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lunedì 20 dicembre 2021

DEADLINE GALLIPOLI

944_DEADLINE GALLIPOLI; Australia, 2015; Regia di Michael Rymer.

La famigerata campagna di Gallipoli della Prima Guerra Mondiale con il centenario era tornata in qualche modo al centro dell’attenzione, almeno nei paesi coinvolti, e anche la televisione australiana si cimentò in un paio di produzioni inerenti. Dopo il disastroso esito degli asciolti per la miniserie Gallipoli ad inizio 2015 (“la più grande delusione” stando al produttore David Gyngell) Foxtel, una televisione australiana, trasmise sui suoi canali Deadline Gallipoli, ennesimo racconto filmico sull’argomento. Il fatto che la piattaforma televisiva digitale sia nell’orbita della galassia riconducibile a Rupert Murdoch, tycoon delle comunicazioni di massa, può forse spiegare il particolare orientamento del racconto filmico di Michael Rymer. Spesso, per i film sulla Prima Guerra Mondiale, registi e sceneggiatori hanno fatto ricorso alle missive che i soldati si scambiavano con le loro famiglie; in questo caso ci si affida invece ad un approccio più professionale, seguendo cioè le imprese di tre (almeno inizialmente) pionieristici reporter di guerra. E se il legame tra giornalisti e Murdoch, massimo editore del pianeta, vi sembra campato per aria, a circa metà racconto entra in scena un quarto reporter: Keith Murdoch (Ewen Leslie), ovvero il padre di Rupert. Questi aspetti, che possono scivolare via unicamente come semplici curiosità, sono invece la spia che conferma che l’intenzione della produzione è quella di ribadire l’importanza dei media, visto che quando questi vengono snobbati e censurati, come appunto a Gallipoli, politici (e militari) possono combinare le peggiori nefandezze. 

Di cui, nello specifico, vengono accusati i vertici inglesi, davvero sciagurati nella circostanza della campagna militare in questione. Murdoch sarà anche un conservatore, in chiave politica, ma, almeno in questo caso, la sua televisione non fa alcuno sconto ai potenti di turno e, per una volta, ci sono praticamente tutti i caporioni britannici responsabili di quella sciagura e di tutte quelle vittime. Tra quelli da ricordare, c’è naturalmente il generale Hamilton (Charles Dance), al comando delle operazioni che nel racconto, considerata una evidente incapacità e incompetenza, sembra tra i meno colpevoli. Ben più ottuso, stando a Deadline Gallipoli, Lord Kitchener a cui John Bell regala un’interpretazione caricaturale. Più sfuggente e sorniona, ma soprattutto più viscida, la resa scenica che Simon Maiden fornisce per Winston Churchill. 

Ma, come detto, queste losche figure rimangono sullo sfondo (del resto a morire ammazzati in missioni suicide avevano mandato altri) mentre il focus del racconto è sugli inviati della stampa. I quali, al contrario dei citati, fanno di tutto per andare in prima linea ma, semmai ci fosse un’occasione propizia per avere uno scribacchino tra i piedi, secondo la logica militare Gallipoli era l’ultima per distacco. In ogni caso, Philipp Schuller (Sam Worthington), Charles Bean (Joel Jackson), rispettivamente fotografo e giornalista australiani, e Ellis Ashmead Bartlett (Hugh Dancy), istrionico reporter inglese, si daranno un gran d’affare. Murdoch senior entrerà in scena solo successivamente, sostenendo Bartlett ormai in rotta con la politica militare inglese nella campagna. Schuller, un bellimbusto che si occupava solo di fare foto di scena e tampinare le infermiere (in realtà, nel film, unicamente Vera, interpretata dalla bella Jessica De Gouw), rimarrà talmente scosso dalla situazione che cercherà di fare la sua parte, arruolandosi come sanitario. 

Bean, un tipo assai coscienzioso che si era attirato le antipatie della truppa australiana descrivendone il barbaro comportamento durante il periodo di addestramento in Egitto, saprà riscattarsi. Il suo approccio con gli eventi è infatti equilibrato e, almeno per un po’, cerca anche di non interferire o sindacare con le scelte del comando militare; tuttavia, la situazione lo metterà comunque in una situazione critica, essendo inopportuna la presenza di chiunque fosse in grado di vedere lo scempio compiuto, figuriamoci quella di un reporter. Bartlett, che flirtava addirittura con Gwendoline Churchill (Anna Torv) ed era quindi parte di quell’élite che era responsabile degli eventi, si scoprirà man mano il più accanito contestatore della politica militare britannica, entrando praticamente in conflitto aperto con Hamilton, ma finendo per essere detestato (già più di quanto non potesse essere vista la professione) apertamente da Kitchener e Churchill. Insomma, questo Deadline Gallipoli se non aggiunge molto di nuovo, cinematograficamente parlando, sull’andamento militare della campagna, ci regala alcuni risvolti che spesso sono stati lasciati opportunisticamente fuori dalle opere precedenti. E poter vedere personaggi, per anni incensati come statisti di massimo lignaggio, nella loro reale statura politica, vale davvero la visione dell’ennesimo film su Gallipoli.  




 Anna Torv


Jessica De Gouw


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