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giovedì 2 dicembre 2021

THE LIONS OF GALLIPOLI

935_THE LIONS OF GALLIPOLI (Çannakale Arslanlari); Turchia1965; Regia di Nurset Eraslan e Turgut Demirag.

Durante la Campagna di Gallipoli, un personaggio emerse per il valore mostrato sul campo di battaglia: era Mustafa Kemal che in seguito divenne una cruciale figura politica nella storia della nuova Turchia repubblicana, tanto da venir ricordato come Atatürk, il padre dei turchi. E’ quindi naturale che la vittoriosa battaglia contro gli alleati dell’intesa a Gallipoli sia ricordata in Turchia come la svolta che diede il là alla storia nazionale e quindi il cinema, nel 1964, arrivava a celebrarne degnamente il cinquantennale. Çannakale Arslanlari o come è noto a livello internazionale, The lions of Gallipoli (I leoni di Gallipoli), è un film storico di guerra con le legittime licenze poetiche come è d’abitudine al cinema. Certo, forse le scene che vedono i soldati turchi incalzare i nemici in fuga a gambe levate sono un tantino esagerate ma è nella logica delle cose; in fin dei conti i turchi han vinto la battaglia sul campo e rivendicano, come han sempre fatto tutti quanti nella Storia dell’umanità, il diritto di romanzare la questione a proprio favore. Va piuttosto riconosciuto al film di Nurset Eraslan e Turgut Demirag di non essere nemmeno troppo retorico ma di stemperare il clima teso della battaglia con una vicenda sentimentale tutto sommato sorprendente. Ma prima della svolta romantica, il racconto filmico si snoda alternando furibonde scene di battaglia, nel complesso apprezzabili, e alcuni passaggi che contestualizzano la narrazione. Queste pennellate sono di diversa natura e, nell’insieme, contribuiscono a dare l’idea di un racconto ben articolato e non una sterile rappresentazione degli scontri. 

Così, se in tema bellico c’è la famosa drammatica citazione attribuita a Mustafa Kemal (che spronò alla strenua resistenza i suoi con una frase tipo “io non vi ordino di attaccare; vi ordino di morire”), ci sono anche momenti goliardici tra commilitoni, come la lotta libera in avvio di pellicola. Quella, tra l’altro, sembra una dichiarazione programmatica degli autori, quasi un’ammissione: i militari che guardano partecipi l’improvvisato duello si esaltano durante le fasi della lotta, un po’ come presumibilmente faranno gli spettatori del film nelle successive scene di battaglia. Ma la lotta finisce con un atteggiamento sportivo dei due contendenti e c’è quindi l’impressione di voler circoscrivere le fasi dello scontro unicamente allo scontro stesso. In questo senso sembra da intendersi l’atteggiamento degli inglesi nei confronti del protagonista Mehmet (Tanju Gürsu), che viene curato e rispedito dalla sua parte del fronte addirittura carico di doni. 

Ma il bene più prezioso che il turco ottiene nella sua permanenza presso l’ospedale da campo nemico è il cuore della bella infermiera Hemsire Lora (interpretata da una giovanissima e già splendida Ajda Pekkan, sorta di divinità turca dello spettacolo). La storia d’amore tra un militare turco e un’infermiera che porta una bella croce in vista sulla divisa (a differenza della mezzaluna delle corrispettive ottomane) sancisce il tono conciliante del film. L’unico aspetto un po’ contrastato è la questione armena, che viene solo sfiorata dal racconto in alcuni degli intermezzi posti tra le scene di battaglia. Sebbene non ci sia un vero e proprio approdo all’argomento più delicato (scelta che forse potrebbe anche essere legittima, essendo il film concentrato sulle fasi della battaglia di Gallipoli) gli autori non evitano in toto la questione. 

La scelta è quella di mostrare come i sacerdoti armeni, ministri di quella religione che era il vero elemento distintivo tra le due comunità (la turca e la armena), si adoperarono come agitatori politici contrari alle forze dell’impero ottomano. Va detto che i sacerdoti nella storia sono due e il più anziano, che narrativamente si prefigura come il più saggio, sconsiglia il compagno di intromettersi in beghe che non riguardino la loro sfera di attività, ovvero quella religiosa. Tuttavia, forse proprio su questo terreno, che peraltro è storicamente il più difficile da affrontare per i turchi, il film I leoni di Gallipoli non è che faccia una gran figura. Che un religioso fornisca una bomba ad un ragazzino per fare un attentato è uno scivolone che gli autori si potevano risparmiare. Non fosse per questo passaggio davvero infelice, e tenendo un occhio benevolo sulle palesi ingenuità, Çannakale Arslanlari, con la sua vena naif, si rivela una delle più curiose rappresentazioni della Battaglia di Gallipoli sullo schermo.   



Ajda Pekkan




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