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sabato 12 marzo 2022

THE SOMME (2005)

985_THE SOMME ; Regno Unito, 2015; regia di Carl Hindemarh.

Probabilmente, per eventi storici che appaiano di difficile comprensione o troppo improbabili, in ambito cinematografico il documentario è il genere più adatto; il cinema di finzione richiede spesso sospensione d’incredulità in dosi massicce, si pensi al genere fantastico, ma in caso di avvenimenti che sono realmente accaduti il meccanismo rischierebbe d’incepparsi. Chi potrebbe infatti pensare che, a fronte di una guerra già durissima che aveva messo a mal partito in men che non si dica l’esercito di professione britannico, la folle chiamata alle armi di Lord Kitchener avrebbe potuto suscitare una simile plebiscitaria adesione da parte dei giovani inglesi? Il docufilm The Somme di Carl Hindmarc si premura di dirci che l’aristocratico ministro della guerra aveva richiesto 100.000 uomini con la sua celebre campagna di reclutamento e, in soli cinque mesi, la risposta fu dieci volte superiore! Il racconto filmico procede imperterrito e ben narrato ma è difficile schiodarsi da questo elemento: per quale motivo i giovani inglesi aderirono in modo cosi massiccio e convinto ad una chiamata alle armi per una guerra che, in fondo, non li riguardava poi direttamente? Tedeschi e francesi avevano eserciti di leva e quindi gli uomini validi erano obbligati ad andare sotto le armi, pena spiacevoli, molto spiacevoli, conseguenze. Gli inglesi furono oggetto invece della propaganda di regime: d’accordo, è la specialità della casa (gli inglesi sono formidabili in questa attività) ma può bastare per sollecitare a tal punto il romantico ideale di morire per il re e per il proprio paese? Paese che non era, va sottolineato, sotto alcuna minaccia. 

E’ vero che i tedeschi avevano invaso il Belgio e c’erano precisi accordi di tutela dell’Impero Britannico verso il piccolo stato europeo; notare che, stando a questo racconto filmico, il fatto che l’invasione riguardasse gli alleati francesi sembra scaldasse molto meno l’animo dei giovani inglesi. In ogni caso, quello tra l’Impero Britannico e il Belgio era un accordo politico: è sufficiente l’evidente efficienza della propaganda per convincere i giovani all’idea di andare a combattere in una terra straniera per difendere un paese straniero correndo un elevato rischio di morte (e le pesanti perdite nell’esercito di carriera britannico erano lì a dimostrarlo)? E, per comprendere la perplessità a fronte del fenomeno, ricordiamo ancora che si trattò una risposta eccezionale che colse impreparato persino l’ufficio di reclutamento stesso: come detto, stando a Hindmarc, l’adesione fu dieci volte il numero richiesto. E’ quindi una semplice deduzione: i britannici, non tanto le alte sfere ma proprio gli uomini che componevano la truppa, parteciparono alla guerra sulla base di una libera scelta e gli elementi in genere citati come motivazione dell’entrata in conflitto dell’Impero Britannico (leggi, l’invasione tedesca del Belgio), possono essere intesi in uno spettro di possibilità che varia dal sentimento di giustizia al mero pretesto. E mentre quest’idea si fa strada nella mente dello spettatore, ecco le immagini del docufilm in cui si vedono i soldati andare alla guerra, volontari e giubilanti, a suffragare che la scelta in questione fosse stata presa non certo controvoglia. I primi, non si dice ad essere sorpresi ma certamente ad essere impreparati a gestire un simile patrimonio umano così ben disposto ad andare a guerreggiare, furono proprio i comandanti britannici. 


Dopo un veloce e scarno addestramento, il grande contingente di giovani volontari venne subito messo alla prova su un campo di battaglia prevedibilmente ostico, il fronte occidentale nel settore tranciato dal fiume Somme. L’idea era quella di sfruttare l’enorme disponibilità di uomini per una grande offensiva che costringesse i tedeschi ad arretrare, lasciando i territori occupati. A Verdun i francesi erano costantemente sotto pressione, l’idea del Big Push era anche una risposta alle loro richieste di alleggerirne il carico, e sulla Somme il loro apporto fu quindi limitato. Con l’illusorio intento di evitare di mandare i propri uomini al macello contro un fronte strutturalmente ben consolidato come quello tedesco, i britannici diedero il via ad un pesantissimo fuoco di artiglieria che avrebbe dovuto livellare le difese nemiche. Per giorni gli inglesi martellarono senza sosta senza però debellare del tutto la resistenza tedesca. Il giorno dell’offensiva, il docufilm ci riserva un’altra sorpresa in prima istanza davvero poco comprensibile: al momento dell’attacco, per coprire una distanza nella terra di nessuno nemmeno troppo ridotta e particolarmente ricca di ostacoli, i soldati non furono mandati di corsa o, perlomeno, fatti avanzare in modo circospetto ma vennero fatti procedere al passo e ben allineati orizzontalmente lungo il fronte. 

Effettivamente il lento incedere di una schiera infinita di soldati avrebbe dovuto terrorizzare il nemico, già frastornato e traumatizzato dall’incessante e devastante bombardamento. Una mossa che in parte funzionò per quello che riguarda la primissima linea delle trincee tedesche; il problema fu che le fortificazioni nemiche erano disposte su più linee e quelle arretrare erano più difficilmente raggiungibili dall’artiglieria leggera britannica. Il risultato fu che, se alcuni reparti inglesi riuscirono a prendere la prima trincea, dando l’illusione del successo al generale Rawlinson (nella finzione interpretato da Ewan Stewart), nel procedere dell’avanzata trovarono un’amara sorpresa. I tedeschi della seconda e terza linea di fortificazione non avevano subito danni così rilevanti da renderli inoffensivi e, vista la non eccessiva velocità dell’operazione, avevano avuto quindi il tempo di piazzare le terribili mitragliatrici. Nel solo primo giorno di battaglia, i britannici patirono oltre 50.000 perdite, tra morti e feriti, grazie a questa estrema ed ambiziosa strategia che presentava rischi eccessivamente elevati e che furono pagati tutti a prezzo carissimo. 

Si trattava infatti di un’azione azzardata già di suo, visto la mole dell’operazione, che veniva messa in pratica perlopiù da reparti senza alcuna esperienza specifica: l’idea di sottoporre i tedeschi ad un attacco su tutta la linea, aveva una logica (mettere in difficoltà le seconde linee pronte alle chiusure sulle offensive), ma portava naturalmente in dote alcune insidie. Se la capacità di resistenza delle prime linee era infatti stata ripetutamente testata durante gli scontri, ben più difficile, proprio per la dinamica della guerra di trincea, capire quali fossero i limiti dei reparti che intervenivano in seconda battuta. Insomma, gli elementi per sospettare la precarietà dell’impresa c’erano e, visto la posta in palio, lascia stupefatti che siano stati trascurati in fede di una specie di ottuso ottimismo. Da parte loro i francesi, già agevolati dalla loro più agile artiglieria oltre che da reparti composti da soldati più esperti, fecero la loro parte con onore raggiungendo i propri obiettivi; quasi beffardamente, per gli inglesi, che avevano organizzato la cosa, fu invece un bagno di sangue del tutto inutile. A vederlo raccontato in un documentario ci si può credere; fosse stato un normale film di guerra verrebbe naturale ritenerlo una lettura fin troppo romanzata degli avvenimenti. In questo senso, appare quindi legittima l’idea di un docufilm che andasse a
spiegare non solo i dettagli bellici della battaglia della Somme ma anche alcuni passaggi talmente poco comprensibili da sembrare davvero poco credibili. Così Hindmarc e i produttori di The Somme potendo sfruttare la voce fuori campo, le immagini di finzione realizzate appositamente, le esplicite ricostruzioni in computer grafica dell’enorme campo di battaglia e le evocative immagini di repertorio, ci riportano efficacemente in una pagina sanguinosa della Storia. Oltre che totalmente spiazzante.  

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