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venerdì 25 marzo 2022

I PREDONI DEL KANSAS

992_I PREDONI DEL KANSAS (Kansas Raiders). Stati Uniti 1950;  Regia di Ray Enright.

Con Il ranch delle tre campane il regista Ray Enright aveva solo in parte affrontato il tema della Guerra Civile Americana; considerato l’importanza dell’evento bellico nella storia del paese, non si poteva certo dire in modo esaustivo. Il western, il genere storico americano, si apprestava a diventarne l’epica ma, negli anni quaranta aveva cercato di risolvere, ovviamente coi propri mezzi e coi propri limiti, i contrasti che ancora infiammavano la memoria degli statunitensi dividendo il paese. Fu forse per questo, per incarnare questi sentimenti, che il western romantico celebrò troppo spesso la figura dei fuorilegge del west, raccontandoli con meriti che andavano oltre le eventuali attenuanti che questi banditi potessero avere per la condotta criminale tenuta. A bilanciare questi intenti, anche solo perpetrati per sfruttare il fascino che la figura di questi banditi esercitava su larga parte della popolazione, Ray Enright tornò a più riprese sull’argomento, andando a definire meglio i ruoli e le responsabilità che questi protagonisti storici avevano avuto. I predoni del Kansas chiarisce sin dal titolo che quelli di Quantrill furono volgari banditi e il narrato del film stesso non potrebbe essere più esplicito in materia. Enright, peraltro, è autore che conosce bene il cinema di genere e, quindi, non parte a testa bassa con una filippica moralistica contro gli scorridori che insanguinarono il Kansas. A protagonista del suo film chiama infatti Jesse James, il noto fuorilegge, interpretato da un giovanissimo Audie Murphy. E, a suo fianco, il fratello Frank (Richard Long), i fratelli Younger, Cole (James Best) e James (Dewey Martin) e, per chiudere in bellezza, Kit Dalton (un Tony Curtis d’inizio carriera). 

In pratica un gruppo composto dai quattro futuri membri della banda James e un ipotetico Dalton scelto in rappresentanza dei famosi fratelli fuorilegge. Il film racconta della loro adesione, dopo che avevano visto le loro terre saccheggiate dai redlegs, i guerriglieri irregolari nordisti, nelle fila dei Predoni del Kansas, le milizie di William Quantrill (Brian Donlevy). Enright fonda il suo racconto sui dubbi che assalgono Jesse James quando questi scopre che gli uomini di Quantrill non sono diversi dai redlegs: il regista si concede più di una licenza poetica, ma il succo del discorso appare abbastanza chiaro. La guerra aveva lacerato il paese ma l’operato degli irregolari non fu una conseguenza della dilagante violenza quanto piuttosto una delle principali cause. Tra le citate licenze poetiche c’è quella della fine di Quantrill a cui Enright concede una morte cavallerescamente eroica: ma che non sminuisce la gravità delle sue malefatte. 

Non è però la sola inesattezza: nel descrivere la sanguinosa scorreria nota come il massacro di Lawrence (fatto storico del 21 agosto 1863) non viene dato il risalto adeguato ai tantissimi civili inermi uccisi deliberatamente mentre è del tutto inventato il conto che Jesse salda a Bloody Bill Anderson (Scott Brady), in quanto il braccio destro di Quantrill fu eliminato dai nordisti solo l’anno successivo. Al di là di questi dettagli, in fondo siamo in un western e non in un documentario, Enright cerca di non sconfessare troppo i cliché del genere andando però a puntualizzare meglio la situazione generale. Purtroppo, per lo spettacolo, questa attenzione a dare la giusta prospettiva di questi eventi va a discapito di una delle caratteristiche tipiche dei western degli anni quaranta di cui il regista americano era particolarmente incline, quella romantica. C’è anche qui una presenza femminile importante, Kate (Marguerite Chapman), ma la storia imbastita, con i tanti passaggi obbligati, non offre la sponda a Enright per svilupparla nel modo a lui consono. E forse solo per questo che dobbiamo ricordare I predoni del Kansas come un film prezioso, tutto sommato come testimonianza dello scrupolo del suo autore, ma inferiore a Frontiere selvagge (1947), Gli avvoltoi (1948) o Il ranch delle tre campane (1949), opere simili di Enright dove i ruoli femminili davano un sapore del tutto particolare al genere western.      








Marguerite Chapam





1 commento:

  1. beh, diavolo, questi sono cattivi senza se e senza ma, non si scappa! :)
    la parola "scorridori" mi ha sempre colpito...certo però che mettere solo uno dei fratelli Dalton non so quanto sia efficace, anche se in quella posa che hanno tutti insieme, nella prima foto in alto, un po' la banda la ricordano...

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