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venerdì 10 dicembre 2021

TELL ENGLAND

939_TELL ENGLAND; Regno Unito, 1931; Regia di Anthony Asquith e Geoffrey Barkas.

Dite all’Inghilterra: è così che si apre l’epitaffio posto su una croce in memoria dei caduti di Sua Maestà nella sciagurata campagna di Gallipoli, in Turchia durante la Prima Guerra Mondiale. Le poche parole che seguono si possono facilmente immaginare e provano a dare un minimo di senso (siamo morti per lei, l’Inghilterra) ad un’azione militare tanto inutile quanto sanguinosa. Almeno in campo cinematografico, tra i tanti caduti dobbiamo annoverare anche il giovane ufficiale inglese Edgar Doe (Carl Harbord), protagonista insieme all’amico Rupert Ray (Tony Bruce) della storia raccontata in Tell England. In realtà un ruolo di rilievo ce l’ha anche Fay Compton, vera star del lungometraggio, che interpreta la madre di Edgar. Ed è indicativo il fatto che il ruolo della madre di un soldato non sia certo secondario nell’economia del film: infatti gran parte della storia è dedicata alla vita serena e spensierata dei due giovani prima di essere arruolati. L’impostazione dell’opera di Anthony Asquith e Geoffrey Barkas sfrutta quindi l’entusiasmo con cui i due ragazzi aderiscono alla causa bellica per suscitare stupore nello spettatore, uno stupore amplificato dalla loro agiatezza borghese. E se doveva essere sorprendente nel 1931, lo è ancor più oggi: essere contenti di andare in guerra è una reazione che mai ci aspetteremmo, men che mai dai due giovani in questione che sembrano spassarsela tra i privilegi della classe benestante della belle epoque. Non c’è, in sostanza, nemmeno la scusante della disperazione o della difficoltà a tirare la fine del mese che avrebbe, ai nostri occhi, parzialmente giustificato l’idea di arruolarsi: almeno i soldati hanno rancio e spesso anche ricovero per dormire. La Prima Guerra Mondiale si presentò però in modo assai diverso da quello che potremmo pensare oggi, suscitando folle entusiasmo nel popolo perfino in quelle classi sociali che avevano tutto da perdere andando a rischiare la vita. La Campagna di Gallipoli estremizza ulteriormente l’impressione di essere di fronte a qualcosa di incomprensibile, nel momento che furono mandati incontro a morte certa decine di migliaia di giovani per un’azione fallimentare e apparentemente assai poco lungimirante. Tell England si prende quindi il suo tempo, prima di portarci al centro del conflitto, proprio per evidenziare l’assurdità di tale situazione. Quando poi cominciamo a vedere le immagini dello sbarco, diventa esplicito che quella inglese non sarà una passeggiata: emblematica la scena in cui la mitragliatrice turca falcia i soldati che sono ancora sulla passerella della nave senza dar loro nemmeno il tempo di toccare terra. In qualche modo i soldati di sua maestà riescono ad attestarsi e si passa alla fase successiva dell’operazione. La vita di trincea non è, a questo punto, esplorata in modo esaustivo dal film e si deve fare uno sforzo di fantasia (aiutati dalle didascalie) per comprendere come le lunghe giornate di attesa (interrotte ora da un colpo di artiglieria che può cadere ovunque, ora da una carica alla baionetta contro le mitragliatrici nemiche) stiano logorando i nervi di Edgar. Ed è certamente solo dovuto a questo lo scontro verbale con l’amico Rupert, visto che questi gli sarà infatti accanto fino alla fine, sul letto dell’improvvisata infermeria della trincea. Dite all’Inghilerra… recita la croce, ma forse sarebbe il caso di non dire niente.  



Fay Compton


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