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domenica 12 dicembre 2021

CHUNUK BAIR

940_CHUNUK BAIR; Nuova Zelanda, 1992; Regia di Dale G. Bradley.

Tratto dal dramma teatrale Once on Chunuk Bair (1982 di Maurice Shadbolt), il film Chunuk Bair per la regia di Dale G. Bradley è un’opera che, pur raccontando di un’offensiva militare ambientata in esterni e su una collina, conserva un’impostazione scenica che tradisce la sua origine. Le scene sono perlopiù chiuse sugli uomini del reggimento neozelandese che occupano lo spazio di ripresa e, anche quando l’inquadratura consentirebbe uno sguardo oltre i militari acquatati, una generica e chiara foschia avvolge le immagini ricreando sullo schermo una sorta di effetto da palcoscenico. E’ una buona scelta, da parte del regista, perché l’atmosfera per così dire intima che pervade il racconto, lo smarca da eccessive pretese storiche e sottolinea piuttosto la sua importanza nel rivendicare da parte neozelandese un ruolo in genere sempre forse poco considerato in seno ad una delle campagne militari più disastrose della storia della Prima Guerra Mondiale. Questa famigerata azione militare, la battaglia di Gallipoli, con il suo clamore storico per la sciagurata carica suicida degli alleati britannici contro le resistenze difensive turche, e il complessivo fallimento dell’operazione, ha sempre destato molta sensazione comunicando probabilmente l’idea di un clamoroso errore di valutazione pagato a caro prezzo ma risoltosi relativamente in fretta. In realtà l’intera operazione durò circa otto mesi, da aprile a dicembre e, in mezzo a tal periodo di tempo, si cercò di forzare lo stallo creatosi con un’azione che vide all’opera le truppe provenienti dai Dominion dell’Impero Britannico. 
Ai neozelandesi fu affidato l’incarico di prendere la collina di Chunuk Bair e su questa azione bellica si basano il racconto di Shadbold e il film di Bradley: fu l’ennesimo assalto suicida che vide ingenti perdite da una parte e dall’altra ma per i kiwi, oltre all’enorme tributo di sangue, ci furono altri aspetti a lasciare ulteriormente l’amaro in bocca. Evidentemente il racconto si sofferma maggiormente sulla tragicità dello scontro, enfatizzata, ad esempio, dalla necessità dei soldati di uccidere i propri feriti più gravi per evitare loro le atroci sofferenze con cui erano comunque destinati a morire sull’impervio campo di battaglia. La durezza dei neozelandesi, caratterizzati da una certa rustichezza sin dal linguaggio, permise una prima riuscita di quest’impresa che era sostanzialmente impossibile secondo normali criteri militari. La collina fu infatti presa, a costo di pesantissime perdite, ma fu immediatamente persa (due giorni dopo) dal reparto che aveva dato il cambio ai kiwi; simbolico estratto di una campagna (quella di Gallipoli) sostanzialmente fallimentare. 

L’inadeguatezza del comando britannico è mostrata senza sconti a partire dal generale Ian Hamilton (Norman Forsey) alla guida delle operazioni ma ben al sicuro e al coperto dietro le linee; inoltre, se tutto il supporto necessario viene assicurato a Connolly (Kevin J. Wilson), comandante di un reparto neozelandese già in precarie condizioni fisiche, la promessa viene poi clamorosamente disattesa. In aggiunta a ciò, oltre al danno gli inglesi rifilano agli alleati una prima beffa: una volta conquistata da collina Connoly riceve dal comando britannico un messaggio di congratulazioni per lo splendido valore mostrato dagli australiani. L’ufficiale è sbigottito ma la comunicazione non sembra dar adito a dubbi: i generali britannici non sanno che l’impresa è stata condotta dai neozelandesi. Un’uscita che lascia esterefatto anche lo scafato sergente maggiore Frank Smith (Robert Powell) protagonista principale del film. Ma le amare sorprese per i kiwi non sono finite: dopo aver resistito ad una serie di cariche, rappresentate in modo evocativo da Bradley, ora con l’accompagnamento d’una musica d’organo ora con l’efficace uso del rallenty, viene avvistata una nave da guerra britannica che si avvicina alla costa. La virata a porgersi di lato non lascia presagire nulla di buono, visto che il lavoro di artiglieria andava fatto quando l’altura era ancora in mano turca. Il successivo bombardamento decima in modo radicale i pochi superstiti poco prima dell’arrivo del reparto che darà il cambio ai poveri neozelandesi. Ormai, in piedi si vede unicamente il sergente Smith, che può far quindi ritorno nelle retrovie ma lo fa brandendo il coltello della baionetta. A vederlo, torvo e minaccioso, non sembra certo il tipico eroe che va a riscuotere una medaglia al valore. 


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