini, con un pregevole risultato complessivo frutto di un lavoro che presenta almeno due innesti dislocati su differenti livelli. Il più evidente di questi innesti, quello ormai consolidato in questi film di Tiberi, è quello tra il materiale d’archivio e una ricostruzione di fiction, in questo caso di buona qualità, seppur di matrice ancora troppo televisiva. In ogni caso, convincente l’interpretazione di Andrea Sartoretti che ci permette di conoscere un autentico eroe della nostra Storia, quel Luigi Rizzo artefice della mitica Impresa di Premuda, evento più importante del lungometraggio. E, in generale, nonostante la citata influenza del piccolo schermo, va riconosciuto che la componente di finzione raggiunge un buon risultato anche grazie alla professionalità del cast e di una sufficientemente valida messa in scena. Sempre curioso, invece, l’impatto delle immagini d’archivio ricolorate e spesso adeguate nella velocità: è evidente che si tratti di uno sforzo immane, ciononostante qualche perplessità, soprattutto nella resa cromatica, ogni tanto si avverte, questo è doveroso segnalarlo. Eppure, grazie alle splendide scene storiche dell’affondamento della SMS Szent Istvàn, la corazzata Santo Stefano della Imperial-Regia Marina Asburgica, la scelta di Tiberi è da plaudire senza se e senza ma. 

C’è poco da fare: a meno di non essere ad Hollywood, non è ancora possibile realizzare film con sequenze così impegnative come quelle della guerra navale – e di uno spettacolare affondamento, poi – e, allora, ricorrere ad immagini d’archivio, per una volta girate con rara maestria, è una soluzione eccellente. Nel film, in modo coerente con la componente di finzione, si trova il modo di chiarire come l’affondamento della Santo Stefano poté essere immortalato su pellicola in modo tanto efficace. Miklòs Horthy, il comandante della Imperial-Regia Marina, aveva deciso di forzare il blocco italiano sul canale di Otranto; una mossa che, se portata a compimento, avrebbe chiuso i conti nel Mediterraneo. A bordo della SMS Tegethoff, nave da guerra gemella della Santo Stefano, vennero imbarcati gli strumenti cinematografici per riprendere la prevista e decisiva vittoria austriaca. 

Sotto la direzione del capitano Jager (nel film, Ralph Palka), agli operatori spettò, al contrario, l’amaro compito di filmare il frutto dell’impresa di Rizzo che, con uno dei famosi MAS, mandò a picco la gigantesca corazzata. I MAS, acronimo per Motoscafo Armato Silurante, erano piccole imbarcazioni di una quindicina di metri, e furono un efficace strumento bellico della Regia Marina Italiana, che li utilizzò anche nella Seconda Guerra Mondiale. A proposito del secondo conflitto mondiale, il film di Tiberi azzarda una seconda commistione –oltre a quella citata tra immagini di repertorio e di finzione– con la vicenda raccontata che si snoda tra gli eventi dell’Impresa di Premuda, e la prigionia di Rizzo in mano ai tedeschi nel 1944. Le immagini cruciali del racconto sono quindi viste perlopiù attraverso vari flashback, con una raffinata costruzione della trama più recente che li giustifichi. Non è probabilmente solo un vezzo autoriale, questo. Il punto è che Rizzo, come altri eroi italiani del suo tempo, finì per essere preso come simbolo dal regime del Ventennio, al quale va detto, collaborò come Consigliere nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni, nel 1939. 

Questo fece probabilmente di lui, in tempi successivi, un personaggio scomodo, da ignorare in quanto rappresentante di un periodo, quello fascista, che andava rimosso. Peccato che, con questa operazione negazionista, si commise un’ingiustizia nei confronti di un eroe del nostro paese: oltre all’Impresa di Premuda raccontata nel film di Tiberi, Rizzo fu infatti della partita nella Beffa di Buccari, un’azione magari anche irrilevante in termini strettamente militari, ma che diede la scossa all’Italia dopo la disfatta di Caporetto. E, soprattutto, aveva già colato a picco una corazzata austriaca, la Wien, operazione che, insieme a quella inferta ai danni della SMS Szent Istvàn, gli fece guadagnare il soprannome di l’Affondatore. Eventuali passaggi meno felici della sua vita, come l’adesione al PNF, sono certamente censurabili ma sono ben bilanciati da altri, come l’arresto subito dalla Gestapo per la sua fedeltà all’Italia, durante l’ultimo periodo della Seconda Guerra Mondiale, come mostrato anche nel film di Tiberi. Insomma, non si tratta di celebrare un santo, ma un eroe di guerra quello indiscutibilmente sì. Una didascalia, nel finale de Il destino degli uomini, recita che alla vedova Rizzo (nel film, Marta Zoffoli), fu a lungo negata la pensione, proprio a lei che aveva visto il figlio Giorgio morire mentre era a bordo di uno dei MAS italiani, ucciso dai nazisti. Questo nel paese dei facili vitalizi, giusto per chiarire. Fosse anche solo per questo piccolissimo dettaglio, Il destino degli uomini è un’opera indispensabile, al di là delle questioni tecnico artistiche del film in sé.   



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