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domenica 8 ottobre 2023

NUVOLA NERA

1372_NUVOLA NERA (Last f the Comanches). Stati Uniti, 1953; Regia di André De Toth.

Era stato proprio Zoltàn Korda, regista magiaro, a chiamare André De Toth in occidente dalla natia Ungheria e, quindi, possiamo intendere come una sorta di tributo la somiglianza tra Nuvola Nera, western del 1953, con il film di guerra Sahara di dieci anni prima. Questo per toglierci subito il pensiero, visto che in genere il western di De Toth viene sempre presentato come una sorta di remake dell’opera di Korda. In ogni caso, una volta smarcati dal precedente ambientato nel deserto africano, possiamo affrontare liberamente Nuvola Nera, film che nell’originale si intitola Last of the Comanches. Sul momento, le cose che stupiscono sono essenzialmente due: la prima delle quali è il ritmo indiavolato con cui comincia la vicenda, oltretutto praticamente in corso d’opera. Un approccio narrativo davvero inatteso in un film degli anni Cinquanta. La seconda è il punto di vista sulla Questione Indiana. Ma andiamo con ordine. Il lungometraggio è introdotto da alcune didascalie che ci presentano la problematica situazione, con i Comanches di Nuvola Nera che sono rimasti gli ultimi irriducibili belligeranti tra gli indiani. Tutto sommato, Nuvola Nera è un western classico, nonostante come impianto generale potrebbe essere anche assimilato ad una produzione di serie B – che all’epoca non era certo un termine dispregiativo, sia chiaro. Tuttavia la solida abilità di De Toth in regia, la calda luce della fotografia di Charles Lawton Jr e Ray Cory, e altri aspetti tecnici realizzati con cura, garantiscono una confezione formale degna di un classico. 

Che poi è anche l’idea degli autori, che infatti ripresentano alcuni topoi dei western dell’epoca: l’assedio, la razzia incendiaria, la carica della cavalleria, l’attacco degli indiani, l’assalto alla diligenza, l’arrivano i nostri risolutivo con tanto di tromba squillante. E, forse per mettere in fretta le cose in chiaro, e narrativamente per arrivare presto al punto che preme agli autori, alcune di queste situazioni arrivano sparate subito dopo l’inizio del film. I Comanches attaccano e bruciano il piccolo paesino di Dry Buttes; scene spettacolari e ben girate ma la cosa interessante è, come accennato, che il film inizi praticamente a battaglia ormai chiusa. Gli indiani hanno vinto a mani basse e al manipolo di soldati superstiti non rimane che squagliarsela. La marginalità nello sviluppo di un tipico soggetto nel film è sottolineata dal fatto che il più alto in grado, a cui spetta quindi il comando, è un sottufficiale: si tratta del sergente Trainer interpretato alla grande da Broderick Crawford. Crawford, pur essendo un eccellente attore – premio Oscar come miglior protagonista nel 1950, tra l’altro – non aveva propriamente il physique du rôle per tenere il centro della scena in un western classico e questa è un’altra anomalia di Nuvola Nera. D'altronde, nel cast, tra i sopravvissuti, non ci sono grandi nomi: c’è il semi-esordiente Mikey Shaughnessy (nel ruolo di Rusty) e, forse, l’unico che avrebbe potuto avere qualche ambizione per emergere, Lloyd Bridges (è il soldato Sturbuck) che, tra le altre cose, figurava anche nel citato Sahara di Zoltàn Korda; una sorta di sopravvissuto due volte, insomma. Ma, in ambito western, Bridges era forse ancora troppo legato all’immagine del vicesceriffo vigliacco di Mezzogiorno di fuoco (1952, di Fred Zinnemann) e quindi non proprio indicato per fare il protagonista. Infatti, il suo personaggio, seppur abbia un certo zelo, è anche piuttosto ottuso, soprattutto nei confronti del giovane indiano Little Knife (Johnny Stewart). 

Il ragazzino è un Kiowa e non un Comanche e, in prima istanza, è per la verità guardato con una certa diffidenza da tutti, sergente Trainer compreso; il sottoufficiale sembra addirittura seriamente intenzionato a lasciarlo morire di sete nel deserto. Decisivo, probabilmente, l’interessamento, alla sorte del giovane, da parte di Miss Julia, che ha l’influente aspetto di Barbara Hale, e il kiowa viene quindi preso in comitiva. Il ragazzino si rivelerà in seguito doppiamente fondamentale per la salvezza degli ulteriormente sfoltiti sopravvissuti, e questo è un elemento cruciale nella valutazione complessiva dell’opera. Perché, dopo i primi scoppiettanti minuti, la trama si è assesta nella ricerca di una via d’uscita dal deserto senza aver a disposizione che pochissima acqua. 

L’eterogeneo gruppo arriva quindi ai ruderi di una vecchia missione, dove, da un pozzo semisepolto, i nostri riescono a cavare un minimo d’acqua. Ma presto si palesano i Comanches bellicosi ed assetati e il tema diventa quello di un assedio in cui il sergente Trainer si inventa qualche trucco perché il suo scopo è quello di trattenere lì lo sgusciante Nuvola Nera. Anche questo è quindi un argomento trattato in modo singolare: in genere gli assediati si battono per far sloggiare gli assedianti mentre, in questo caso, Trainer manda Little Knife a chiamare i soccorsi mentre cerca di tenere impegnato il capo comanche. Nuvola Nera è quindi un western che rispetta i cliché dei classici del tempo, si veda la scena con le siluette che si stagliano contro i caldi colori dell’aurora come esempio figurativo, ma è come se mettesse al centro della scena i ritagli, gli scarti, almeno stando ai canoni del genere. Perfino la traccia sentimentale è preparata a dovere ma poi, quando dovrebbe scoccare il bacio tra Julia e il sergente, è come se la ragazza si rendesse conto che non è una storia che possa funzionare e lascia quindi perdere. Le cose, insomma, ci sono, ma vanno un po’ a rovescio, dal citato assedio all’assalto della diligenza che, sul più bello, fa dietro front e si mette lei in posizione d’attacco. Anche la Questione Indiana è trattata in modo singolare: il western classico aveva più volte rivendicato pubblicamente le ragioni dei nativi mentre Nuvola Nera imposta il suo racconto ponendo i Comanches come cattivi conclamati della vicenda. Tra l’altro, tra i tratti poco lusinghieri con cui vengono dipinti questi Comanches, oltre ad uno sciocco atteggiamento vanitoso del loro capo, va messo a referto anche un attacco vigliacco poco dopo una trattativa che sconfessa la tipica lealtà attribuita agli indiani anche nei film. Tuttavia il vero eroe della storia, quello che prima indica la strada per il pozzo, poi lo trova seppellito nella sabbia e, infine, va a chiamare i rinforzi arrivando con cinematografica puntualità, è proprio un indiano, Little Knife. Che, oltretutto, aiuta delle persone che, lì per lì, quando l’avevano trovato in mezzo al deserto, lo stavano lasciando a morire di sete senza darsi troppo pensiero. Il suo comportamento è davvero eroico, forse umanamente poco credibile, ma certamente degno di un eroe dei western classici: come appunto Nuvola Nera. Anno 1953: l’eroe di un western hollywoodiano è un indiano. Alla faccia del western revisionista. 




Barbara Hale 




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